Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.28332 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25485/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 1703/08/17, depositata il 29 marzo 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018 dal Cons. Dott. Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Paola Zerman per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1703/08/17 del 29/03/2017, la CTR del Lazio accoglieva l’impugnazione proposta da L.G. avverso la sentenza n. 1101/05/16 della CTP di Roma, che aveva rigettato i ricorsi riuniti proposti dal contribuente nei confronti di tre avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2007, 2008 e 2009, con i quali, oltre ad accertarsi maggiori imposte IRES, IRAP e IVA nei confronti della SABO s.r.l., si contestavano le conseguenti sanzioni, in solido, anche al L. quale amministratore di fatto della predetta società.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) la CTP respingeva i ricorsi riuniti del contribuente “sul presupposto che risultava dimostrato lo svolgimento di funzioni di amministratore di fatto del ricorrente”; b) il L. impugnava la sentenza della CTP.

1.2. La CTR, dopo avere sottolineato la qualità di amministratore di fatto della SABO s.r.l. del L., motivava l’accoglimento dell’appello evidenziando che trovava applicazione in ipotesi l’esimente di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7,conv. con modif. nella L. 24 novembre 2003, n. 326, applicazione impedita unicamente nel caso in cui gli amministratori fossero al tempo stesso trasgressori e contribuenti e la persona giuridica fosse una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica.

1.3. In particolare la CTR sottolineava che “nella fattispecie in esame, le emergenze in atti non consentono di ritenere che la società fosse una mera fictio non operante, avendo detta società concretamente operato, con personale proprio e anche in sedi diverse da Roma (vi sono riferimenti alla sede di Pisa e a quella di Bologna), gestendo una propria contabilità, con provvista finanziaria ed avendo anche inizialmente rispettato (formalmente) gli obblighi dichiarativi previsti dalla legge”.

2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

3. L.G. non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2 e art. 36,comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che l’accertamento della CTR, per la quale L.G. era amministratore di fatto della SABO s.r.l., è del tutto incompatibile e in palese contraddizione con gli ulteriori accertamenti inerenti alle circostanze che la società sia dotata di personale proprio, con propri uffici, propria contabilità e autonoma provvista finanziaria.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per illogicità manifesta della motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che non è ravvisabile alcun nesso logico tra l’avere assolto inizialmente agli obblighi dichiarativi e l’essere una società operativa.

3. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili, prima che infondati.

3.1. La CTR ha compiuto una valutazione complessiva del materiale probatorio acquisito agli atti di causa e ha ritenuto che il L. sia amministratore di fatto della SABO s.r.l. e che quest’ultima società non possa dirsi fittizia, avendo personale proprio, proprie sedi, autonomia contabile e finanziaria, nonchè avendo la stessa assolto, quanto meno inizialmente, agli obblighi fiscali dichiarativi;

3.2. Trattasi di un accertamento di fatto che non appare per nulla illogico o contraddittorio, atteso che la circostanza che il L. sia amministratore di fatto della SABO s.r.l. non è di per sè in contraddizione con l’operatività effettiva di tale ultima società.

3.3. Ed, allora, appare chiaro che la contestazione mossa dall’Agenzia delle entrate opera interamente sul piano motivazionale e tende a mettere in discussione la valutazione di merito compiuta dalla CTR. Ma, sotto questo profilo, la censura avrebbe dovuto essere formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nei limiti in cui tale censura sia ancora ammissibile a seguito della modifica normativa, applicabile ratione temporis.

Invero, secondo Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014, “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

4. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che l’applicazione del menzionato art. 7, non dipende dal fatto che la società abbia o meno operato concretamente, quanto dalla effettiva alterità di soggetti, ossia dalla ricorrenza di una effettiva differenza tra l’attività della persona giuridica e quella della persona fisica, tale da escludere quell’ipotesi di immedesimazione dei due soggetti che preclude l’applicazione dell’esimente.

4.1. Si ritiene, infatti, che nel caso di specie la CTR avrebbe pacificamente accertato la strumentalizzazione indebita della SABO s.r.l., da parte del L., al perseguimento dei propri interessi personali.

5. Il motivo è infondato.

5.1. Secondo un orientamento della S.C., cui va data continuità, “le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, del D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7 (conv. con modif. in L. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. n. 472, ma solo in quanto compatibili” (Cass. n. 25284 del 25/10/2017).

Ed, infatti, “l’amministratore di fatto di una società alla quale sia riferibile il rapporto fiscale ne risponde direttamente qualora le violazioni siano contestate o le sanzioni irrogate antecedentemente alla data di entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, stante la disposizione di diritto transitorio di cui all’art. 7, comma 2, del menzionato decreto e la disciplina precedentemente vigente dettata del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 2 e art. 11” (Cass. n. 9122 del 23/04/2014).

5.2. Tale orientamento incontra un limite nella artificiosa costituzione a fini illeciti della società di capitali, potendo allora le sanzioni amministrative tributarie essere irrogate “nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente delle violazioni contestate. In tal caso, la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica. Non opera pertanto il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, secondo cui nel caso di rapporti fiscali facenti capo a persone giuridiche le sanzioni possono essere irrogate nei soli confronti dell’ente, in quanto detta norma “intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima” (19716/13)” (così, in motivazione, Cass. n. 5924 del 08/03/2017, che richiama Cass. n. 19716 del 28/08/2013).

5.3. Orbene, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa erariale, la CTR ha chiaramente escluso che la SABO s.r.l. sia una mera fictio creata nell’esclusivo interesse della persona fisica. Le specifiche affermazioni che la società è operativa in diverse sedi, con proprio personale e autonomia finanziaria e contabile, avendo altresì assolto, almeno inizialmente, agli obblighi fiscali dichiarativi, induce all’evidenza ad escludere la ricorrenza dell’esimente in discorso.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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