Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.11441 del 30/04/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 28817/2014 RG proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.L., domiciliata in Catania alla Via cesare Beccaria, presso lo studio dei procuratori costituiti nel giudizio di merito, Pogliese Antonio e Pogliese Maria Elisabetta;

– intimata –

Avverso la decisione n. 317/17/2013 della Commissione Tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, depositata il 10/10/2013 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2019 dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita.

RITENUTO

CHE:

G.L., presentava istanza di rimborso alla Agenzia delle entrate, quale dirigente Enel in quiescenza, assumendo che era iscritta al fondo pensione già prima del 1993, che aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2002, che su tali somme era stata applicata la ritenuta Irpef dal Fondo pensione, come tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a, mentre, invece, le somme dovevano essere gravate da una ritenuta del 12,50% sulla differenza tra il capitale corrisposto e l’importo dei premi riscossi, ridotta del 2 % per ogni anno successivo al decimo (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4).

L’Agenzia delle Entrate denegava il rimborso, cosicchè la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania (di seguito, per brevità, CTP), che lo accoglieva.

Anche la Commissione Tributaria Regionale di Palermo (di seguito, per brevità, CTR) dava ragione alla contribuente, respingendo l’appello dell’Ufficio evidenziando che le disposizioni che escludono la tassazione al 12,50% per effetto del D.L. n. 669 del 1996, comma 5 – quale norma retroattiva in quanto di interpretazione autentica – si applicano solo ai nuovi iscritti, cioè a soggetti che hanno aderito a forme pensionistiche complementari dopo il 28/04/1993 mentre l’appellante era iscritta prima della entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1983 (quindi prima del 28/04/1993).

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi ad un unico motivo.

G.L. rimane intimata pur essendo stato il ricorso ritualmente notificato presso il procuratore costituito nel giudizio di merito in data 25.11.2014.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato tempestivamente proposto nel termine lungo di un anno trattandosi di giudizio instaurato prima del 4 luglio 2009 – termine dal quale opera la modifica, di cui all’art. 327 c.p.c., del termine lungo di impugnazione (da un anno a sei mesi), come introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17 – essendo stata la sentenza della CTP depositata nell’anno 2008 (sentenza n. 481/6/2008). Ed infatti, considerato che la sentenza della CTR qui gravata è stata depositata il 10/10/2013 e che il termine annuale, opera ex nominatione dierum e si proroga di 46 giorni, il ricorso notificato in data 25/11/2014 è tempestivo (v. copia cartolino avviso di ricevimento in atti).

Con l’unico motivo d’impugnazione la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, convertito in L. n. 30 del 1997, nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 16, 17 e 42, della L. n. 482 del 1995, art. 6, dell’art. 2120 c.c., art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che la Commissione Regionale non ha esaminato la natura del rapporto previdenziale fruito dalla ricorrente, che non ha dimostrato la sussistenza di rendimenti da investimenti nel mercato finanziario, ancorandosi unicamente alla distinzione tra vecchi e nuovi iscritti a forme pensionistiche complementari.

La doglianza è fondata.

Occorre anzitutto rammentare che, a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base del CCNL 16 maggio 1985, art. 12, comma 4 recepito dall’Enel), venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un’assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.

Successivamente, sempre nel 1986 (16 aprile 1986), a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c. d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata).

Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a Fondenel, Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, con diritto degli aderenti alla liquidazione dell’intero capitale in luogo della rendita vitalizia.

Risulta dalla sentenza della CTR siciliana che G.L. si è iscritta al Fondo anteriormente al 1993.

Ciò posto, secondo i principi consolidati di questa Corte (cfr. Cass. Sez. U. 22 giugno 2011, n. 13642), in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’I. gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

E’ altresì principio consolidato, che il trattamento tributario dei “vecchi” iscritti, quindi prima del 21 aprile 1993, dipende dalla “composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole misura dal lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Sul punto la successiva ed attuale giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass., 7 marzo 2018, n. 5436; Cass.,4941/2018) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario (o comunque di riferimento) del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

Pertanto, l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (con aliquota del 12,50%), si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dal t.u.i.r., art. 41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e t.u.i.r., art. 42 (ora 45), comma 4, con applicazione analogica dell’art. 6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione.

Solo se e in quanto, dunque, nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, senza possibilità di operare alcuna distinzione tra P.I.A. e Fondenel.

Resta dunque confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

La Commissione Regionale non ha fatto buon governo dei principi esposti, limitandosi ad affermare, senza alcuna indicazione degli elementi di fatto caratterizzanti la fattispecie, che “la sentenza impugnata merita piena conferma, con il conseguente rigetto dell’appello dell’Agenzia delle Entrate di Catania. Invero lo stesso legislatore al D.L. n. 669 del 1996, comma 5, che costituisce interpretazione autentica con effetto retroattivo, ha stabilito che le disposizioni che escludono la tassazione al 12,50 % si applicano ai nuovi iscritti e cioè a soggetti che hanno aderito a forme pensionistiche complementari dopo il 28/04/1993”.

La Commissione tributaria, quindi, non solo non ha applicato in modo corretto le norme richiamate nel motivo di ricorso per cassazione, ma non ha affatto tenuto conto nella sua motivazione del se, pur essendo il contribuente già iscritto al fondo prima del 21 aprile del 1993 e pur avendo ricevuto la liquidazione delle somme nel gennaio 2002, le somme corrisposte provenissero o meno da un effettivo investimento “nel mercato di riferimento” da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

Grava, peraltro, sulla contribuente che impugna un’istanza di rimborso l’onere di provare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, onere non tenuto in alcuna considerazione dai secondi giudici nè risultante in qualche soddisfatto dagli atti allegati.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, la quale dovrà adeguarsi ai principi di diritto innanzi evidenziati, secondo cui il fondo previdenziale Enel (P.I.A.) è sottoposto all’aliquota più favorevole del 12,50% prevista per i redditi di capitali solo per la parte di fondo impiegata sul mercato, con l’onere probatorio gravante esclusivamente sul contribuente che chiede il rimborso. La CTR provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa compensazione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472