LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22996/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
M.O.COM. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Due Macelli n. 47, presso lo studio dell’avv. Paolo Todaro, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Massimo Chinelli, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 140/07/10, depositata il 23 settembre 2010;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018 dal Cons. Dott. Giacomo Maria Nonno.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;
Udito l’Avv. Paola Zerman per la ricorrente e l’Avv. Paolo Todaro per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 147/07/10 del 23/09/2010, la CTR della Lombardia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva accolto l’impugnazione della M.O.COM. s.r.l., ad eccezione delle riprese accettate dalla società contribuente, nei confronti di un avviso di accertamento a fini IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) con l’avviso di accertamento impugnato venivano contestati alla società contribuente nove rilievi a fini IRPEG e IRAP, tre rilievi a fini IRAP e cinque rilievi a fini IVA; b) la CTP accoglieva l’impugnazione proposta dalla M.O.COM. s.r.l., fatte salve le riprese specificamente accettate dalla contribuente; c) la sentenza della CTR era impugnata dalla Agenzia delle entrate.
1.2. La CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando: a) con riferimento alla omessa contabilizzazione di ricavi per cessione gratuita di beni destinati a finalità estranee all’impresa e costi indeducibili per IVA legati ad omaggi, osservava che si trattava di “”sconti ed abbuoni”, rientranti nella prassi commerciale, concessi alla clientela come condizioni di vendita determinate anteriormente alla conferma dell’ordine del cliente”, non rilevando la diversa dizione “omaggi” apposta su quattordici fatture (su duecentoquarantadue); b) con riferimento alla omessa contabilizzazione di ricavi per differenze inventariali, veniva evidenziato che la società contribuente aveva documentato che la produzione delle autoclavi denominate “Millenium micron” aveva avuto inizio solo nel 2004; c) con riferimento alla omessa contabilizzazione di interessi attivi maturati a fronte di un finanziamento concesso alla controllante Agarte s.r.l. e per il quale è stata contestata l’antieconomicità, in ragione della successiva richiesta di un finanziamento bancario di pari importo da parte della contribuente, osservava che “la Società contribuente segnala che i saldi e la dinamica temporale dei due finanziamenti sono diversi” e, trattandosi di società collegate, entrambe fiscalmente residenti in Italia, doveva pertanto ritenersi superata la prova presuntiva offerta dall’Ufficio; d) con riferimento a costi per consulenze commerciali, servizi amministrativi, provvigioni passive ed altre prestazioni occasionali, riteneva che detti costi fossero sufficientemente documentati; e) con riferimento ai costi per canoni di leasing, evidenziava che non trovava giustificazione “il recupero a tassazione dell’importo (residuo) di Euro 1.022,24”; f) con riferimento ai costi per canoni di locazione, deduceva che era “arbitraria e ingiustificata la ripresa effettuata (pari al cinquanta per cento dei costi in questione), sulla base delle argomentazioni documentate dalla parte contribuente”; g) con riferimento ai costi per partecipazione a convegni, consulenze commerciali, altri costi commerciali e spese di pubblicità, deduceva che gli stessi “si riferiscono a prestazioni per corsi di formazione per i clienti e per l’organizzazione di congressi, nonchè a spese per l’esposizione a convegni e fiere, a spese di catering e accoglienza in occasione di fiere e convegni e per clienti in visita allo stabilimento”. Tali costi rientravano, pertanto, tra le spese di pubblicità in quanto “sostenute al fine d’incrementare le vendite, perchè si spera che consentano, ad esempio, di acquisire nuova clientela o permettano di ampliare il fatturato nei confronti della clientela esistente”; h) con riferimento alle cessioni all’esportazione non documentate da bolletta doganale, affermava che, a fronte dell’illegibilità della documentazione prodotta dalla società contribuente, non appariva ragionevole porre a carico della stessa altri oneri probatori, che invece gravavano sull’Ufficio, che “avrebbe potuto/dovuto effettuare i necessari riscontri, presso le Autorità competenti, al fine di verificare l’autenticità di detti documenti”; i) con riferimento, infine, alle cessioni intracomunitarie non documentate, riteneva che la documentazione prodotta (fatture, documenti di trasporto, elenchi intrastat) risultava idonea a dimostrare l’avvenuta spedizione/trasporto dei beni in altro Paese UE.
2. Avverso la sentenza della CTR la Agenzia delle entrate proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi.
3. La M.O.COM. s.r.l. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia motivazione insufficiente relativamente ai rilievi di cui sub 1 e 2 a fini IRPEG, sub 1 a fini IRAP e sub 1 a fini IVA di cui alla sentenza della CTR, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5evidenziando che il giudice del merito non ha minimamente esaminato le argomentazioni dedotte nell’atto di appello con riferimento alle risultanze dei documenti formati dalla stessa società contribuente, evitando sia di argomentare per quale ragione l’errore in cui era incorsa quest’ultima sarebbe irrilevante, sia di considerare che l’inserimento manuale del dato è difficilmente compatibile con la rigidità del software e, in definitiva, con il colpevole errore.
2. Il motivo, oltre che presentare profili di inammissibilità, è comunque infondato.
2.1. L’Agenzia delle entrate contesta, in buona sostanza, la considerazione come sconti ed abbuoni anzichè come omaggi dei prodotti indicati in n. 242 fatture di vendita emesse dalla società contribuente, delle quali solo n. 14 presentano la dizione “omaggi” scritta a mano.
2.2. La difesa erariale si concentra su tali ultime fatture evidenziando che la CTR non avrebbe sufficientemente spiegato le ragioni per le quali la dizione “omaggi” scritta a mano sulle fatture possa integrare un semplice errore, non essendo la stessa riconducibile alla dedotta rigidità del software.
2.3. Tralasciando la circostanza che tali fatture non sono state riprodotte in ricorso o allegate ai fini dell’autosufficienza, non può non evidenziarsi che la CTR: a) ha preso in rassegna la documentazione prodotta dalla società contribuente; b) ha rilevato che, tenuto conto di tale documentazione, gli omaggi erano in realtà “sconti ed abbuoni” rientranti nella prassi commerciale e concessi alla clientela, con condizioni di vendita determinate anteriormente alla conferma dell’ordine del cliente; c) ha ritenuto, pertanto, priva di rilevanza la circostanza che su sole n. 14 fatture sia stata erroneamente apposta la dicitura “omaggi” anzichè quella corretta di “sconti”.
In altri termini, il ragionamento della CTR è fondato sulla documentazione acquisita agli atti di causa, riguarda l’intera operazione ed è perfettamente logico e coerente.
2.4. La censura proposta dall’Agenzia delle entrate è limitata alle sole quattordici fatture con la dicitura “omaggi” ed è inidonea a mettere in discussione il ragionamento complessivo sviluppato dal giudice di merito.
3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce motivazione insufficiente relativamente al rilievo sub 3 ai fini IRPEG, sub 1 ai fini IRAP e sub 1 ai fini IVA di cui alla sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziandosi che la decisione non avrebbe minimamente esaminato le argomentazioni dell’atto di appello con riferimento alle risultanze di fatto e documentali, di cui al processo verbale di constatazione, segnalate dall’Ufficio, che ha ricostruito la realtà contabile attraverso un minuzioso esame degli elementi di fatto per giungere ad affermare che esiste una differenza di autoclavi vendute e non contabilizzate pari a ventiquattro unità.
4. Il motivo è inammissibile.
4.1. La difesa erariale fa riferimento ad una ricostruzione minuziosa contenuta nel processo verbale di constatazione che non viene nè trascritto in parte qua, nè allegato ai fini dell’autosufficienza, rendendo impossibile a questa Corte apprezzare l’effettiva insufficienza della motivazione della CTR.
5. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate contesta motivazione insufficiente con riferimento al rilievo sub 4 ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IVA, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che la decisione della CTR non ha minimamente esaminato le argomentazioni dell’atto di appello in ordine all’antieconomicità dell’operazione compiuta dalla società contribuente, che ha concesso un prestito di Lire 1.000.000.000 a società controllante Agarta s.r.l. senza contabilizzazione di interessi, per poi chiedere un finanziamento bancario di pari importo per sopperire al fabbisogno finanziario.
6. Il motivo è fondato.
6.1. A fronte della contestazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, della antieconomicità dell’operazione posta in essere dalla M.O.COM. s.r.l., la CTR si limita a ritenere che la prova presuntiva offerta sarebbe superata dalla circostanza che i saldi e la dinamica temporale dei due finanziamenti sono diversi e che si tratta di due società collegate.
6.2. Tale spiegazione, peraltro, è del tutto insufficiente a giustificare la contestata antieconomicità dell’operazione di finanziamento, non trovando la stessa alcuna razionale spiegazione nella motivazione del giudice di merito: la circostanza che le due operazioni di finanziamento, peraltro di pari importo, abbiano dinamiche differenti non è idonea a chiarire le ragioni per le quali una società controllata debba concedere alla controllante un prestito infruttifero, a meno che dette ragioni non si risolvano in un vantaggio economico anche per la controllata; vantaggio che, peraltro, non è stato evidenziato.
6.3. Spetterà, dunque, al giudice di merito in sede di rinvio verificare se il finanziamento alla controllante trova effettiva e ragionevole giustificazione nella documentazione che la società contribuente assume di avere prodotto in giudizio.
7. Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce motivazione insufficiente con riferimento ai rilievi sub 5a, 5b, 5c e 5d ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP di cui alla sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
7.1. La censura si articola in quattro distinti submotivi, ciascuno volto a contestare specificamente la motivazione sulle varie riprese.
a) Rilievo sub 5a ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP. Si sostiene che, a fronte di fatture che hanno genericamente descritto servizi assunti quali costi deducibili, la decisione non ha minimamente esaminato le specifiche contestazioni di cui all’atto di appello.
b) Rilievo sub 5b ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP. Si sostiene che le due fatture concernenti provvigioni asseritamente ritenute deducibili, riguardano prestazioni di altro tipo e, in ogni caso, la CTR non ha esaminato le argomentazioni dell’atto di appello in ordine alla idoneità della documentazione contabile a verificare la natura della prestazione eseguita.
c) Rilievo sub 5c’ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP. Si sostiene che, con riferimento alle prestazioni professionali occasionali rese da una traduttrice e da due interpreti, la CTR non ha motivato in ordine alla idoneità della documentazione contabile prodotta a giustificare la prestazione eseguita.
d) Rilievo sub 5d ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP. Si sostiene che, con riferimento ai, costi per prestazioni di servizi di carattere amministrativo, la CTR non ha motivato in ordine all’idoneità della documentazione contabile prodotta a giustificare la prestazione eseguita, nonchè sulla effettività e antieconomicità del comportamento della società contribuente.
8. Il motivo è inammissibile con riferimento alle prime due subcensure, mentre è fondato con riferimento alle altre due.
8.1. Il motivo 4a è inammissibile per difetto di autosufficienza: l’Agenzia delle entrate assume la genericità delle descrizione dei servizi indicati in fattura, ma non trascrive, nè allega le fatture, con conseguente impossibilità per la Corte di esprimere alcuna valutazione al riguardo.
8.2. Analogamente può concludersi per il motivo 4b, non essendo state riprodotte anche in questo caso le fatture.
8.3. Il motivo 4c è, invece, fondato in quanto la CTR si è limitata ad affermare che i costi risultano sufficientemente documentati, senza chiarire, a fronte delle contestazioni dell’Agenzia delle entrate, quale sia la documentazione su cui si fonda tale giudizio.
8.4. Ugualmente fondato è il motivo 4d, avendo anche in questo caso la CTR concluso laconicamente che i costi risultano sufficientemente documentati, senza chiarire il fondamento della propria affermazione e senza prendere posizione sulle contestazioni di inidoneità della documentazione prodotta formulate dall’appellante.
8.5. La sentenza della CTR va, dunque, cassata con riferimento alle subcensure 4c e 4d, spettando al giudice di merito compiere un nuovo esame della documentazione prodotta ai fini della valutazione della sua idoneità a giustificare i costi dedotti dalla ricorrente.
9. Con il quinto motivo di ricorso si deduce motivazione insufficiente con riferimento al rilievo sub 6 ai fini IRPEG e sub 1 ai fini IRAP di cui alla sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziandosi che, per quanto riguarda i costi relativi ad alcune fatture di leasing, la decisione della CTR non ha esaminato le argomentazioni dell’appellante in ordine alla deducibilità dei canoni di leasing relativi ai mesi di luglio e agosto 2003, essendo stato il bene oggetto del rapporto contrattuale consegnato solo a settembre 2003.
10. Il motivo è inammissibile.
10.1. La ricorrente non ha trascritto nè le fatture di cui contesta la deducibilità nè la fonte da cui trae il convincimento che il bene sia stato consegnato in data 31/08/2003. Inoltre, tale data di consegna è contestata secondo quanto argomentato dalla stessa difesa erariale.
11. Con il sesto motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39nonchè dei principi generali in materia di contenzioso tributario e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando, con riferimento al rilievo sub 7 ai fini IRPEG, sub 1 ai fini IRAP e sub 2 a fini IVA di cui alla sentenza impugnata, che la CTR non avrebbe potuto annullare per intero la ripresa ma, proprio sulla base della motivazione utilizzata, avrebbe dovuto riformulare la deduzione del costo.
12. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia, in via subordinata al motivo che precede, motivazione insufficiente con riferimento alla medesima ripresa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che non sono comprensibili le ragioni di un annullamento integrale della ripresa sebbene la M.O.COM. s.r.l. non occupi integralmente gli spazi cui sono riferibili i canoni di locazione.
13. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.
13.1. I canoni di locazione e le altre spese di cui si tratta riguardano i locali in cui è collocata la società unitamente ad altra società (Villa S & E s.r.l.) che, secondo la ricostruzione della stessa CTR, utilizza 500 mq su 3.550 mq e occupa dieci dipendenti a fronte dei diciassette della M.O.COM. s.r.l.
13.2. L’Ufficio ha ritenuto che possano essere legittimamente dedotti solo la metà dei costi in questione. La CTR, compiuto l’accertamento in fatto di cui si è detto, ha ritenuto di dovere annullare l’intera ripresa: e ciò pur avendo constatato la parziale occupazione dei locali da parte di altra società.
13.3. Poichè il giudizio davanti al giudice tributario è un giudizio di impugnazione-merito (cfr. Cass. n. 21759 del 20/10/2011; Cass. n. 28770 del 23/12/2005), la CTR avrebbe dovuto determinare, anche in via equitativa, la percentuale di occupazione dei locali da parte della Villa S & E s.r.l. e, conseguentemente, eventualmente ridurre e non già annullare la ripresa.
14. Con l’ottavo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce motivazione insufficiente con riferimento al rilievo sub 8 ai fini IRPEG, sub 1 ai fini IRAP e sub 2 a fini IVA di cui alla sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che la decisione della CTR non ha esaminato le argomentazioni dell’atto di appello in ordine all’esatta natura delle spese qualificate di pubblicità e non di propaganda in relazione alla finalità che esse risultano avere alla stregua della documentazione prodotta.
15. Il motivo è inammissibile.
15.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, le spese in discorso riguardano partecipazione a convegni, consulenze commerciali, altri costi commerciali e spese di pubblicità. Secondo il giudice di merito tali costi “si riferiscono a prestazioni per corsi di formazione per i clienti e per l’organizzazione di congressi, nonchè a spese per l’esposizione a convegni e fiere, a spese di catering e accoglienza in occasione di fiere e convegni e per clienti in visita allo stabilimento”. Tali costi rientrano, pertanto, tra le spese di pubblicità in quanto “sostenute al fine d’incrementare le vendite, perchè si spera che consentano, ad esempio, di acquisire nuova clientela o permettano di ampliare il fatturato nei confronti della clientela esistente”.
15.2. In proposito, l’esatta sussunzione delle spese sostenute dal contribuente nella categoria di spese di rappresentanza o spese di pubblicità implica la corretta applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 74 (oggi 108) e, quindi, l’eventuale sussistenza di una violazione o falsa applicazione di legge.
15.3. Ne consegue che la statuizione della CTR avrebbe dovuto essere impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
16. Con il nono motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia, con riferimento al rilievo sub 4 ai fini IVA, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la decisione della CTR ha indebitamente addossato all’Ufficio l’onere di effettuare riscontri presso le autorità competenti al fine di accertare l’autenticità dei documenti prodotti per attestare l’intervenuta esportazione della merce, spettando, invece, al contribuente fornire la prova delle cessioni all’esportazione mediante documentazione doganale.
17. Il motivo è fondato.
17.1. A fronte dell’illegibilità della documentazione prodotta dalla società contribuente, la CTR ha sostenuto che non appare ragionevole porre a carico della stessa altri oneri probatori, che invece gravano sull’Ufficio, che “avrebbe potuto/dovuto effettuare i necessari riscontri, presso le Autorità competenti, al fine di verificare l’autenticità di detti documenti”.
17.2. In realtà, come evidenziato dalla difesa erariale, i documenti allegati dalla società contribuente sono rappresentati da un bollettino postale internazionale e da una richiesta scritta alla dogana, priva della relativa risposta.
17.3. Orbene, come evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte, “ai fini dell’esenzione dall’IVA di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), la destinazione della merce all’esportazione deve essere provata, esclusivamente dalla documentazione doganale, ovvero dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, in assenza della quale l’operatore che voglia fruire dell’agevolazione non può valersi di documenti alternativi, mentre l’Amministrazione finanziaria non può disconoscere l’imponibilità dell’operazione ed il diritto alla detrazione” (Cass. n. 16971 del 11/08/2016).
Si è altresì precisato che: “in tema di recupero di IVA per esportazioni al di fuori dei confini comunitari, la prova della destinazione della merce all’esportazione, nelle cessioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), il cui onere incombe sul primo cedente in caso di operazioni triangolari, deve essere fornita tramite la documentazione doganale e, quindi, se la dichiarazione di esportazione è effettuata sulla base del Documento Unico Amministrativo (DAU), a mezzo dell’esemplare 3 DAU, munito di timbro e visto dell’ufficio doganale di uscita, ai sensi degli artt. 792,793 e 795 del Regolamento CEE 2 luglio 1993, n. 2454, applicabile “ratione temporis”. In assenza di tale documentazione, non potendosi addebitare all’esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non ha la disponibilità, la prova può essere fornita con ogni mezzo che abbia il requisito della certezza ed incontrovertibilità, quale l’attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana, mentre sono inidonei documenti di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento” (Cass. n. 3193 del 18/02/2015).
17.4. Nel caso di specie, non è dubbio che sia onere della M.O.COM. s.r.l. fornire la prova della esportazione della merce a mezzo la documentazione doganale o altra documentazione equipollente che abbia il requisito della certezza ed incontrovertibilità e che tale documentazione non è stata prodotta in giudizio, non potendosi addossare all’Agenzia delle entrate l’onere probatorio di effettuare le verifiche presso gli Uffici competenti.
18. Con il decimo motivo di ricorso si deduce motivazione insufficiente con riferimento al rilievo sub 5 ai fini IVA, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5, evidenziandosi che, a fronte delle contestazioni dell’Ufficio, la CTR non ha motivato in ordine alla valenza della documentazione prodotta dalla società contribuente al fine di provare le cessioni intracomunitarie.
19. Il motivo è inammissibile.
19.1. La difesa erariale sostiene che la documentazione su cui si è fondato il giudizio della CTR è inidonea a comprovare l’intervenuta cessione intracomunitaria della merce, ma non trascrive nè produce, ai fini dell’autosufficienza del ricorso, tale documentazione, sicchè nessun apprezzamento può compiere questa Corte in ordine alla decisività della censura.
20. In conclusione, vanno accolti il terzo, il quarto, in parte, il sesto, il settimo e il nono motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, perchè provveda anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo, il quarto, in parte, il sesto, il settimo e il nono motivo di ricorso, e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018