Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.28270 del 06/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29434/2017 proposto da:

C.M., D.P., CA.CA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 1274/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 11/05/2017, R.G.n. 4771/2012, Cron.n. 2884/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/09/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

FATTI DI CAUSA

C.M., D.P. e Ca.Ca., unitamente ad altri otto ricorrenti ebbero a proporre istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo per l’eccessiva durata di precedente procedimento di equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001, avviato avanti la Corte d’Appello di Roma e la loro domanda fu accolta, per quanto di ragione, dalla Corte d’Appello di Perugia.

Solamente il C., la D. ed il Ca. hanno proposto ricorso per cassazione fondato su unico motivo.

Il Ministro della Giustizia ritualmente evocato non s’è costituito a resistere ma ha depositata memoria, siccome i ricorrenti prima dell’adunanza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’impugnazione esposta dai ricorrenti s’appalesa siccome fondata e va accolta.

Con l’unico mezzo d’impugnazione i consorti Ca. – C. – D. denunziano violazione delle norme di cui all’art. 91 c.p.c., art. 2231 c.c. e della tariffa forense posta con D.M. n. 55 del 2014, poichè la Corte umbra ebbe a liquidare le spese di lite, poste a carico del Ministero resistente, in misura inferiore alle previsioni del D.M. n. 55 del 2014 e comunque in misura tale da non rispettare nemmeno il decoro della professione, siccome previsto ex art. 2231 c.c..

La censura s’appalesa fondata in quanto la Corte umbra ha tassato in Euro 405,00 le spese di lite liquidate per il giudizio avanti ad essa senza per altro dar conto dei criteri tariffari usati per la liquidazione.

In relazione all’ammontare della somma riconosciuta a titolo di spese di lite appare che la Corte perugina abbia applicato la voce tariffaria relativa ai “procedimenti di volontaria giurisdizione” che appunto prevede il compenso di Euro 405,00 sino al valore di causa pari ad Euro 5.200,00.

Ma appare errato considerare il procedimento per l’equa riparazione, ex lege n. 89 del 2001, siccome avente natura di volontaria giurisdizione poichè all’evidenza lo stesso ha natura contenziosa per il solo dirimente fatto che v’è una controparte.

Difatti i procedimenti di volontaria giurisdizione non sono specificatamente individuati da norma positiva del codice di rito, che invece disciplina i procedimenti in camera di consiglio – artt. 737 c.p.c. e segg. -, i quali possono aver sia natura di volontaria giurisdizione – completamento della volontà della parte attraverso l’intervento giudiziale – ovvero contenziosa con vera e propria contrapposizione tra due parti relativamente a diritto conteso.

E la natura squisitamente contenziosa del procedimento ex lege Pinto risulta, proprio ai fini della voce di tariffa forense applicabile per la liquidazione delle spese di lite, stabilita da questa Suprema Corte – Cass. sez. 1 n 25352/08, Cass. sez. 2 n 23187/16 -.

Dunque la tariffa forense correttamente applicabile risulta essere quella specifica per i procedimenti contenziosi avanti la Corte d’Appello,posto che detto organo giudiziario agisce quale Giudice unico.

Di conseguenza applicando i valori minimi della tariffa ex D.M. n. 55 del 2014, confermati anche nel provvedimento vigente in tema di tariffe forensi,tenuto conto dell’entità del ristoro ottenuto e la semplicità del procedimento nonchè l’omologia delle posizioni trattate che non impongono l’aumento per la difesa di più parti, le spese di lite per il giudizio avanti la Corte umbra andavano quantificate in Euro 1.198,50 – la voce fase istruttoria può esser ridotta del 70% -. Non apparendo necessari ulteriori accertamenti, questa Corte di legittimità può procedere ex art. 384 c.p.c., comma 2 e liquidare le spese del procedimento avanti la Corte territoriale nell’importo dianzi citato, oltre accessori di legge e rimborso forfetario.

Le spese di questo giudizio di legittimità vanno poste a carico del Ministero e liquidate in e 900,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

V’è rituale istanza di distrazione, ex art. 93 c.p.c., del difensore quanto alle sole spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso,cassa e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese di lite per il giudizio avanti la Corte d’Appello di Perugia che liquida in Euro 1.198,50, oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%, nonchè delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che tassa in Euro 900,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.

Distrae, ex art. 93 c.p.c., a favore dei difensori le sole spese di lite afferenti questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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