LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6949/2017 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;
– ricorrente –
contro
D.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 262/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIATI SEZIONE DISTACCATSA di SASSARI, depositata il 19/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 19.8.2016, la Corte d’appello di Cagliari – sez. distaccata di Sassari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di rivalutazione contributiva L. n. 257 del 1992, ex art. 13,proposta da D.C. in relazione ai periodi di lavoro nei quali era stato esposto ad amiamo; che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che D.C. è rimasto intimato;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’istituto ricorrente denuncia violazione della L. n. 533 del 1973, artt. 7 e 8 e art. 143 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la domanda andasse accolta nonostante che l’odierno intimato non avesse mai proposto all’INPS la domanda amministrativa volta a conseguire il beneficio in questione;
che il motivo è manifestamente fondato, avendo questa Corte ormai consolidato il principio secondo cui la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amiamo deve essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione previdenziale, da individuarsi nell’INPS, costituendo presupposto logico e fattuale del diritto al beneficio che l’assicurato porti a conoscenza dell’istituto fatti la cui esistenza e solo a lui nota (cfr. in tal senso tra le tante Cass. nn. 16592 del 2014, 11374 del 2015, 11438 del 2017, 282 del 2018);
che, non essendosi la Corte di merito attenuta al suesposto principio, la sentenza impugnata va cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito dichiarando improponibile la domanda proposta da D.C.;
che il consolidarsi in epoca recente dell’orientamento di cui qui s’è inteso dare conferma costituisce giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo;
che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da palle del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara improponibile la domanda di D.C.. Compensa le spese dell’intero processo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a eludo dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018