LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28560-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
Z.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSIA DE NITTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1524/14/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI, depositata il 28/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE MARIA ENZA.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione dell’avviso di accertamento per maggiore IRPEF – emesso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 e dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 (c.d. accertamento sintetico con redditometro) – con cui l’Agenzia ravvisava una incongruenza tra i redditi dichiarati e i beni indice posseduti, ha accolto l’appello del contribuente.
La CTR ha, in particolare, “disapplicato il calcolo del reddito compiuto dall’ufficio per l’immobile gravato da mutuo ipotecario”, ritenuto contrastante con i criteri di “ragionevolezza della pretesa tributaria”, e ne ha effettuato uno diverso, più “equo e congruo per risolvere la distorsione nel c.d. “vecchio redditometro” (pur dando atto della non retroattività del nuovo redditometro ex D.L. n. 78 del 2010).
Z.G. si costituisce con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 (nonchè del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’11 febbraio 2009), del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente interpretato le norme di legge che si assumono violate procedendo alla disapplicazione del calcolo reddituale effettuato dall’Ufficio con riferimento all’immobile gravato da mutuo.
Il ricorso è fondato.
Costituisce giurisprudenza consolidata il principio secondo cui l’accertamento effettuato con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai DD.MM. del 10 settembre e 19 novembre 1992, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori – indice della capacità contributiva, giacchè codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori – indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore” (Cass. sez. 6 – 5, n. 16912 del 10/08/2016).
Inoltre, i fattori – indice fondano una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicchè il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016).
Per quanto concerne nello specifico i mutui ultrannuali, questa Corte ha già espresso il principio di diritto secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca e dimostri che tale spesa sia giustificata dall’accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo medesimo non esclude ma diluisce la capacità contributiva; ne consegue che deve essere detratto dalla spesa accertata (ed imputata a reddito) il capitale mutuato, ma ad essa vanno, invece, aggiunti, per ogni annualità, i ratei di mutuo maturati e versati. (Sez. 5, n. 4797 del 24/02/2017, n. 11388/2017, Sez. 5, n. 24597 del 03/12/2010).
In applicazione dei principi richiamati, ha errato la CTR, rilevando la “distorsione insita nel ricalcolo con il vecchio redditometro”, nel disattendere il calcolo effettuato dall’Ufficio sulla base dei fattori ex lege precostituiti, secondo le modalità previste dalla normativa ratione temporis applicabile, relativamente all’immobile gravato da mutuo.
La sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019