LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11427/2014 proposto da:
M.R., rappresentata difesa dall’avvocato STANISLAO CAPASSO;
– ricorrente
contro
CONDOMINIO *****, in persona dell’Amministratore pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4127/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/07/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
lette le considerazioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha concluso per rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che la Corte d’appello, con la sentenza di cui epigrafe, dichiarò inammissibile, per tardività, l’impugnazione proposta da M.R. nei confronti del Condominio *****, poichè la sentenza di primo grado era stata pubblicata il 9/11/2012, l’appello risultava essere stato proposto con ricorso, depositato in cancelleria il 29/4/2013, ma consegnato per la notifica all’ufficio dell’ufficiale giudiziario il 22/5/2013, e notificato alla controparte il 24/5/2013;
ritenuto che avverso la statuizione d’appello ricorre la M., sulla base di sei motivi, ulteriormente illustrati da memoria;
che il Condominio è rimasto intimato;
ritenuto che con il primo motivo la ricorrente deduce “inesatta applicazione” dell’art. 327 c.p.c., comma 1 e art. 342 c.p.c., comma 1, nonchè dell’art. 433 c.p.c., comma 1, art. 434 c.p.c., comma 2 e art. 435 c.p.c., commi 2 e 3, con riferimento all’art. 1137 c.p.c., commi 2 e 3, assumendo, in sintesi, che la Corte territoriale era incorsa in errore, in quanto:
– in contrasto con il diritto vivente, rappresentato dalle sentenze n. 18117/2013 e 8491/2011 di questa Corte, aderendo ad un indirizzo più risalente, aveva reputato che l’atto d’appello in materia di delibera condominiale dovesse formularsi con citazione e non con ricorso e, ad ammettere il ricorso, al fine del computo del termine di decadenza per impugnare, avrebbe dovuto aversi riguardo alla data di notifica e non del deposito in cancelleria;
– la M. aveva diligentemente depositato il ricorso il 29/4/2013, nel rispetto del termine di cui all’art. 327 c.p.c. e non poteva ad essa attribuirsi la circostanza che il predetto termine si fosse consumato il 9/5/2013, ancor prima che fosse pubblicata la decisione ordinatoria sul ricorso da parte del presidente (provvedimento del 9/10/2013, depositato il 10/5/2013);
considerato che il motivo è infondato per quanto segue:
a) l’indirizzo giurisprudenziale al quale la ricorrente si richiama (Sez. 2, n. 18117, 26/7/2013) risulta superato dal successivo, consolidato orientamento di legittimità, peraltro, postosi sulla traccia di interpretazione ancor più risalente (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 23692, 6/11/2014; Sez. 6, n. 8839, 5/4/2017; Sez. 2, n. 30044/2017; Sez. 2, n. 6267/2017; ma già Sez. 2, n. 8536, 8/4/2009);
b) l’opzione interpretativa, alla quale il Collegio intende dare continuità, trova significativo conforto nella riforma operata con la L. n. 220 del 2012 (si veda, sul punto, per ragioni di doverosa sintesi, la citata decisione n. 8839/017) e, prende base dalla sent. n. 2907, 10/2/2014 delle S.U., con la quale si è affermato, con portata generale, che, pur consentito l’utilizzo dello strumento del ricorso, invece che di quello della citazione previsto dalla legge, la tempestività dell’atto va misurata non già dal deposito in cancelleria, bensì dalla notifica dello stesso; come si è chiarito (sempre nella decisione n. 8839/017) “la deroga, nel senso di un’assoluta equipollenza o indifferenza delle forme, delineata da Cass., Sez. U., 14.4.2011, n. 8491, trovava giustificazione soltanto per l’atto introduttivo del giudizio di primo grado di impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale, stante la formulazione dell’art. 1137 c.c., ante Riforma del 2012”;
c) deve, peraltro, escludersi che la ricorrente abbia potuto fare legittimo affidamento sulla invocata sentenza n. 18117/2013 (c.d. overruling), stante che la stessa, portatrice d’un indirizzo minoritario, risulta essere stata depositata dopo la proposizione dell’appello, di talchè la parte al tempo dell’appello era in grado di conoscere l’indirizzo prevalente di questa Corte, secondo il quale, pur ammesso lo strumento del ricorso, per il rispetto del termine decadenziale previsto dalla legge deve aversi riguardo al momento di notifica dello stesso e non dell’antecedente deposito in cancelleria;
considerato che il rigetto del primo motivo rende vano (assorbimento improprio) l’esame degli altri motivi (omessa pronuncia, violazione e falsa applicazione degli artt. 1420,1421,1427,1428,1431,1446,2043,2043 c.c.) tutti diretti a censurare la sentenza d’appello, sul presupposto, appunto, che l’appello fosse da giudicare tempestivo;
considerato che non occorre far luogo a regolamento delle spese del presente giudizio, non avendo la controparte svolto difese;
che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018