Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27926 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20301/2013 proposto da:

N.M., anche in proprio, N.S. e C.A.M., quali eredi di N.D.; P.G.;

T.E.A.M.; tutti domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Romito Domenico giusta procure a margine del ricorso;

-ricorrenti –

contro

Banca Popolare di Puglia e Basilicata Soc. Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Fabio Massimo n. 107, presso lo studio dell’avvocato Lobuono Tajiani Roberto Luca, rappresentata e difesa dall’avvocato Laterza Paolo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 565/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 12/06/2013;

letta la memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c., di parte ricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/03/2018 dal cons. VELLA PAOLA.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 20/11/2004 i ricorrenti indicati in epigrafe convennero in giudizio la Banca Popolare Puglia e Basilicata per la declaratoria di nullità, annullabilità o inefficacia dei contratti di acquisto di titoli obbligazionari Parmalat e Del Monte sollecitati dalla convenuta, o in subordine per l’accertamento dell’inosservanza da parte di quest’ultima degli obblighi di diligenza di cui all’art. 23 T.U.I.F., comma 6, con condanna alla restituzione delle somme versate per l’acquisto e al risarcimento dei danni subiti.

2. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione con cui il giudice di primo grado aveva rigettato tutte le domande attoree, osservando: 1) che la domanda di nullità per vizio di forma era infondata, in quanto tutti i contratti erano stati stipulati mediante sottoscrizione degli ordini d’acquisto; 2) che con riguardo alla domanda di annullamento per errore sulle caratteristiche dei titoli acquistati, gli appellanti non avevano fornito la prova di essere stati indotti in errore (“invincibile” e “riconoscibile”) dal funzionario della banca proponente l’acquisto, non essendo sufficiente a tal fine dimostrare l’inosservanza del dovere di adeguata informazione, specie a fronte di acquisti di ammontare non modesto – tale da lasciare “ragionevolmente ipotizzare una discreta attenzione” – nonchè “del buon livello di istruzione e della discreta esperienza già in precedenza maturata in investimenti di borsa”; 3) che le prove documentali e testimoniali raccolte deponevano per la sufficienza e adeguatezza delle informazioni fornite dalla banca, sia perchè questa aveva fatto sottoscrivere ai clienti un modello in cui era riportata la locuzione “operazione non adeguata per oggetto”, che non poteva ritenersi mera clausola di stile, sia perchè i testi – funzionari della Banca – avevano dichiarato che i clienti, pur perfettamente informati della rischiosità delle operazioni, avevano voluto comunque investire; 4) che non ricorreva alcuna ipotesi di conflitto di interessi, in quanto i titoli non erano posseduti dalla banca, che li aveva acquistati solo per rivenderli ai clienti, in cd. contropartita diretta.

3. Avverso detta sentenza i ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a sei motivi, corredato da memoria difensiva finale, cui la banca intimata ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c., art. 23 TUF, art. 30 reg. Consob 11522/1998. Nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a fatto decisivo” – i ricorrenti lamentano che il giudice d’appello avrebbe rilevato l’esistenza della forma scritta per i singoli ordini di acquisto, senza tuttavia pronunciarsi sulla specifica domanda di nullità per inesistenza (quanto a P.G.) o mancato perfezionamento con sottoscrizione delle parti (quanto a N.D., N.M. e T.E.) del contratto di negoziazione (cd. contratto-quadro).

2. Con il secondo mezzo gli stessi ricorrenti deducono in via subordinata la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e dell’art. 30 Reg. Consob 11522/1998, in tema di forma del contratto. Carenza di motivazione. Contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge. Nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a fatto decisivo”, per l’ipotesi in cui si ritenesse che la motivazione resa dal giudice a quo in punto di (insussistenza della) nullità dei contratti in questione per mancanza di ordini scritti riguardasse anche il secondo motivo di appello, afferente il difetto di forma (anche) dei “contratti aventi ad oggetto la prestazione dei servizi di negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta ordini concernenti valori mobiliari”.

2.1. Il primo motivo è fondato – con assorbimento del secondo, ad esso subordinato – in quanto il giudice di appello ha inequivocabilmente riferito l’insussistenza di nullità per mancanza della forma scritta ai solo ordini di acquisto, senza mai menzionare in alcuna parte della decisione il cd. contratto-quadro ex art. 23 T.U.I.F., nonostante esso fosse stato oggetto di specifiche contestazioni delle parti in entrambi i gradi di giudizio (come ampiamente riportato a pagg. 24-53 del ricorso) e quindi omettendo completamente di pronunciarsi sulla questione, la quale dovrà pertanto essere esaminata in sede di rinvio, anche alla luce del principio di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte per cui “il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Cass. Sez. U., 16 gennaio 2018, n. 898).

3. Con il terzo motivo si deduce “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 23 TUF, comma 6, dell’art. 21TUF, dell’art. 26,28 e 29 Regolamento Consob 11522/98 in tema di informazione attiva e passiva. Inadempimento degli obblighi di diligenza: contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge, errata valutazione degli elementi probatori”, il tutto avuto riguardo alla lamentata violazione degli obblighi informativi tanto su natura e caratteristiche del titolo oggetto dell’investimento, quanto sulla sua rischiosità.

3.1. La censura presenta plurimi profili di inammissibilità, in quanto: 1) contiene cumulativamente ed inestricabilmente mezzi di impugnazione eterogenei (violazioni di legge e vizi motivazionali), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e con il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (Cass. nn. 19761/16, 5964/15, 26018/14); 2) risulta estranea al perimetro della violazione di legge, poichè denuncia non già l’erronea ricognizione astratta della fattispecie normativa ai fini della sussunzione in essa della fattispecie concreta, bensì l’erronea ricognizione della fattispecie concreta attraverso la contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. Sez. U. 10313/06; Cass. nn. 13238/17, 195/16, 26110/15, 8315/13, 16689/10, 18782/05); 3) veicola in ultima analisi censure di merito attinenti alla valutazione del materiale probatorio acquisito (di carattere documentale e testimoniale), in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione rappresenta un rimedio impugnatorio a critica vincolata e cognizione determinata dall’ambito dei vizi dedotti, non già uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (Cass. Sez. U. n. 7931/13; conf. Cass. nn. 14233/15, 12264/14); 4) non esplicita correttamente la censura motivazionale, mediante indicazione del “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” da cui ne risulti l’esistenza (testuale o extratestuale, a seconda se emerga dalla sentenza o dagli atti processuali), il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, ed infine la sua decisività, come impongono l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. Sez. U. n. 8053/14).

4. Con il quarto mezzo si lamenta la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 23 TUF, comma 6, dell’art. 21TUF, dell’art. 27 e 32 Regolamento Consob 11522/98 e del regolamento Consob 11678/98. Violazione e inadempimento degli obblighi di diligenza, contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge”, con riguardo al lamentato conflitto di interessi per avere la banca “negoziato in conto proprio fuori dai mercati regolamentati… trovandosi nella duplice posizione di venditrice del titolo e di acquirente per conto del cliente”.

4.1. La censura è inammissibile in quanto, oltre a risultare affetta dai primi due e dall’ultimo dei profili di inammissibilità segnalati per il motivo precedente, è altresì generica e priva di autosufficienza, in quanto enuncia in astratto i principi applicabili in subiecta materia senza che sia chiaro, in concreto – anche alla luce delle specifiche contestazioni mosse nel controricorso – se ed in quali termini la banca abbia violato i criteri che presiedono la negoziazione dei titoli in “contropartita diretta”, la quale “costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1,essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente”, con la conseguenza “che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sè sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c.” (Cass. n. 11876/16).

5. Con il quinto motivo si lamenta la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c., art. 26 TUF, art. 29 Reg. Consob 11522/98. Nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a fatto decisivo”, in quanto il giudice d’appello non si sarebbe pronunciato sulla contestata “violazione della normativa relativa alla inadeguatezza dell’operazione”.

6. Analogamente, con il sesto mezzo si denuncia (testualmente) la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c., art. 26 TUF, art. 28 Reg. Consob 11522/98. Quanto alla responsabilità contrattuale e precontrattuale della banca. Nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a fatto decisivo”, con riguardo alla contestata “violazione da parte della banca della normativa di settore con conseguente diritto in capo ai ricorrenti del riconoscimento del risarcimento del danno per inadempimento”.

7. Entrambe le censure sono infondate, nel primo caso poichè il giudice a quo ha in realtà espressamente trattato il tema dell’adeguatezza delle operazioni (v. pag. 4 della sentenza impugnata), nel secondo perchè il diniego del risarcimento deriva della negata sussistenza dei lamentati inadempimenti della banca.

8. In conclusione, la sentenza merita di essere cassata in accoglimento del primo motivo, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per nuovo esame, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, respinge i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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