Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.28342 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5488/12 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.A. S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Curini, elettivamente domiciliata in Roma alla via Celimontana n. 8, presso l’avv. Benito Panariti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 06/22/11 emessa in data 16 dicembre 2010 dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, sezione 22, depositata in data 14 gennaio 2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18/9/2018 dal Consigliere Dott. Andreina Giudicepietro;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo avverso la società T.A. S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 06/22/2011 emessa in data 16/12/ 2010 dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, sezione 22, depositata in data 14/1/2011 e non notificata, che, accogliendo parzialmente l’appello dell’Ufficio, limitatamente alla ripresa dei compensi per intermediazione e relative sanzioni, ha ritenuto la deducibilità dei costi del servizio mensa, sul presupposto che la società contribuente avesse documentato che il servizio fosse accessibile a tutti i dipendenti.

2. L’Agenzia ricorrente censura la sentenza della C.T.R. sotto il profilo dell’insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè il giudice di appello non avrebbe chiarito in che modo la società contribuente abbia documentato il presupposto della “generalità”, richiesto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62, comma 1 bis, per la deducibilità dei costi del servizio mensa, ignorando una dichiarazione proveniente dalla stessa società in cui si precisa che “le fatture ricevute… si riferiscono a costi per pasti erogati ad alcuni lavoratori”.

3. La società T.A. S.p.A. resiste con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè il giudice di appello non avrebbe chiarito in che modo la società contribuente abbia documentato il presupposto della “generalità”, richiesto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62, comma 1 bis, per la deducibilità dei costi del servizio mensa, senza indicare i documenti sui quali si basa il proprio convincimento e senza esaminare la dichiarazione proveniente dalla stessa società, in cui si precisa che “le fatture ricevute… si riferiscono a costi per pasti erogati ad alcuni lavoratori”.

1.2. Il motivo è fondato.

1.3. Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente avesse documentato che il servizio mensa era accessibile da parte di tutti i dipendenti, “anche se alcuni non lo utilizzavano per scelte personali o per la concomitanza di trattamenti alternativi (indennità di trasferta, rimborsi a piè di lista)”.

La motivazione appare insufficiente, poichè la mancata indicazione, da parte del giudice di appello, dei documenti, dai quali ha tratto il proprio convincimento, rende impossibile ripercorrere l’iter logico seguito dal giudicante e verificarne la correttezza.

Inoltre, la motivazione, assai sintetica e generica, non esamina in alcun modo la dichiarazione, con cui la società chiarisce che le fatture sono relative ai costi del servizio mensa per alcuni dipendenti, dalla quale, secondo l’Amministrazione, potrebbe trarsi la conclusione che il servizio mensa non era accessibile alla generalità dei dipendenti.

A ciò si aggiunga che in tema di imposte dirette, l’Amministrazione finanziaria può contestare la deducibilità di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente; in tal caso è onere del contribuente dimostrare in maniera specifica la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge affinchè il costo possa essere dedotto.

Il giudice, quindi, nel valutare se il contribuente abbia fornito tale specifica dimostrazione, è tenuto a darne atto in motivazione, palesando quali siano gli elementi che fondano il proprio convincimento.

Atteso l’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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