Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33178 del 21/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23582-2017 R.G. proposto da:

AAREAL BANK AG, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAETANO DONIZETTI 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE FRISINA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TERRAFERMA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 67, presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARA CASTRIOTA SCANDERBEG, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO BASSI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 16657/2017 del TRIBUNALE DI ROMA, depositata il 06/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI, lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LUISA DE RENZIS, che chiede alla Corte di Cassazione di respingere l’istanza di regolamento di competenza e di confermare citiamo al contratto di affitto dell’azienda denominata “Torre del Faro” la competenza territoriale del tribunale di Matera e citiamo alle pretese correlate al contratto di affitto dell’azienda denominata “Torre Santa Sabina” la competenza del Tribunale di Brindisi.

FATTO E DIRITTO

La Corte osserva quanto segue.

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 6 settembre 2017, ha rigettato l’eccezione di inammissibilità per tardività di opposizione a decreto ingiuntivo n. ***** proposta da Terraferma S.r.l. – cui il decreto ingiungeva di pagare la somma di Euro 4.124.240, oltre interessi di mora e spese, ad Aareal Bank AG – e dichiarato la propria incompetenza territoriale nella relativa causa in quanto concernente due contratti di affitto di aziende, per cui ha attribuito competenza territoriale inderogabile al Tribunale di Matera per il contratto di affitto dell’azienda “Torre del Faro”, sita in Scanzano Ionico e al Tribunale di Brindisi per il contratto di affitto dell’azienda “Torre Santa Sabina”, sita in Carovigno, località *****.

2. La vicenda processuale da cui è sortita tale sentenza si era svolta nel modo seguente.

Aareal Bank AG aveva ottenuto dal Tribunale il decreto ingiuntivo nei confronti di Terraferma S.r.l. per l’importo appunto di Euro 4.124.240, oltre interessi di mora e spese, quale credito di cui Aareal Bank sarebbe divenuta titolare a seguito di atto notarile del 3 aprile 2013 con cui Lungomare S.r.l. le avrebbe ceduto tutti i suoi crediti relativi a canoni di affitto e locazione derivati da contratti all’atto allegati, tra i quali due contratti d’affitto d’azienda stipulati tra la cedente e Terraferma con scritture private del 28 marzo 2012 e riguardanti due aziende turistico-alberghiere, ovvero “Torre del Faro”, sita in Scanzano fonico, e “Torre Santa Sabina”, sita in Carovigno, località *****; l’importo di Euro 4.124.240 corrisponderebbe quindi ai canoni non pagati da Terraferma.

Il decreto, emesso il 1 settembre 2016, era stato notificato il 19 settembre 2016 ed opposto con atto di citazione notificato il 28 ottobre 2016, in cui Terraferma tra l’altro eccepiva che la cessione fatta valere non le sarebbe stata notificata e comunque sarebbe stata nulla, perchè stabilita in un atto del 3 aprile 2013 collegato ad altri atti nulli. Aggiungeva inoltre che sarebbero stati errati gli importi indicati nel ricorso e che comunque si sarebbero dovuti considerare ulteriori elementi: compensazioni occorse durante il rapporto, pagamenti dei canoni d’affitto eseguiti nel 2013 e nel 2014, per l’importo di Euro 2.000.289.409, nonchè altri pagamenti a terzi effettuati nell’interesse della cedente. In tal modo si sarebbe raggiunta l’inesistenza di credito in capo alla cedente e alla pretesa cessionaria. Eccepiva altresì l’opponente l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma a favore di quello di Trento – avendo sede in Trento la titolare del credito Lungomare – in relazione al combinato disposto dell’art. 1182 c.c., comma 3, e art. 20 c.p.c., essendo inefficace nei confronti della opponente la cessione del credito.

L’opposta si costituiva, contestando le avverse difese e in limine eccependo l’inammissibilità dell’opposizione in quanto iscritta a ruolo oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del decreto, invocando al riguardo l’applicazione del rito locatizio e individuando i contratti di affitto di azienda come fondamento della pretesa monitoriamente azionata.

Alla prima udienza del 3 maggio 2017, i difensori della opponente replicavano all’avversa eccezione di inammissibilità della opposizione, tra l’altro verbalizzando in riferimento alla asserita causa petendi locatizia: “1.2)…Aareal Bank AG certamente non ha chiesto il decreto ingiuntivo al Giudice che sarebbe stato competente per materia e per territorio (nel caso di specie, tale Giudice sarebbe stato il Tribunale di Matera o di Brindisi); 1.3) Aareal Bank AG ha sempre agito in virtù della cessione dei crediti (assumendone l’astrattezza rispetto al rapporto principale) tanto che ha invocato la competenza del Tribunale di Roma ex art. 1182 c.c., così di fatto smentendo l’applicabilità della competenza inderogabile territoriale e per materia del rito locatizio”.

Il giudice istruttore, con ordinanza a scioglimento di riserva, affermava di doversi pronunciare “sulle eccezioni pregiudiziali, tra cui quella di tardività dell’opposizione a decreto ingiuntivo”, allo scopo rinviando la causa, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’udienza dell’11 luglio 2017 e concedendo alle parti termine fino a dieci giorni prima per il deposito di memorie.

All’esito di tale udienza, peraltro, il giudice disponeva ex art. 426 c.p.c., il mutamento del rito da ordinario in locatizio, qualificando la causa come attinente ad affitto d’azienda, e concessi pertanto i termini per le memorie integrative rinviava ai sensi dell’art. 420 c.p.c., all’udienza del 6 settembre 2017 “impregiudicata la questione della competenza territoriale inderogabile”. In quest’ultima udienza è stata quindi pronunciata la decisione oggetto dell’istanza di regolamento facoltativo.

Per completezza, si dà atto che nelle memorie integrative, in punto di competenza, l’opponente chiedeva di dichiarare l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma a emettere il decreto ingiuntivo essendo competenti il Tribunale di Brindisi per un’azienda e il Tribunale di Matera per l’altra, con conseguente dichiarazione di nullità e/o revoca del decreto ingiuntivo, mentre l’opposta – che insisteva sulla tardività della opposizione – contestava la permanenza del potere officioso di rilevare l’incompetenza territoriale.

3. Il Tribunale fonda la sua decisione come si viene ora ad esporre.

Ritenuta pregiudiziale anche alla questione della competenza territoriale inderogabile l’ulteriore questione dell’ammissibilità della opposizione, il Tribunale reputa che la corretta qualificazione della domanda monitoriamente introdotta induca “ad affermare che la causa verta in materia di affitto di azienda”, e perciò debba essere governata dal rito locatizio. Ne desume che l’opposizione non è stata promossa tardivamente, dato che, introdotta con atto di citazione notificato il 28 ottobre 2016, il suddetto atto è stato depositato il 2 novembre 2016, in effetti oltre quaranta giorni dalla notifica del decreto avvenuta il 19 settembre 2016, ma non sussistendo tardività nel caso, qui ricorrente, in cui chi ha agito in via molitoria ha creato l’apparenza di voler seguire il rito ordinario.

Considerando a questo punto la questione della competenza territoriale inderogabile, allora, il Tribunale rileva che le aziende affittate “ricadono, rispettivamente, nella circoscrizione dei Tribunali di Matera e di Brindisi” e che, ai sensi dell’art. 21 c.p.c., comma 1, per le cause in materia di affitto d’azienda è competente il giudice del luogo dove l’azienda è posta, competenza, esclusiva e definita inderogabile dall’art. 447 bis c.p.c., comma 2; e nei casi di inderogabilità di cui all’art. 28 c.p.c., sussiste la rilevabilità d’ufficio ex art. 38 c.p.c, comma 3,.

L’opposta – osserva il Tribunale -, “pur nulla eccependo in ordine a quanto sopra osservato”, ha sostenuto essere precluso il rilievo officioso perchè proprio l’art. 38, pone limite al suo esercizio, effettuabile non oltre l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c.: e nel caso in esame la prima udienza di trattazione sarebbe stata celebrata senza alcun rilievo d’ufficio sul punto. Oppone il giudicante che la ratio dell’art. 38 c.p.c., è “pervenire ad una sollecita definizione delle questioni di competenza” per cui la prima udienza va intesa “non in senso formale, ma in senso sostanziale, avendo riguardo alla funzione dell’udienza” ai sensi dell’art. 183: e dunque “il rilievo d’ufficio potrà essere effettuato, nel caso in cui la prima udienza si sia articolata, formalmente, in più udienze, anche dopo quella che cronologicamente si sia tenuta per prima, purchè non oltre il momento finale in cui il giudice può porre alle parti, ex art. 183 c.p.c., comma 4, le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”: momento che “viene segnato” dalla concessione dei termini di cui al sesto comma dell’art. 183, se richiesti, o dall’adozione dei provvedimenti sulle istanze istruttorie.

Inoltre la questione di competenza “non poteva essere risolta prima del mutamento di rito” e perciò soltanto a seguito di questo, all’esito della prima udienza ex art. 420 c.p.c., “è stato deciso”. Viene quindi invocata la giurisprudenza per cui nella opposizione a decreto ingiuntivo la dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emesso il decreto non è una decisione solo sulla competenza, ma presenta un duplice contenuto di accoglimento in rito della opposizione e di dichiarazione di nullità del decreto, così giungendo il Tribunale alla dichiarazione di nullità del decreto dopo avere negato la propria competenza per le due aziende oggetto di contratto d’affitto rispettivamente a favore del Tribunale di Matera e del Tribunale di Brindisi.

4. Aareal Bank ha presentato ricorso che qualifica proposto per regolamento facoltativo di competenza, presentandolo come apportante “Motivi” che peraltro integrano un’unica struttura argomentativa (ricorso, pagine 11-15).

Terraferma si è difesa con memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., ,del 27 ottobre 2017. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte ex art. 380 ter c.p.c., in data 12 giugno 2018, chiedendo il rigetto della istanza di regolamento. Aareal Bank ha depositato memoria 20 settembre 2018 per confutare le difese di Terraferma a suo avviso recepite dal Procuratore Generale.

5. Aareal Bank lamenta che il Tribunale ha declinato la propria competenza a conoscere la controversia quando il suo potere di rilevazione d’ufficio della incompetenza inderogabile ex art. 28 c.p.c., “si era ormai esaurito”, configurando l’art. 38 c.p.c., “un meccanismo processuale improntato a rigidi termini di decadenza, funzionali ai principi di immediatezza e di concentrazione, dove l’intento del legislatore è quello di favorire una rapida formazione delle preclusioni” per evitare un ritardo dell’ “esito naturale” del giudizio. E dunque la declaratoria di incompetenza sarebbe illegittima perchè resa in aperta violazione dell’art. 38 c.p.c., comma 3, in quanto posteriore all’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.

Alla prima udienza di trattazione, celebrata il 3 maggio 2017, il Tribunale, anzichè rilevare la propria incompetenza territoriale ex art. 21 c.p.c., si sarebbe invece “indotto ad affermare la propria competenza, disattendendo l’unica eccezione spiegata, sotto altro profilo, dalla controparte”; non esercitando il proprio potere d’ufficio di rilevazione, avrebbe anzi soprasseduto, “affermando, piuttosto, la propria competenza e rinviando la causa, per la precisazione delle conclusioni, ad una successiva udienza, al fine di pronunciarsi su ulteriori eccezioni pregiudiziali”, peraltro non includenti, neppure potenzialmente, la questione della competenza inderogabile del foro delle aziende affittate. Anche nella seconda udienza, svoltasi l’11 luglio 2017, il Tribunale nulla avrebbe rilevato al riguardo, soltanto all’esito della terza udienza, il 6 settembre 2017, dichiarandosi incompetente, “in dispregio del limite di rilevazione officiosa dell’incompetenza inderogabile” evincibile appunto dall’art. 38 c.p.c., comma 3.

La pronuncia del Tribunale non potrebbe poi trovare supporto in una concezione “sostanziale” della prima udienza, insegnando dottrina che, nel caso in cui l’udienza ex art. 183 c.p.c., venga a dilazionarsi in più udienze, l’incompetenza va rilevata entro la prima di esse, per non frustrare le esigenze di celerità e concentrazione; e le ipotesi di differimento della prima udienza, con salvezza dei diritti e delle facoltà ad essa connessi, sono specificamente indicate nei primi tre commi dell’art. 183. Il potere del giudice di chiedere chiarimenti e indicare questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, ai sensi dell’art. 183, comma 4, sempre seguendo pregevole dottrina, è avvinto da una limitazione temporale, non potendosi più svolgere dopo la prima udienza di trattazione o dopo l’udienza fissata ex art. 183, comma 2. Nel caso in esame, il rilievo d’ufficio sarebbe invece intervenuto quando l’udienza ex art. 183, “si era pacificamente esaurita, considerato che l’udienza dell’Il luglio 2017 (beninteso, neppure nel contesto della stessa il Tribunale di Roma ha formulato alcun rilievo ai sensi dell’art. 28 c.p.c.) è stata fissata, e si è tenuta, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., per la discussione orale e per la precisazione delle conclusioni”. Vale a dire che, “fissando tale udienza, il Tribunale di Roma ha aperto una nuova fase processuale (quella di precisazione delle conclusioni) incompatibile con la successiva possibilità di rilevare, officiosamente, l’incompetenza per territorio”.

Infine, non inciderebbe il disposto mutamento del rito, perchè il relativo provvedimento “lascia immutate le preclusioni e decadenze già maturate”.

Conclude la ricorrente osservando che il ricorso per regolamento necessario di competenza è proponibile anche se finalizzato a censurare unicamente la tempestività del rilievo d’ufficio dell’incompetenza (in riferimento a S.U. 19 ottobre 2007 n. 21858), non costituendo tale vizio un generico error in procedendo deducibile con l’ordinario rimedio dell’appello; e osservando altresì, peraltro, che il regolamento nel caso in esame dovrebbe ritenersi facoltativo ex art. 43 c.p.c., perchè nella sentenza impugnata il Tribunale, “oltre a rilevare la propria incompetenza per territorio, pur non statuendo su un rapporto sostanziale, ha risolto una ulteriore questione di carattere pregiudiziale, diversa da quella sulla competenza”, ovvero quella sulla tardività della opposizione: pertanto, se si ritiene il “merito” come considerato negli artt. 42 e 43 c.p.c., nella sua più lata accezione – oltrepassante il “riferimento al solo rapporto sostanziale dedotto in giudizio, comprendendo la risoluzione di ogni questione diversa da quella sulla competenza, sia di carattere sostanziale che processuale (purchè la stessa non sia stata esaminata solo incidentalmente ai fini della determinazione sulla competenza)” -, il regolamento in esame deve essere qualificato come riconducibile all’art. 43 c.p.c.

6.1 Non si può non prendere le mosse dalla ambiguità delle argomentazioni svolte nella parte conclusiva del ricorso come dirette a qualificare regolamento facoltativo quanto viene qui richiesto a questa Suprema Corte.

Da un lato, infatti, si richiama la giurisprudenza attinente alla proponibilità del ricorso per regolamento necessario di competenza, ovvero alle fattispecie in cui la questione riguarda la competenza stricto sensu come regola o anche solo la tempestività del rilievo ufficioso come regola accessoria (attinente cioè alle modalità di applicazione della regola di competenza, ovvero – come afferma Cass. sez. 3, 9 novembre 2011 n. 23289 – regola “la cui osservanza condiziona il potere-dovere del giudice di decidere sulla competenza”) e quindi che assume la natura di quella cui è asservita, rendendo anche tale profilo una questione di competenza, con conseguente applicazione dell’art. 42 c.p.c. (sulla linea di S.U. 19 ottobre 2007 n. 21858, richiamata pure nel ricorso, si collocano: S.U. ord. 29 ottobre 2007 n. 22639; Cass. sez. 3, ord. 16 ottobre 2008 n. 25248; Cass. sez. 3, 9 novembre 2011 n. 23289, cit.; Cass. sez. 50, 4 agosto 2015 n. 16359; analoga giurisprudenza sussiste, si nota incidenter, riguardo alla rilevabilità della questione di giurisdizione: v. p.es. S.U. 9 marzo 2015 n. 4682).

Dall’altro lato, tuttavia – e immediatamente dopo -, si qualifica l’istanza di regolamento proposta come regolamento facoltativo ex art. 43 c.p.c., in quanto gli artt. 42 e 43 c.p.c., al “merito” si riferirebbero “nella sua accezione più lata, che va al di là del riferimento al solo rapporto sostanziale dedotto in giudizio, comprendendo la risoluzione di ogni questione diversa da quella sulla competenza, sia di carattere sostanziale che processuale (purchè la stessa non sia stata esaminata solo incidentalmente ai fini della determinazione della competenza)”: e ciò dovrebbe qui invocarsi, essendo stata risolta dal Tribunale “una ulteriore questione di carattere pregiudiziale, diversa da quella sulla competenza”, id est la questione della tardività dell’opposizione.

In realtà, a prescindere dalla questione ancor più a monte della giurisdizione, ma in questa causa non discussa, “la questione di competenza ha natura assolutamente pregiudiziale” (così Cass. sez. 3, ord. 18 giugno 2008 n. 16557; conformi Cass. sez. 50, 12 gennaio 2002 n. 16 e Cass. sez. 2, 30 gennaio 1995 n. 2748) alla decisione di merito. In quanto identificante il giudice che ha potestas judicandi, ovvero l’esistenza in concreto di questa nel senso di potere di dirimere le ulteriori questioni presenti nella regiudicanda in esame, la competenza è la soglia del giudizio, e in rapporto alla identificazione positiva o negativa della competenza il “merito” deve essere inteso in senso lato, includendo quindi pure le altre questioni di rito. Pertanto il collocamento “elastico”, se non ambiguo, della questione competenza nella sequenza strutturale della cognizione, quale prospetta la ricorrente, non è configurabile. Insegna infatti questa Suprema Corte proprio che, ai fini dell’esperibilità del regolamento di competenza, potendo l’impugnazione riguardare solo la violazione di norme di competenza in cui sia incorso il giudice di merito, “per decisione di “merito” deve intendersi non soltanto una pronuncia sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ma anche la risoluzione di questioni – di carattere sostanziale o processuale, pregiudiziali di rito o preliminari di merito diverse da quella sulla competenza, la quale risoluzione, dovendo essere censurata con il ricorso ordinario, preclude la necessità e, ove la censura venga proposta, anche la facoltatività dello stesso regolamento di competenza” (Cass. sez. 2, 23 aprile 2010 n. 9754; conformi Cass. sez. 1, 10 gennaio 2011 n. 371; Cass. sez. 6-3, ord. 19 settembre 2013 n. 21507). Peraltro l’art. 43 c.p.c., comma 1, prevede il regolamento facoltativo di competenza per la fattispecie in cui la sentenza “ha pronunciato sulla competenza insieme col merito”.

Considerata allora la pregiudizialità assoluta della competenza, il presupposto della applicazione di tale norma è che il giudice, dopo avere deciso sulla competenza – evidentemente in senso positivo – sia passato appunto a decidere il “merito”, per quanto di lata accezione. La competenza infatti – non può non ripetersi – individua il giudice, e solo dopo essersi così individuato risolvendo la questione in senso positivo il giudice è legittimato (nel senso di essere titolare del relativo potere-dovere) ad esercitare la potestas judicandi su ogni altra questione integrante nel caso in esame il thema decidendum: a ciò si rapporta il concetto del “merito” presente negli artt. 42 e 43.

6.2 E se questo è il sistema configurato da tali norme (la prima attinente all’ipotesi di declinazione della competenza, a parte la soprassessoria, e la seconda all’ipotesi di pronuncia riconoscente la competenza, che pertanto procede alle ulteriori questioni, cioè al “merito”), non si ravvisa sulla base di quale fondamento esso sia derogabile nel caso di azione monitoriamente esercitata per vagliare in via pregiudiziale la tempestività o meno della relativa opposizione. Si è dinanzi – infatti – ad una domanda introdotta con il ricorso monitorio, rispetto alla quale l’opponente è convenuto e ha pertanto anche l’onere di eccepire l’eventuale incompetenza; e nessuna norma regolante il processo monitorio impedisce che la questione della competenza, che in caso di declinazione apporta nullità del decreto ingiuntivo, in contrasto con le regole generali debba essere preceduta – e logicamente potrebbe esserne anche assorbita, in contrasto logico, prima ancora che giuridico, con quanto sopra osservato a proposito della potestas judicandi – dall’accertamento della inammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo per tardività: vizio, per di più, affliggente un atto successivo al decreto nella sequenza procedurale.

Nel caso in esame, il Tribunale ha operato, per così dire, proprio una inversione procedurale, come se la sequenza avesse trovato origine nella opposizione: e così in primo luogo si è pronunciato sull’ammissibilità dell’opposizione per tempestività, e in secondo luogo sulla competenza. Non è peraltro interpretabile l’art. 42, nel senso che una decisione erroneamente (perchè attinente a questioni ad essa successive) antecedente alla decisione sulla competenza venga a togliere a quest’ultima la sua essenza di pregiudizialità assoluta. Così ragionando, infatti, la pregiudizialità suddetta sarebbe agevolmente caducabile, e per di più in forza di decisioni che illegittimamente la violano. Se anzitutto, come si è detto, deve identificarsi il giudice della causa (per giurisdizione e) per competenza, è logico che nulla vale di quanto il giudice decide antecedentemente (o anche contestualmente) alla propria decisione di diniego della competenza: in tal caso, infatti, la vera decisione è solo quella relativa alla competenza, perchè accerta la mancanza del potere-dovere del giudice di decidere la causa (potestas judicandi). Se allora produce giuridico effetto (e quindi assorbe ogni ulteriore questione eventualmente decisa) la decisione di declinazione della competenza, il regolamento di competenza che viene proposto deve qualificarsi regolamento necessario.

7.1 Scendendo ora nel nucleo della impugnazione proposta, deve anzitutto rilevarsi che non è sostenibile che nella prima udienza celebrata ex art. 183 c.p.c., Terraferma, opponente-convenuta, abbia introdotto tempestivamente nella regiudicanda la questione di competenza dei Tribunali di Brindisi e Matera, per cui non sarebbe poi stata tardiva la relativa decisione, benchè la questione non sia stata affrontata subito. Questa prospettazione, addotta nella sua memoria da Terraferma e ripresa anche dal Procuratore Generale, a ben guardare modifica il contenuto effettivo della difesa in cui sarebbe stata eccepita l’incompetenza territoriale. Si tratta, invece, di un argomento in senso opposto: per contrastare che il rito applicabile fosse quello locatizio e la conseguente tardività di opposizione eccepita dall’opposta nella comparsa di costituzione, e non invece per prospettare la competenza dei fori di Brindisi e Matera, l’opponente verbalizzava alla prima udienza del 3 maggio 2017 il passo già sopra riportato: “1.2)…Aareal Bank AG certamente non ha chiesto il decreto ingiuntivo al Giudice che sarebbe stato competente per materia e per territorio (nel caso di specie, tale Giudice sarebbe stato il Tribunale di Matera o di Brindisi); 1.3) Aareal Bank AG ha sempre agito in virtù della cessione dei crediti (assumendone l’astrattezza rispetto al rapporto principale) tanto che ha invocato la competenza del Tribunale di Roma ex art. 1182 c.c., così di fatto smentendo l’applicabilità della competenza inderogabile territoriale e per materia del rito locatizio”. Viene quindi artificiosamente estrapolata una parte di un argomento difensivo in realtà non diretto a contestare la competenza territoriale del Tribunale adito a favore dei Tribunali di Brindisi e Matera, bensì inserito in un ragionamento diretto a fronteggiare una questione non riconducibile alla competenza. E ciò è confermato, peraltro, dal fatto che la stessa opponente, come si è visto, eccepì davvero, in adempimento del suo relativo onere, l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma, ma nel senso che competente fosse il Tribunale di Trento. La forzata lettura dell’argomento difensivo in esame significativamente non è stata condivisa neppure nell’impugnata sentenza, non avendo in tale argomento il Tribunale percepito alcun contenuto in termini di questione di competenza. Nè, d’altronde, l’eccezione di competenza del Tribunale di Trento può valere ad aprire le porte della preclusione evincibile dall’art. 38 c.p.c., in riferimento alla eccezione nel comma 1, e in riferimento al rilievo officioso nel comma 3. Si è dinanzi, invero, nel caso di specie a questioni di competenza con fondamenti diversi: Terraferma aveva eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma a favore di quello di Trento in relazione al combinato disposto dell’art. 1182 c.c., comma 3 e art. 20 c.p.c., avendo sede in Trento la titolare del credito Lungomare, che sarebbe rimasta – nella sua prospettazione – la titolare del credito; il Tribunale invece ha rilevato d’ufficio che, ai sensi dell’art. 21 c.p.c., comma 1, per le cause in materia di affitto d’azienda è competente il giudice del luogo dove l’azienda si trova, competenza esclusiva e definita inderogabile dall’art. 447 bis c.p.c., comma 2: e le aziende affittate “ricadono, rispettivamente, nella circoscrizione dei Tribunali di Matera e di Brindisi”.

7.2 II vero scoglio in cui si infrange la dichiarazione di competenza del Tribunale è allora, in effetti, individuabile nella tardività del rilievo officioso. Poichè ciò gli era già stato segnalato dall’attuale ricorrente, il Tribunale ha tentato di superarlo sulla base di due argomenti: la protraibilità in più spezzoni della prima udienza da un lato e il mutamento del rito dall’altro.

Quest’ultimo è ictu oculi privo di alcuna consistenza, in quanto il mutamento del rito dall’ordinario allo speciale non costituisce una regressione della sequenza processuale, il termine previsto dall’art. 426 c.c., non integrando una sorta di condono dalle preclusioni già maturate. La giurisprudenza di questa Suprema Corte si è più volte pronunciata chiaramente al riguardo, escludendo nella concessione del termine perentorio previsto dalla norma affinchè le parti provvedano “all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti” ogni esonero dalle regole del rito ordinario, bensì ravvisandovi soltanto un termine per adeguarsi alle regole del rito speciale in cui si incede (oltre a Cass. sez. 3, 22 aprile 2010 n. 9550 richiamata dalla ricorrente, e per la quale appunto, proprio in una ipotesi di passaggio da rito ordinario a rito locatizio, “il mutamento del rito da ordinario a speciale non determina – neppure a seguito di fissazione del termine perentorio di cui all’art. 426 c.p.c., per l’integrazione degli atti introduttivi – la rimessione in termini rispetto alle preclusioni già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario, dovendosi correlare tale integrazione alle decadenze di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c., e non valendo la stessa a ricondurre il processo ad una fase anteriore a quella già svoltasi” -, tra gli arresti massimati si vedano, più recentemente, Cass. sez. 3, 30 dicembre 2014 n. 27519 e Cass. sez. 50, 28 aprile 2017 n. 10569).

7.3 Evidentemente conscio dell’inconsistenza dell’argomento preso di per sè, il Tribunale cerca di inserirlo, a ben guardare, nell’argomento ulteriore: afferma infatti che solo dopo il mutamento del rito ha avuto luogo la decisione sulla competenza “all’esito della (prima) udienza ex art. 420 c.p.c.”.

Da questo asserto non può non desumersi che, secondo il Tribunale, la prima udienza sarebbe un’entità ampia e, addirittura, in caso di mutamento del rito, con facoltà regressive; se tale regressività è indubbiamente negabile per tutto quanto sopra osservato a proposito degli effetti del mutamento del rito ex art. 426, il concetto della prima udienza come un’entità ampia, e non identificabile quindi in modo formale, riconduce al precedente e fondamentale argomento adottato dal Tribunale: “la ratio perseguita dal nove/lato art. 38 c.p.c., è quella di pervenire ad una sollecita definizione delle questioni di competenza… alla luce di tale considerazione, pare conseguente che il concetto di prima udienza deve interpretarsi non in senso formale, ma in senso sostanziale, avendo riguardo alla funzione dell’udienza ex art. 183 c.p.c., con la conseguenza che il rilievo d’ufficio potrà essere effettuato, nel caso in cui la prima udienza si sia articolata, formalmente, in più udienze, anche dopo quella che cronologicamente si sia tenuta per prima, purchè non oltre il momento finale in cui il giudice può porre alle parti, ex art. 183 c.p.c., comma 4, le questioni rilevabili d’ufficio… e tale momento viene segnato dalla concessione dei termini ex art. 183 c.p.c., comma 6, se richiesti, ovvero dall’adozione dei provvedimenti sulle istanze istruttorie”.

A tacer d’altro, non solo questa interpretazione del concetto di prima udienza contrasta intrinsecamente con quella che viene al contempo individuata come ratio dell’art. 38, ovvero – come la definisce lo stesso Tribunale – la “sollecita definizione delle questioni di competenza”, protraendo i relativi tempi, ma anche – e ancor più evidentemente – pretermette gli effetti del rinvio ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., che è stato effettuato nella causa in esame con l’ordinanza che ha sciolto la riserva assunta dall’istruttore nella udienza del 3 maggio 2017, udienza che nessuno nega sia stata cronologicamente la prima del processo. Poichè l’applicazione dell’art. 281 sexies, significa ingresso nella fase decisionale ed espletamento di quest’ultima – prevedendo la norma la precisazione delle conclusioni, la discussione orale e la sentenza integralmente formantesi al termine della discussione – non si vede come possa definirsi ancora “prima udienza” quella fissata con la riservata ordinanza in applicazione dell’art. 281 sexies, ovvero l’udienza dell’11 luglio 2017. Sotto nessun profilo, pertanto, il Tribunale fornisce sostegno al suo asserto che fosse ancora sussistente il potere d’ufficio di rilevare la propria incompetenza, ovvero che fosse stato esercitato tale potere “non oltre l’udienza di cui all’art. 183” ai sensi dell’art. 38 c.p.c., comma 3.

8. Ne discende che il Tribunale di Roma ha declinato la propria competenza tardivamente, quando questa, cioè, si era già cristallizzata come ad esso spettante in conseguenza del superamento della barriera cronologico-funzionale dettata dal comma 3, appunto, dell’art. 38; ciò conduce, in accoglimento della istanza di regolamento necessario di competenza, a dichiarare la competenza dello stesso Tribunale.

Considerate la peculiarità della questione e l’erronea qualificazione che la ricorrente ha attribuito al regolamento, si stima sussistano i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del Tribunale di Roma, compensando le spese.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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