LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1425/2013 proposto da:
B.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Gracchi n.278, presso lo studio dell’avvocato Crastolla Guido, rappresentata e difesa dall’avvocato Mongelli Piero, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di San Valentino n.21, presso lo studio dell’avvocato Carbonetti Francesco, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso passivo;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 600/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 15/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/05/2018 dal Cons. Dr. ACIERNO MARIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.
CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Lecce, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da Q.M. e B.S. avente ad oggetto la declaratoria di nullità di un contratto relativo al prodotto ***** con le consequenziali statuizioni restitutorie e risarcitorie.
A sostegno della decisione assunta, per quel che ancora interessa, la Corte ha affermato:
in ordine alla censura di carenza di motivazione della sentenza di primo grado, in quanto adottata mediante il rinvio per relationem a un provvedimento cautelare ed ad altre pronunce del tribunale, la Corte ha ritenuto che, coerentemente con quanto stabilito nel D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 16, sia stato legittimamente utilizzato tale modello redazionale, reputando che i precedenti riprodotti fossero idonei a risolvere la causa, emergendo anche dal provvedimento cautelare quale fosse il piano finanziario, l’adempimento degli obblighi informativi, l’adeguatezza del piano stesso e la trasparenza della condotta della banca oltre che l’insussistenza della vessatoretà delle clausole.
In ordine alla mancata ammissione dei mezzi istruttori, comprensivi dell’interrogatorio libero volto a “saggiarne le conoscenze bancarie e finanziarie” la corte territoriale ha ritenuto che quest’ultimo esula dai mezzi istruttori previsti dal codice di rito e che l’interrogatorio formale e la richiesta consulenza tecnica d’ufficio sono superflue.
In ordine alla censura relativa alla nullità relativa del contratto sia per violazione degli obblighi informativi sia perchè non redatto per iscritto (tanto che era stata richiesta l’esibizione dell’originale del contratto stesso) sia perchè anche gli ordini dovevano essere redatti per iscritto, ha rilevato la corte territoriale che la parte appellante aveva evidenziato come il contratto non si presentava come un unicum ma era composto da due distinti ed autonomi documenti rappresentati da una proposta di adesione posta su un foglio singolo e separato e per la restante parte da un plico scritto in fronte retro e privo di data. La documentazione, peraltro, era prodotta in fotocopia. A causa della separatezza, la mancata sottoscrizione della prima pagina avrebbe determinato la radicale nullità del contratto.
Gli altri profili d’invalidità denunciati sono stati: la assoluta mancanza di volontà di sottoscrivere il contratto in quanto fondato su un mutuo e sul successivo impiego della provvista per l’acquisto di prodotti finanziari e la mancanza della traditio nel mutuo.
E’ stata inoltre invocata la violazione dei principi di correttezza e buona fede e la responsabilità contrattuale e precontrattuale della banca oltre che la violazione degli obblighi informativi correlata all’inadeguatezza dell’operazione.
Su tutte queste censure la corte territoriale ha rilevato, in primo luogo, di aver disposto il rideposito del fascicolo di parte di primo grado del Monte dei Paschi di Siena nel quale era contenuto l’originale del contratto. Dall’esame dell’originale è emerso in modo inequivoco che la prima pagina e il resto del documento costituiscono un unicum inscindibile sia sul piano materiale che in considerazione del nesso logico indissolubile che caratterizza il testo.. La sottoscrizione sull’ultima pagina fa fede fino a querela di falso della riconducibilità dell’intera dichiarazione di volontà al sottoscrittore. Peraltro il contenuto della prima pagina consistente nella descrizione del contratto non è mai stata in discussione, risultando la richiesta di esibizione giustificata soltanto dalla necessità di accertare il collegamento tra questa prima pagina e il resto del documento contrattuale, i quali, come già rilevato, integrano un corpo unico inscindibile, con l’indicazione di operazioni del tutto coerenti con l’obiettivo contrattuale finale.
Infine, ha aggiunto la Corte, specificando che tale profilo non è stato dedotto dall’appellante, il contratto deve ritenersi concluso dal momento che è stata prodotta la copia sottoscritta dall’altro contraente.
In ordine alla censura secondo la quale gli ordini dovevano essere dati per iscritto la Corte ne ha rilevato la novità e la non fondatezza alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
E’ stato disatteso il rilievo di nullità per la violazione degli obblighi informativi mentre le conclusioni relative alla risoluzione dei contratti sono state ritenute del tutto generiche. Ha precisato inoltre la Corte d’Appello che non risulta riproposta la domanda risarcitoria. E’ stata infine esclusa l’annullabilità del contratto per errore attesa la chiarezza ed univocità del testo contrattuale, nonchè la vessatorietà di talune clausole meramente riproduttive di disposizioni regolamentari.
Infine sono state ritenute inammissibili una serie di richieste formulate nelle conclusioni finali rivolte all’inefficacia di clausole non specificate.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione B.S.. Ha resistito con controricorso la banca. Con ordinanza interlocutoria n. 509 del 2017 il Collegio ha disposto la rimessione della causa in ruolo in relazione all’esame del terzo motivo di ricorso, attesa la rimessione alle S.U. (ord. n. 10477 del 2017) della questione relativa alla necessità della sottoscrizione di entrambi i contraenti nel contratto dedotto in giudizio. La discussione è stata rifissata all’esito della decisione delle S.U., intervenuta con sentenza n. 1653 del 2018.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel primo motivo viene dedotta la lesione diritto di difesa e la violazione artt. 72,74 e 87 disp. att. c.p.c. dovuta all’illegittimità della richiesta di acquisizione del fascicolo del Monte Paschi di Siena richiesta dalla Corte d’Appello. In mancanza del rideposito sarebbe mancata la prova della sussistenza del rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam.
La censura prospettata deve ritenersi inammissibile, in primo luogo, per carenza d’interesse dal momento che l’esibizione del contratto in originale era stata richiesta dalle stesse parti appellanti per sostenere la censura di nullità del contratto quadro in virtù della riscontrata mancanza di coerenza tra la prima pagina ed il resto del testo negoziale e l’insufficienza della sottoscrizione apposta soltanto sulla pagina finale. L’altro profilo d’inammissibilità riguarda il difetto di forma scritta ad substantiam dovendosi rilevare l’assoluta novità di questo peculiare profilo di nullità, fondato sulla radicale mancanza di un testo del contratto in quanto non emerso nei gradi precedenti.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 51 e 158 c.p.c. per essere stato il collegio giudicante composto anche dal giudice che aveva redatto l’ordinanza cautelare ante causam relativa alle stesse parti ed al medesimo giudizio che ha costituito parte integrante della decisione di primo grado in quanto espressamente richiamata per relationem ed ha trovato piena conferma nella decisione impugnata.
La censura è manifestamente infondata alla luce del consolidato principio di questa Corte così massimato:
Non è deducibile come motivo di nullità di una sentenza d’appello la circostanza che uno dei componenti del collegio che l’ha pronunciata precedentemente avesse conosciuto dei medesimi fatti in sede di reclamo contro ordinanza di rigetto di richiesta di un provvedimento di urgenza “ante causam”, poichè l’avere conosciuto della stessa causa in un altro grado deve essere ritualmente fatto valere come motivo di ricusazione del giudice, a norma dell’art. 51 c.p.p., comma 1, n. 4 e art. 52 c.p.c.e, d’altra parte, l’avere trattato della controversia in sede di procedimento cautelare proposto “ante causam” neanche costituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 326/1997 e ordinanza n. 193/1998), un’ipotesi sufficientemente assimilabile, sotto il profilo dell’ incompatibilità, alla trattazione della causa in un altro grado di giudizio. (Cass. N. 11070 del 2001) Nel terzo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e dell’art. 2504 bis c.c. per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam del contratto quadro in quanto l’originale prodotto è privo della sottoscrizione della banca. Precisa la parte ricorrente che la nullità può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio indipendentemente dall’attività assertiva delle parti ed anche per una ragione diversa da quella espressamente dedotta.
Rileva infine che la Banca MPS a seguito dell’intervenuta fusione per incorporazione della banca del Salento deve ritenersi terza in quanto non ha fornito la prova di tale vicenda modificativa. In qualità di terza non può avvalersi della produzione del contratto in questione in quanto concluso da soggetto diverso.
La censura deve essere rigettata alla luce del principio di diritto stabilito nella sentenza delle S.U. n. 1653 del 2018 così massimato: il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi d’investimento, disposto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia la cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”. Nella specie, l’acquisizione della copia del contratto sottoscritta dal cliente è idonea a fondarne la piena validità sotto il profilo del requisito della forma scritta. Tale conclusione assorbe il rilievo della vicenda modificativa relativa all’istituto bancario, risultando la documentazione attestante l’esistenza del contratto redatto per iscritto e la sua sottoscrizione da parte del cliente, acquisita legittimamente agli atti di causa.
Nel quarto motivo viene dedotta l’omessa pronuncia della Corte d’Appello in ordine alla domanda di risoluzione del contratto e la contraddittorietà della motivazione ad essa relativa, atteso che la formulazione della stessa poteva ricavarsi dall’esame complessivo delle conclusioni di primo e secondo grado.
La censura è inammissibile per quanto riguarda il vizio di motivazione, in quanto del tutto privo di sviluppo argomentativo nel corpus della censura oltre che non compatibile logicamente con la deduzione relativa all’omessa pronuncia. Il vizio denuciato, peraltro, è insussistente dal momento che la Corte d’Appello, con ampia ed articolata motivazione ha escluso qualsiasi inadempimento agli obblighi informativi da parte della banca, così escludendo ineludibilmente la fondatezza della domanda solutoria, ove formulata.
Nel quinto motivo viene prospettato il vizio di omessa pronuncia ed il difetto di motivazione in ordine alla violazione degli obblighi informativi. La censura è inammissibile perchè non è stata censurata la ratio della sentenza impugnata relativa alla non riproposizione della domanda risarcitoria in appello. In mancanza di tale domanda univocamente consequenziale, la censura contenuta nel quinto motivo difetta d’interesse.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagare alla parte controricorrente le spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 4000 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018
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