Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.11962 del 07/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso -2015 proposto da:

G.A., G.G., G.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI DARDANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato MARINA PETROLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO NEGRO;

– ricorrenti –

contro

F.N., F.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2/B, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO DE MAGISTRIS, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO FREGNI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2484/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/11/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUCIO CAPASSO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

PREMESSO CHE:

1. Nel 1999 G.G. e C.B. convenivano in giudizio F.N. e F.R., chiedendo l’accertamento dei confini tra i fondi di loro proprietà e quelli dei convenuti (identificati rispettivamente ai mappali *****), con conseguente condanna dei convenuti alla demolizione di un muro di cinta da loro eretto sui predetti fondi. Costituitisi in giudizio, N. e F.R. chiedevano in via riconvenzionale che venisse accertato l’acquisto per usucapione della proprietà, in favore di F.R., di una superficie pari a circa 133 mq., di originaria proprietà degli attori e inglobata all’interno del muro di recinzione costruito sui mappali *****; che venisse accertata l’esistenza di una servitù di passaggio a favore dei loro fondi di cui ai mappali ***** e a carico dei fondi degli attori di cui ai mappali *****; che venisse accertata la proprietà esclusiva di F.R. sul mappale *****. Il Tribunale di Modena, con sentenza n. 240/2012, dichiarava “l’intervenuta usucapione a favore di F.R. della striscia di terra pari a una superficie di circa mq. 133”, accertava “la linea di confine tra i mappali *****” e rigettava “le ulteriori istanze”.

2. Avverso tale sentenza proponevano appello N. e F.R., ritenendola ingiusta nella parte in cui aveva respinto le due domande riconvenzionali concernenti l’accertamento della servitù di passaggio e il riconoscimento della proprietà esclusiva sul mappale *****. In seguito alla morte di C.B., il processo veniva riassunto dagli eredi G.A. e G.M.. Con sentenza n. 2484/2014 la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento del gravame, accertava l’acquisto per usucapione dell’esclusiva proprietà di F.R. sul fondo di cui al mappale *****, nonchè l’acquisto per usucapione della “servitù di passaggio pedonale e carrabile” a carico dei fondi di cui ai mappali *****.

3. G.G., G.M. e G.A. ricorrono in cassazione contro la pronuncia.

F.N. e F.R. resistono con controricorso.

I ricorrenti e i controricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

a) Il primo motivo – riguardante il capo della sentenza che ha dichiarato la proprietà esclusiva del mappale ***** – denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1141,1158 e 1164 c.c., in relazione anche a quanto stabilito dall’art. 2697 c.c. e dall’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove in atti”, per avere il giudice d’appello omesso ogni valutazione circa l’esercizio del compossesso sul fondo di cui al mappale *****, nonchè circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio, ritenuto carente dal giudice di primo grado.

La censura è inammissibile, in quanto si risolve in una critica alla valutazione del materiale probatorio da parte del giudice d’appello, valutazione che il giudice ha motivato (cfr. pp. 4-6 della sentenza impugnata) e che è pertanto insindacabile da questa Corte di legittimità (v., da ultimo, Cass. 6133/2018).

b) Il secondo motivo lamenta – circa il capo della sentenza che ha dichiarato l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 345 c.p.c., comma 1, in virtù del quale non possono proporsi in appello domande nuove e l’inammissibilità è rilevabile d’ufficio, e per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere pronunciato ultra petita”: il giudice d’appello, nel riconoscere l’acquisto di una “servitù di passaggio pedonabile e carrabile”, sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione in quanto N. e F.R. si erano limitati, nelle conclusioni sia di primo che di secondo grado, a chiedere l’accertamento di una “servitù di passaggio”; inoltre, in primo grado N. e F.R. avevano chiesto l’accertamento in loro favore della servitù e solo con l’atto d’appello, con domanda quindi nuova e come tale inammissibile, avevano chiesto l’accertamento della medesima in favore dei fondi dominanti di loro proprietà.

Il motivo è infondato sotto entrambi i profili. Il giudice d’appello ha interpretato la domanda riconvenzionale dei convenuti di servitù di passaggio quale passaggio pedonale e veicolare (circa il potere del giudice di merito di interpretare la domanda cfr. da ultimo, Cass. 118/2016) e d’altro canto (cfr. il controricorso, p. 7) nella comparsa di risposta di primo grado si era già specificato che “l’area medesima è sempre stata utilizzata da entrambe le proprietà come passaggio pedonale e veicolare”; la domanda riconvenzionale, poi, è stata interpretata dal giudice d’appello quale servitù prediale e non personale e tale interpretazione era stata già formulata dal giudice di primo grado (che aveva rigettato la domanda per difetto del requisito dell’apparenza) e non risulta che la statuizione sia stata oggetto di censure in appello.

c) Il terzo motivo lamenta “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 1061e 1158 c.c., in relazione anche a quanto stabilito dall’art. 2697 c.c. e dagli artt. 116 e 115 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove in atti e alla disponibilità delle prove, con violazione di quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità del procedimento per non avere nel prudente apprezzamento delle prove neppure richiamato le prove fornite dai sig.ri G.”: il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere la sussistenza di opere apparenti, giacchè non avrebbe, in particolare, considerato quanto risultava dallo stato dei luoghi e da quanto affermato da due testimoni.

Il motivo è inammissibile. Esso, che pur invoca la violazione e falsa applicazione di norme, si sostanzia nella contestazione della ricostruzione del quadro probatorio posta in essere dal giudice d’appello, ricostruzione che ha portato il giudice a ritenere sussistenti i requisiti della visibilità, permanenza e specifica destinazione delle opere utilizzate per il passaggio e che, adeguatamente motivata (cfr. pp. 7-9 della sentenza impugnata), è incensurabile da parte di questa Corte di legittimità (per una recente affermazione del principio cfr. Cass. 6133/2018, supra richiamata).

d) Il quarto e ultimo motivo denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1158 c.c., in relazione anche a quanto stabilito dall’art. 2697 c.c. e dagli artt. 116 e 115 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove in atti e alla disponibilità delle prove, con violazione di quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per vizio del procedimento per non avere nel prudente apprezzamento delle prove neppure richiamato le prove fornite dai sig.ri G.”: la Corte d’appello avrebbe dato per acquisito il possesso ultra ventennale, diversamente dalle risultanze del giudizio.

Il motivo è inammissibile. Esso, che pur invoca la violazione e falsa applicazione di norme, chiede a questa Corte una inammissibile rivalutazione di dichiarazioni testimoniali, dichiarazioni testimoniali che neppure vengono specificamente trascritte, limitandosi i ricorrenti ad indicare i capitoli di prova.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 23 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019

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