LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6414-2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ELISABETTA LANZETTA, CHERUBINA CIRIELLO, SEBASTIANO CARUSO, giusta procura speciale a margine del presente atto;
– ricorrente –
contro
D.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.
VITELLESCHI, 26, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE SPADARO, rappresentato e difeso dagli avvocati ALFREDO APA, FRANCESCO PAOLO RAGOZINI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 991/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/03/2013 R.G.N. 6690/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ELISABETTA LANZETTA;
udito l’Avvocato ALFREDO APA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Napoli, a integrale conferma della pronuncia di primo grado, ha affermato il diritto di D.V., Avvocato dell’Inps, di ottenere, nei limiti della prescrizione decennale, il rimborso, da parte dell’Ente, delle quote d’iscrizione all’albo speciale degli Avvocati di Napoli erogate dal 1995 al 2003.
La Corte territoriale, appurato l’obbligo d’iscrizione all’albo speciale e l’esercizio esclusivo dell’attività professionale in regime di subordinazione da parte dell’appellante, ha stabilito che in assenza di una norma che lo preveda espressamente, sono dovute le quote d’iscrizione all’albo in ragione del principio secondo cui, le spese sostenute dal lavoratore nell’esclusivo interesse del datore di lavoro vanno allo stesso rimborsate. Ha, altresì, accertato che il diritto al rimborso delle quote d’iscrizione non può essere ritenuto compensato dalla corresponsione all’appellante della c.d. indennità di toga, prevista dal D.P.R. n.43 del 1990, art. 14, comma 17.
La cassazione della sentenza è domandata dall’Inps per mezzo di due motivi. D.V. resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, dell’art. 14, comma 17, nonchè manifesta contraddittorietà ed insufficienza della motivazione circa più punti decisivi della controversia”. Il ricorrente Istituto afferma che l’indennità di toga compensa il costo dell’iscrizione all’albo a carico dell’Avvocato dell’Inps; che la pretesa del dipendente non trova fondamento in alcuna norma di legge; che, in virtù della riserva negoziale in materia di trattamento economico dei dipendenti l’Ente non è autorizzato a riconoscere trattamenti non previsti; che solo dalla sottoscrizione del CCL integrativo del 2012, è stata disposta la rimborsabilità, ai dipendenti dell’Ente, della quota annuale d’iscrizione all’albo professionale (art. 9).
Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. sotto altro profilo, con riferimento alla natura negoziale del rapporto e, per essere le somme oggetto del presente giudizio versate nell’interesse del lavoratore”. Ancor prima di stipulare il contratto di lavoro con l’Inps l’Avvocato è iscritto all’albo, dunque al momento dell’accettazione dell’assunzione egli ha accettato la retribuzione. Ha errato la Corte territoriale nel ritenere che la quota fosse pagata nell’interesse esclusivo del datore di lavoro, costituendo lo strumento attraverso il quale il professionista può svolgere attività legale, ove decidesse di diventare Avvocato del libero foro.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, non meritano accoglimento.
La fattispecie è stata decisa dalla giurisprudenza di questa Corte, che, a partire dalla sentenza n. 3928 del 2007, resa in fattispecie sovrapponibile, in poi, ha avuto modo di affermare che “La quota annuale d’iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli Avvocati per l’esercizio della professione forense nell’interesse esclusivo del datore di lavoro è da questi rimborsabile, non essendo compresa nè nella disciplina dell’indennità di toga (D.P.R. n. 43 del 1990, art. 14,comma 17) avente funzione retributiva e un regime tributario incompatibile con il rimborso spese, nè attenendo a spese nell’interesse della persona, quali quelle sostenute per gli studi universitari e per l’acquisizione dell’abilitazione alla professione forense” (Così da ultimo Cass. n.2285 del 2018).
In definitiva, non meritando i motivi accoglimento, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, nei confronti del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Udienza Pubblica, il 5 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018