Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.11908 del 07/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25285-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA LANDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1430/67/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata il 27/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Cremona. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di V.M.T. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, per gli anni 2006-2007.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che col primo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in ordine alle ragioni per le quali la CTR aveva ritenuto l’estraneità della contribuente alla società di fatto nonchè la carenza di elementi probatori gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione della V. alla suddetta società;

che, col secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, e art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4;

che, infatti, trattandosi di una maggiore imposta IRPEF determinata da un presunto maggior reddito da partecipazione della contribuente alla società di fatto, la CTR avrebbe dovuto procedere all’integrazione del contraddittorio;

che l’intimata si è costituito con controricorso;

che il secondo motivo, dotato di priorità logica, è infondato;

che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa, a pena di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Sez. 5, n. 27603 del 30/10/2018; Sez. 6-5, n. 16730 del 25/06/2018; Sez. 6-5, n. 25300 del 28/11/2014);

che, nella specie, la CTR ha escluso la partecipazione della V. sulla scorta di una questione personale (l’asserita estraneità della stessa alla società di fatto), sicchè, a tale stregua, non può prospettarsi un litisconsorzio necessario;

che il primo motivo non è fondato;

che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017);

che, nella specie, la sentenza impugnata appare sufficientemente argomentata, nè può definirsi apparente, contraddittoria o perplessa;

che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore della controricorrente, in Euro 3.500, oltre spese forfettarie in misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019

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