LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29326/2014 proposto da:
Hola Holding S.r.l., Laim Immobiliare S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via Mercadante n. 9, presso lo studio dell’avvocato Santini Fabio, rappresentate e difese dagli avvocati Guido Giovanni, Ciccariello Valerio, Marino Alessandro, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione, in persona dei curatori avv. A.F. e dott. M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Viadotto Gronchi n. 13 (Edif. B – Int. 5), presso lo studio della dott.ssa Persico Maria, rappresentato e difeso dall’avvocato Persico Livio, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
***** S.p.a. in Liquidazione, in persona liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Iacobelli Gianni Emilio, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli; Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola;
– intimati –
e sul ricorso successivo proposto da:
***** S.p.a. in Liquidazione, in persona liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Iacobelli Gianni Emilio, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente successivo –
contro
Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione, in persona dei curatori avv. A.F. e dott. M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Viadotto Gronchi n. 13 (Edif. B – Int. 5), presso lo studio della dott.ssa Persico Maria, rappresentato e difeso dall’avvocato Persico Livio, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
***** S.p.a. in Liquidazione, in persona liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Iacobelli Gianni Emilio, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Hola Holding S.r.l., Laim Immobiliare S.r.l., Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Penale di Nola, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli;
– intimati –
avverso la sentenza n. 166/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/11/2014;
lette le memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c., depositate dalla *****
S.p.a. in Liquidazione e dal Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2018 dal cons. VELLA PAOLA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto dalla ***** S.p.a. in Liquidazione unitamente a quelli, riuniti, proposti dalle società Hola Holding S.r.l. (socio unico della prima) e Laim Immobiliare S.r.l. (società collegata, coinvolta come la precedente in una complessa transazione con la prima), avverso la sentenza del 17/04/2013 con cui il Tribunale di Nola, su richiesta del Pubblico ministero del 18/04/2012, ha dichiarato il fallimento della ***** S.p.a. in Liquidazione, previo contestuale decreto di inammissibilità della proposta di concordato preventivo depositata dalla debitrice – a seguito di proroga del termine originariamente concesso su domanda di concordato preventivo cd. con riserva, ex art. 161 L. Fall., comma 6, del ***** – in data ***** e poi integrata, ai sensi dell’art. 162 L. Fall., comma 1, in data *****.
2. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte distrettuale ha: disatteso l’eccezione di inammissibilità dei reclami per mancata contestazione dello stato di insolvenza; respinto il motivo di reclamo teso a far valere la nullità del decreto per violazione del diritto di difesa (stante la reiezione di tre istanze di concessione di ulteriori termini, motivate dalla soggezione della ***** ad Amministrazione giudiziaria a seguito del sequestro penale delle quote societarie e dei beni aziendali dal 22/02/2010), posto che i termini erano stati concessi nella massima ampiezza consentita dall’art. 161 L. Fall., u.c. e che era stato altresì concesso ulteriore termine ex art. 162 L. Fall., comma 1, (termine peraltro facoltativo e concedibile una sola volta); richiamato le criticità della proposta evidenziate dal tribunale fallimentare, dal momento che le modifiche della proposta concordataria autorizzate dal tribunale penale (pagamento integrale con dilazione decennale del pagamento dell’Iva, mediante accollo da parte dei sigg.ri L. sulla base di apposita transazione condizionata all’omologa del concordato) erano state ritenute inidonee dal tribunale fallimentare.
3. In particolare, la Corte partenopea ha affermato che la proposta concordataria – già ritenuta inammissibile per ragioni inerenti la soddisfazione del credito Iva e le garanzie promesse dagli accollanti – non poteva più ritenersi nemmeno attuale, in quanto presupponeva l’inesistenza di un patrimonio sociale da liquidare, a causa della confisca obbligatoria dei beni aziendali, mentre nelle more del giudizio la Corte di Cassazione aveva confermato il dissequestro di quote e beni societari, per essere venute meno le esigenze cautelari a fronte dello spossessamento determinato dal fallimento; nè in sede di reclamo sarebbe stato possibile esaminare la nuova proposta – mai deliberata dalla società – che teneva conto della recuperata disponibilità dei beni sociali (attraverso un trust interno del 04/02/2014 con cui la disponente Hola Holding aveva conferito al trustee M.M. Trust & Business s.r.l. tutte le azioni ordinarie della *****), tanto più che, in caso di revoca del fallimento, sarebbe stato altamente probabile il ripristino del sequestro preventivo penale dei beni in questione e la loro conseguente sottrazione alla soddisfazione delle ragioni creditorie.
4. La suddetta decisione è stata impugnata dapprima da Hola Holding S.r.l. e Laim Immobiliare S.r.l., quindi da ***** S.p.a. in Liquidazione, in entrambi i casi con ricorsi per cassazione – da qualificare il primo come principale ed il secondo come incidentale affidati a sei motivi, cui la Curatela del Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo, rispetto al quale la sola ***** ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale – rubricato “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6, nonchè dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4” – Hola Holding S.r.l. e Laim Immobiliare S.r.l. deducono che la motivazione della Corte d’appello sarebbe “solo apparente”, laddove assume che la proposta di concordato aveva “il suo presupposto e la sua condizione di validità ed efficacia nella destinazione a confisca obbligatoria dei beni aziendali sottoposti a sequestro preventivo”, e che il preteso “fatto nuovo sopravvenuto” del dissequestro dei beni ritenuto assorbente rispetto alle ulteriori ragioni di inammissibilità rilevate dal tribunale fallimentare e rese oggetto di reclamo – sarebbe in realtà “del tutto irrilevante” rispetto alla domanda di concordato, che “prescindeva totalmente dalla sorte dei beni e delle quote sociali sequestrati”, facendo affidamento “solo ed esclusivamente” sulla finanza esterna, in quanto il Tribunale Penale di Nola aveva reputato che “l’unica proposta di concordato autorizzabile era quella che prevedesse il soddisfacimento dei creditori sociali senza in alcun modo implicare la cessione di cespiti aziendali”.
2. Con il secondo mezzo – rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., artt. 160,161,162 e 181 L. Fall. e artt. 152,153 e 154 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” – i ricorrenti principali sostengono che “tutti i termini di cui agli artt. 161 e 162 non sono perentori”, che anche il termine semestrale di cui all’art. 181 L. Fall., “è di natura ordinatoria, acceleratoria” ed infine che, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 162 L. Fall., comma 2, “l’audizione del debitore è l’ultimo atto del procedimento prima dell’adozione del decreto di inammissibilità”, avendo perciò errato il tribunale a disporre “sin con il decreto del 14.3.2013… la convocazione del debitore per la stessa udienza del 4.4.2013 fissata per l’esame delle integrazioni/modificazioni della domanda autorizzate alla debitrice”.
3. Nel terzo motivo – rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” – si assume che la proposta concordataria, in quanto basata solo sull’apporto di finanza esterna, sarebbe del tutto neutra rispetto al “fatto “sopravvenuto”” del dissequestro penale, e pertanto “mai avrebbe consentito ai Giudici di secondo grado di omettere totalmente la disamina degli articolati motivi di reclamo”.
4. Con il quarto mezzo – rubricato “Statuizione di inammissibilità della proposta di concordato adottata in virtù di ragioni estranee al thema decidendum, definito dal contenuto della sentenza del tribunale e dai motivi di reclamo proposti avverso di essa: a. Vizio di violazione o falsa applicazione delle norme di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 18 e 162, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b. Vizio di nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” – si sostiene che il reclamo ex art. 18 L. Fall., avrebbe un effetto devolutivo limitato ai motivi fatti valere, mentre la Corte d’appello avrebbe rigettato “i reclami in assenza di qualsiasi disamina dei motivi di impugnazione in essi contenuti”.
5. Il quinto motivo – rubricato “Esistenza di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e conseguente contraddittorietà della motivazione: a. Vizio di violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b. Vizio di nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” – censura la “intrinseca contraddittorietà” della motivazione con cui il giudice d’appello ha ritenuto inammissibile la proposta di concordato “a causa della sopravvenuta revoca del provvedimento di sequestro del patrimonio della stessa società”, in quanto la pendenza del procedimento di concordato preventivo determinerebbe “ex sè i presupposti per l’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo”, la cui assenza impedirebbe, al tempo stesso, “il ritorno alla procedura di concordato preventivo”.
6. Con il sesto mezzo – rubricato “Illegittimità della statuizione di rigetto del motivo di reclamo fondato sulla mancata concessione da parte del tribunale, alla udienza del 4.4.2013, di una proroga del termine di cui all’art. 162 L. Fall., comma 1: a. Vizio di violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 111 Cost. e della norma di cui all’art. 24 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; b. Vizio di nullità del procedimento per violazione del diritto alla difesa di *****, nonchè del principio del giusto processo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” – i ricorrenti principali si dolgono infine della eccessiva brevità del termine previsto dall’art. 162 L. Fall., comma 1, osservando che, a causa del “duplice livello deliberativo che si sovrappone al legale rappresentante – oggi liquidatore della società: il collegio degli amministratori giudiziari ed il Tribunale penale in composizione collegiale”, “il termine di quindici giorni di cui alla norma sopra richiamata si è rivelato di impossibile osservanza” per la “debitrice concordataria, poi fallita, impegnata nel reperimento di risorse finanziarie atte a rassicurare ai creditori un trattamento maggiormente satisfattivo di quello che avrebbe ad essi riservato l’epilogo fallimentare”.
7. Passando all’esame del successivo ricorso incidentale di ***** S.p.a. in Liquidazione, con il primo motivo – rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione di norma di diritto” – si lamenta la “Violazione del diritto di difesa del debitore a seguito di tre richieste di termine non concesse: a) termine concesso per la predisposizione della domanda di concordato inferiore ai 60 giorni ex art. 161 L. Fall., commi 6 e 10 – b) convocazione ed audizione ai sensi dell’art. 162 L. Fall., prima della concessione del termine per l’integrazione della domanda e per il rigetto della istanza formulata all’udienza del 4.4.2013 per la integrazione della domanda di concordato – c) mancata concessione del termine per la modifica del piano concordatario anche ex art. 175 L. Fall., comma 2”.
8. Con il secondo mezzo – rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 4 – Error in procedendo che configura nullità della sentenza” – si fanno valere le medesime ragioni di cui al primo motivo, “trattandosi di violazione di norme processuali da considerarsi imperative perchè riguardanti il diritto di difesa costituzionalmente garantito”
9. Col terzo motivo – rubricato “Art. 360, n. 3 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 160,161,162,163 e 175 L. Fall., comma 2, anche in relazione all’art. 112 c.p.c. e agli artt. 115 e 116 c.p.c.” – si lamenta che, tenuto conto della “causa concreta” della domanda di concordato, il “fatto sopravvenuto” del dissequestro era irrilevante ai fini della “valutazione sulla ammissibilità e bontà della proposta concordataria”, tanto più in considerazione del conseguente accrescimento dell’attivo distribuibile ai creditori, i quali ben avrebbero potuto valutare la correlata proposta migliorativa, “come tale non nuova e non incidente sulla ammissibilità”, stante la “possibilità di modificare la domanda fino all’adunanza ex art. 175 L. Fall., comma 2”; peraltro, la Corte territoriale si sarebbe “pronunciata sulla base di un fatto” – il probabile nuovo sequestro penale – “non dedotto nel giudizio di appello e non ancora avvenuto alla data della sua pronuncia”.
10. Con i motivi quarto, quinto e sesto la ***** S.p.a. in Liquidazione ha riproposto – solo “per completezza” e “per mero tuziorismo”, trattandosi di aspetti da rimettere semmai alla valutazione del giudice di rinvio – “le stesse censure mosse con l’atto di reclamo in ordine ai profili di inammissibilità dichiarati dal Tribunale Fallimentare di Nola”, aventi ad oggetto, in estrema sintesi: a) l’insussistenza del limite alla falcidia del debito Iva ex art. 182-ter L. Fall., essendo l’attivo costituito esclusivamente dalla finanza esterna, con conseguente non operatività del divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati; b) l’illegittima valutazione del merito delle garanzie prestate e dei tempi di adempimento della proposta, stanti i limiti imposti al sindacato giudiziale sulla fattibilità del piano concordatario; c) la maggiore convenienza della proposta concordataria dopo il dissequestro dei beni e delle quote sociali.
11. I motivi proposti – alcuni dei quali possono essere esaminati congiuntamente, in quanto prospettano censure simili – presentano profili sia di inammissibilità che di infondatezza.
12. Innanzitutto, vari motivi del ricorso principale – in particolare il primo – veicolano mezzi di impugnazione eterogenei (errores in procedendo ed errores in iudicando), in contrasto con il principio della tassatività dei motivi di ricorso e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; n. 5964 del 2015; nn. 26018 e 22404 del 2014).
13. In secondo luogo, le censure prospettate come errores in iudicando, oltre a difettare in più parti della dovuta autosufficienza, finiscono per coinvolgere valutazioni di merito incensurabili in questa sede, avendo questa Corte più volte chiarito che: a) il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), può rivestire la forma della violazione di legge – intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato – e della falsa applicazione di norme di diritto – intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero nella deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua – pur corretta – interpretazione (Cass. 26 settembre 2005, n. 18782); b) non integra nè violazione, nè falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) il discrimine tra la violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) e l’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata – come nel caso di specie – dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 11/01/2016, n. 195; 30/12/2015, n. 26110; 04/94/2013, n. 8315; 16/07/2010, n. 16698; 26/03/2010, n. 7394; Sez. U., 05/05/2006, n. 10313).
14. Le censure di nullità della motivazione contenute nei motivi primo e quinto del ricorso principale sono invece da disattendere poichè, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto – alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, – al “minimo costituzionale”, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
14.1. Nel caso di specie, la prima doglianza fa leva sull’apparenza della motivazione, mentre l’ampio sostrato motivazionale della decisione impugnata non risulta affatto al di sotto del “minimo costituzionale” in quanto meramente “apparente”, tale potendo essere considerata solo la motivazione che, “benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U., n. 22232 del 2016).
14.2. Analoghi rilievi valgono per la censura di contraddittorietà della motivazione, che scaturisce probabilmente da una mancata comprensione della ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sul sopravvenuto mutamento dei presupposti della autorizzazione, da parte del giudice penale, della originaria domanda di concordato (indisponibilità dei beni sottoposti a sequestro preventivo penale) e sul conseguente carattere di novità della seconda proposta, che mirava – peraltro senza essere ritualmente deliberata – a tener conto del recupero della disponibilità dei beni dissequestrati, dovendosi leggere come mero argomento aggiuntivo (senza alcun vizio di extra-petizione) il rilievo della Corte d’appello sulla plausibilità di un ripristino del vincolo cautelare reale in caso di revoca del fallimento.
15. I motivi secondo e sesto del ricorso principale, così come il primo e secondo motivo del ricorso incidentale, sono infondati.
15.1. Invero, dagli atti di causa emerge che nel corso del procedimento di concordato preventivo – la cui domanda cd. “con riserva” è stata presentata in pendenza di procedimento per dichiarazione di fallimento attivato su richiesta del Pubblico ministero – sono stati concessi al debitore tutti i termini di legge nella massima estensione possibile, ai sensi dell’art. 161 L. Fall., u.c. e art. 162 L. Fall., comma 1 e che la declaratoria di inammissibilità del ricorso è stata debitamente preceduta dall’audizione del debitore.
15.2. Pertanto, a fronte di una quantificazione ex ante, da parte del legislatore, della misura massima dei termini concedibili (e concessi) al debitore, non possono avere rilievo eventuali difficoltà di fatto al pieno utilizzo della relativa durata (come, nel caso di specie, la necessità di interloquire a fini autorizzatori con gli organi dell’Amministrazione giudiziaria e con il tribunale penale). Inoltre, dal tenore dell’art. 162 L. Fall., comma 2, non può desumersi come preteso da parte ricorrente – nè la necessità che la convocazione del debitore avvenga dopo l’udienza fissata per l’integrazione del piano, nè che, una volta scaduti i termini assegnati, questi abbia diritto ad un ulteriore termine per procedere alla modifica della proposta concordataria. D’altro canto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte non è sindacabile in cassazione la concreta estensione di un termine la cui concessione sia rimessa alla discrezionalità del giudice (cfr. Cass. n. 4752 del 2002, n. 6092 del 2000, n. 8693 del 1999, n. 4568 del 1997, n. 710 del 1995).
15.3. In ogni caso, la sentenza impugnata risulta coerente con i principi più volte affermati in materia da questa Corte, in base ai quali: 1) “ove sia stata presentata una proposta di concordato preventivo cd. in bianco ai sensi dell’art. 161 L. Fall., comma 6, va rispettato l’obbligo di audizione del debitore ex art. 162 L. Fall., comma 2, per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese” (Sez. 1, 22/06/2016 n. 12957); 2) “nel caso in cui, all’esito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, venga presentata una nuova proposta di concordato con riserva, non è di ostacolo all’esame dell’istanza di fallimento eventualmente formulata la previsione dell’art. 168 L. Fall., atteso che, da un lato, tale norma si riferisce alle sole azioni esecutive o cautelari, tra le quali non rientra il ricorso per dichiarazione di fallimento, e, dall’altro, perchè l’art. 162 L. Fall., comma 2, consentendo al tribunale di dichiarare senz’altro il fallimento del debitore, si limita a subordinare la relativa pronuncia ad un’istanza del creditore o alla richiesta del Pubblico Ministero” (Sez. 1, 14/02/2017 n. 3836); 3) il primo comma dell’art. 162 L. Fall., integra una “disposizione di carattere generale che facoltizza il tribunale a concedere al debitore – evidentemente sulla base di una valutazione discrezionale diretta a prevenire possibili abusi – un brevissimo termine (non superiore a quindici giorni) per apportare integrazioni o effettuare produzioni capaci di scongiurare l’esito infausto della procedura di cui ai successivi commi 2 e 3, quando ciò potrebbe rappresentare un’ingiusta o antieconomica sanzione nei confronti di irregolarità non gravi nè sostanziali” (Sez. 1, 12/04/2018 n. 9087); 4) “decorso il termine assegnato dal giudice per il deposito della proposta, del piano e dei documenti e respinta l’eventuale istanza di sua proroga, la domanda tardivamente integrata dal debitore deve essere dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 162 L. Fall., comma 2; peraltro, in pendenza dell’udienza fissata per la declaratoria di inammissibilità della domanda concordataria e l’eventuale dichiarazione di fallimento, il debitore può depositare un nuovo ricorso ex art. 161 L. Fall., comma 1, (corredato, dunque, “ab initio” dalla proposta, dal piano e dai documenti), dal quale si desuma la rinuncia alla pregressa domanda “con riserva”, e sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario” (Sez. 1, Sentenza 31/03/2016, n. 6277).
16. Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto prospetta, a ben vedere, non già l’omesso esame di un fatto decisivo, bensì una diversa argomentazione giuridica che prende le mosse da fatti pacificamente esaminati dal giudice a quo.
17. Infine, i motivi quarto del ricorso principale e terzo del ricorso incidentale sono infondati poichè, ai fini della valutazione di ammissibilità della domanda di concordato, il tribunale non avrebbe certo potuto trascurare il fatto – pacifico – della sopravvenuta revoca del sequestro penale, traendone tutte le conseguenze con riferimento a presupposti e condizioni della originaria proposta concordataria; d’altro canto, lo stesso giudice d’appello dà atto – in modo dirimente e non specificamente contestato – che una diversa proposta concordataria non era stata nemmeno ritualmente deliberata dagli organi societari, ai sensi dell’art. 152 L. Fall., con conseguente inconferenza dell’invocato art. 175 L. Fall., comma 2, dettato al diverso scopo di porre un limite temporale (l’inizio delle operazioni di voto) alla modificabilità di una proposta di concordato già ritualmente formulata ed ammessa.
18. Restano assorbiti tanto gli ultimi tre motivi del ricorso incidentale (che presuppongono dichiaratamente l’accoglimento dei precedenti) quanto il motivo di ricorso incidentale condizionato formulato dalla curatela fallimentare.
19. Al rigetto del ricorso principale di Hola Holding S.r.l. e Laim Immobiliare S.r.l. e di quello incidentale di ***** S.p.a. in Liquidazione, segue la condanna delle parti ricorrenti alla rifusione delle spese in favore della Curatela del Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Condanna i ricorrenti principali ed il ricorrente incidentale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida a carico di ciascuna delle due parti in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018