LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23728/2011 R.G. proposto da:
NEXT HARDWARE & SOFTWARE S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Ciro Benelli e dall’Avv. Sandro Guerra, elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Sanzio n. , presso lo studio dell’Avv. Federico Mazzella;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
nonchè
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Milano n. 130/05/2010 depositata in data 12 novembre 2010;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 giugno 2018 dal consigliere Dott. Pierpaolo Gori;
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Basile Tommaso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e l’Avv. Gino Velani per la contribuente, quale sostituto processuale per l’udienza dell’Avv. Sandro Guerra;
Udito per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Ferrando Raffaella.
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, veniva rigettato l’appello proposto da NEXT HARDWARE & SOFTWARE S.P.A. (in seguito, la contribuente), e confermata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (in seguito, CTP) n. 2/33/2009, avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA relativo all’anno di imposta 2002.
In particolare, l’avviso veniva emesso a seguito di verifica condotta presso la ditta individuale Power PC di C.R. di *****, all’esito della quale i verbalizzanti rinvenivano gli estremi della cartiera in capo alla ditta, e contestavano alla contribuente, in qualità di cessionaria a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti nel quadro di una frode carosello, un’indebita detrazione di IVA, con conseguenti sanzioni e interessi.
2. La contribuente impugnava l’avviso, e la CTP confermava nel merito la ripresa. Proponeva appello la contribuente, censurando l’assoluta carenza di motivazione della decisione in ordine all’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate, la violazione della L. n. 289 del 2002 avendo la contribuente aderito al c.d. condono tombale, la violazione del canone dell’onere della prova per vari profili, l’assenza di consapevolezza in capo alla contribuente di essere parte di una triangolazione coinvolgente una cartiera e di una frode carosello; l’appello veniva rigettato nel merito.
3. Contro la sentenza d’appello, la contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste l’Agenzia con controricorso. Il Ministero è rimasto intimato.
4. Con il primo motivo, si censura la motivazione apparente, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
5. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste il vizio di motivazione apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inadeguata a rivelare la “ratio decidendi” e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
La sentenza risulta così nulla perchè affetta da “error in procedendo”, in quanto, benchè graficamente esistente, non rende, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).
6. Nel caso di specie, la motivazione contiene numerosi riferimenti alla fattispecie concreta, con analitica descrizione anche degli elementi in fatto alla base della decisione (“la vertenza riguarda un avviso di accertamento emesso nei confronti della ditta individuale Power PC di C.R. di ***** (…)”); dà inoltre conto dei fatti processuali rilevanti e in modo analitico delle ragioni di impugnazione della sentenza di primo grado (“la sentenza veniva appellata dalla contribuente. I motivi di appello sono costituiti da: (…)”), tutti attinenti al merito della ripresa; infine, vi è una risposta complessiva della CTR che qualifica la fattispecie (“Il meccanismo cui si riferisce la presente vertenza, riguarda la cosiddetta Iva carosello”) e giunge alle proprie logiche conclusioni sulla base di elementi di prova esposti in motivazione (“Nella specie l’ufficio ha contestato la detrazione IVA relativa alle fatture incriminate proprio perchè da verbale in suo possesso (…)”), con ampie citazioni dell’accertamento contenuto nel processo verbale di constatazione (p.v.c.).
Tanto basta per escludere qualsiasi riferimento ad una motivazione meramente apparente nel senso indicato dalla giurisprudenza sopra richiamata.
7. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 direttiva 388/77/CEE e dei principi desumibili dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 18, 19, 21 e ss., nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR indebitamente negato il diritto alla deduzione IVA oggetto della ripresa ritenendo che gravasse sul contribuente l’onere della regolarità delle operazioni contestate.
Con il quarto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 direttiva 388/77/CEE e del D.P.R. n. 633 del 1972, degli artt. 18 e ss. nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la CTR illegittimamente ritenuto non decisiva la regolarità delle scritture contabili della contribuente ai fini dell’accertamento dell’inesistenza delle operazioni contestate.
8. I motivi, strettamente connessi in quanto centrati sulla violazioni di legge, nell’applicazione del canone dell’onere della prova circa le contestate operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito di una frode carosello, sono infondati.
La Corte rammenta in punto di onere della prova che, in tema di IVA, se l’Amministrazione finanziaria contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza che il destinatario poteva avere, che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. 20 aprile 2018 n.9851), principi giurisprudenziali da cui non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie.
9. Nel caso in esame, la CTR ha adeguatamente motivato, principalmente con richiamo al processo verbale di constatazione, il quale ha accertato quanto al profilo oggettivo la non operatività della ditta individuale cartiera Power PC, tra cui: l’essere priva di depositi di magazzini e stoccaggio, la non annotazione delle fatture nei registri contabili, il mancato versamento delle imposte, la mancata presentazione delle dichiarazioni annuali IVA. Quanto al profilo soggettivo, la CTR ha valorizzato le dichiarazioni spontanee confessorie rese dal titolare della ditta e verbalizzate dalla Guardia di Finanza secondo cui la ditta “sembrava esistente, in realtà avrebbe dovuto interporsi tra le società estere e le reali acquirenti italiane e ciò allo scopo di consentire a queste ultime l’evasione dell’IVA”. Il p.v.c. è documento munito di fede privilegiata (Cass. 3 luglio 2014 n. 15191), nè può essere disatteso in assenza di motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che i documenti su cui si basa sono stati esaminati dall’agente verificatore (Cass. 24 novembre 2017 n.28060) e, nel caso di specie, la contribuente non apporta alcun elemento di prova, nemmeno indiziario, in senso contrario;
10. L’Amministrazione ha dunque già adempiuto al proprio onere istruttorio per le ragioni sopra esposte e, conseguentemente, la CTR ha correttamente applicato l’inversione dell’onere probatorio, in quanto grava sulla contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolta in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi, onere non assolto nel caso di specie.
11. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 direttiva 388/77/CEE, dell’art. 23 Cost. e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 18 e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la CTR fatto riferimento in motivazione impropriamente al concetto di abuso del diritto. Il motivo è inammissibile, in quanto non decisivo. Premesso che nel caso di specie si verte in un caso di evasione di imposta, come peraltro correttamente affermato dalla CTR nel corpo della motivazione, il passaggio agli inizi dell’esposizione delle ragioni di diritto, in cui si fa riferimento all’abuso del diritto, non costituisce all’evidenza una ratio decidendi, ma una mera argomentazione ad colorandum che introduce la corretta sussunzione della fattispecie concreta nelle operazioni soggettivamente inesistenti, nella frode carosello, nell’applicazione del canone dell’onere della prova conforme alla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.
12. Con il quinto motivo, si denuncia una omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata su specifico motivo di appello in cui la contribuente lamentava, a sua volta, l’omessa pronuncia della CTR con riferimento al mancato assolvimento dell’onere della prova alla luce della sentenza definitiva della CTR n.83/04/06, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
13. Il motivo è destituito di fondamento, per più ragioni. In primo luogo, ai fini della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non emerge dal passaggio dell’atto di appello, riprodotto dalla contribuente ai fini dell’autosufficienza, che la invocata sentenza della CTR da ultimo citata fosse stata oggetto di uno specifico motivo, ma, piuttosto, trattavasi di un argomentazione giuridica usata in punto di onere della prova. In particolare, dai brani riprodotti in ricorso, si evince che la sentenza è stata citata nel ricorso in appello a sostegno dell’infondatezza della tesi dell’Agenzia, secondo cui l’onere della prova dell’inesistenza delle operazioni sarebbe stato assolto dall’Amministrazione e, in punto di onere della prova dell’inesistenza soggettiva delle operazioni, la CTR motiva diffusamente. In secondo luogo, i passaggi della sentenza riprodotta fanno sì riferimento alla ditta individuale Power PC di C.R. di *****, ma non consentono di comprendere quali fossero le parti di quel processo e, anzi, la contribuente non è mai menzionata, e ciò esclude che possa essere opposto un giudicato ai fini del presente processo.
14. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato per le ragioni espresse e, secondo soccombenza, a ciò consegue il regolamento delle spese di lite come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione all’Agenzia delle spese di lite, liquidate in Euro 10.100,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018