LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12884-2017 R.G. proposto da:
P.F., c.f. ***** elettivamente domiciliata in Roma, alla via Tevere, n. 46/A, presso lo studio dell’avvocato Francesco Pala che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
PREFETTURA di ROMA – Ufficio Territoriale del Governo di Roma, – c.f.
***** – in persona del Prefetto pro tempore.
– intimato –
avverso la sentenza n. 21900/2016 del tribunale di Roma, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso al giudice di pace di Roma depositato in data 18.3.2011 P.F. proponeva opposizione avverso l’ordinanza – ingiunzione n. *****, con cui il Prefetto di Roma aveva respinto il ricorso amministrativo esperito avverso il verbale n. ***** di accertamento di violazione amministrativa.
Resisteva la Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma.
Con sentenza n. 49918/2013 il giudice adito accoglieva l’opposizione, annullava l’ordinanza – ingiunzione e nulla statuiva in ordine alle spese di lite. Proponeva appello P.F..
Veniva dichiarata contumace la Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma.
Con sentenza n. 21900/2016 il tribunale di Roma dichiarava inammissibile l’appello, siccome tardivamente proposto, e disponeva che nulla era da statuire in ordine alle spese del grado.
Evidenziava – tra l’altro – il tribunale che la gravata decisione era stata depositata in data 4.2.2013 e l’appello era stato spedito per la notifica in data 4.6.2015, ben oltre il termine “lungo”.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso P.F.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.
La Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma non ha svolto difese.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, e art. 24 Cost..
Deduce che in data 4.2.2013 è stata depositata unicamente la minuta della sentenza n. 49918/2013, la cui motivazione viceversa è stata pubblicata telematicamente in data 6.2.2015.
Deduce inoltre che ha errato il tribunale a respingere l’istanza di rimessione in termini; che invero ha dimostrato, alla stregua del certificato storico del fascicolo n. 37657/2011 allegato all’istanza di rimessione, che la decadenza è stata determinata da causa ad ella non imputabile.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 132 c.p.c., e degli artt. 24 e 111 Cost., comma 5.
Deduce, subordinatamente all’accoglimento del primo motivo, che ha errato il giudice di pace, nonostante la soccombenza della Prefettura di Roma, a non disporre la condanna della stessa Prefettura alle spese di primo grado.
Il primo motivo è destituito di fondamento.
Si evidenzia, per un verso, che il primo mezzo è generico, giacchè l’assunto della ricorrente circa la tempestività della sua impugnazione è affidato sic et simpliciter alla prospettazione per cui “solo a far data dal 6.02.2015, la sentenza de qua veniva pubblicata” (così ricorso, pag. 4).
Si evidenzia, per altro verso, che il primo mezzo non si correla in forma puntuale alla ratio decidendi, giacchè non reca censura dell’ulteriore affermazione del giudice a quo, ancorata all’insegnamento n. 18569 del 22.9.2016 delle sezioni unite di questa Corte (secondo cui, tra l’altro, qualora il deposito e la pubblicazione della sentenza non coincidano e tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare – merce istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo), a tenor della quale il dies a quo del termine “lungo” coincideva, al più tardi, con il 31.12.2013, cosicchè l’appello, in quanto spedito per la notifica il 4.6.2015, era stato in ogni caso proposto tardivamente.
Sotto altro profilo si evidenzia che la rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, (ovvero, in precedenza, dal cit. codice, art. 184 bis), deve essere domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto (cfr. Cass. 26.3.2012, n. 4841; Cass. 11.11.2011, n. 23561).
Ebbene la rimessione in termini non è stata dalla ricorrente domandata tempestivamente.
Difatti è la medesima P. che riferisce che la sentenza di prime cure è stata pubblicata telematicamente in data 6.2.2015, epoca in cui ebbe ad acquisire contezza della “mancata condanna alle spese, avverso la cui mancata concessione si proponeva appello” (così ricorso, pag. 4). E tuttavia l’appello – con il quale ebbe a richiedere la rimessione in termini – è stato spedito per la notifica soltanto in data 4.6.2015.
L’infondatezza del primo motivo di ricorso importa ex se la reiezione del secondo motivo, formulato subordinatamente all’accoglimento del primo.
Del resto con il secondo mezzo P.F. si duole e censura la compensazione delle spese del primo giudizio disposta dal giudice di pace.
Il secondo mezzo di impugnazione quindi non attinge il secondo dictum.
La Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, P.F., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019