LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –
Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1588-2018 proposto da:
P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIAN DI SCO 68-A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ANTONIO PUCCIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 5282/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 6/12/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2018 dal Consigliere MILENA FALASCHI.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 5282 del 2017 la Terza Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato respingeva l’appello proposto da P.S. avverso la ordinanza di primo grado del TAR Calabria – che aveva rigettato, in via cautelare, il ricorso proposto e volto ad ottenere la revoca di avviso orale emesso dal Questore di Catanzaro affermando che si trattava di censure rivolte essenzialmente avverso l’originario avviso orale e non alla successiva reiezione dell’istanza di revoca dello stesso, oltre a rilevare che la sentenza di assoluzione dell’appellante dal reato di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione minorile era successiva (del 21.04.2017) all’istanza di revoca (del 14.04.2017). Aggiungeva che il giudizio di pericolosità sociale non richiedeva la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche le risultanze fattuali tali da indurre l’Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale. Quadro che nella specie era desumibile dalla sentenza 02.05.2012 della Corte di appello di Catanzaro che aveva dichiarato il non doversi procedere nei suoi confronti per il reato di furto di energia elettrica perchè estinto per intervenuta prescrizione, peraltro in corso le indagini per altro identico reato; sentenza del 22.07.2013 del Giudice di pace di Cropani che aveva annullato l’ordinanza prefettizia di sequestro di automezzo esclusivamente perchè emessa oltre il termine di 120 giorni stabilito dall’art. 204 C.d.S..
Avverso tale ordinanza il P. propone ricorso, affidato ad un unico complessivo motivo.
Il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.
Attivato il procedimento camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotto, a decorrere dal 30 ottobre 2016, dal D.L.31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 (applicabile al ricorso in oggetto ai sensi del medesimo D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 2), la causa è stata riservata in decisione.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, ragione per la quale non vengono illustrate neanche le complessive doglianze.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, invero, l’ordinanza con la quale il Consiglio di Stato si sia pronunciato, in sede di gravame, sulla sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo impugnato non è impugnabile con il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., rimedio essendo quest’ultimo consentito soltanto avverso pronunce di contenuto decisorio (idonee, cioè, a incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte in giudizio), mentre il provvedimento in questione investe una misura di tipo cautelare e provvisorio, senza pregiudizio alcuno per la risoluzione della controversia (Cass. Sez. Un. 11 marzo 2004 n. 5052; Cass. Sez. Un. 24 maggio 2007 n. 12068; di recente: Cass. Sez. Un. 27 novembre 2015 n. 24247).
Il provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo (al pari di quello emesso dal giudice ordinario) non assume carattere decisorio e non incide in via definitiva sulle posizioni soggettive dedotte in giudizio, essendo destinato a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito, sicchè esso, pur quando coinvolge posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su di esse con la forza dell’atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato, neppure sul punto della giurisdizione (Cass. Sez. Un. 23 settembre 2013 n. 21677).
E’ vero, peraltro, che nella giurisprudenza di questa Corte si è ritenuto che detta, inammissibile impugnazione, potrebbe convertirsi in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione tutte le volte che il ricorrente abbia contestato la giurisdizione dell’autorità procedente in relazione al giudizio di merito ancora pendente sul provvedimento amministrativo impugnato.
Nondimeno, nella concreta fattispecie va esclusa tale possibilità di conversione, per mancanza dei presupposti, non avendo il ricorrente in alcun modo negato la giurisdizione del giudice avanti al quale egli stesso ha proposto impugnazione dell’avviso orale ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 3.
Il ricorso, dunque, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico del ricorrente.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità che liquida per ciascuna controricorrente in Euro 3.000,00, oltre alle spese prenotate e prenotande a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della Corte Suprema di Cassazione, il 23 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019