Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.11970 del 07/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14996 – 2017 R.G. proposto da:

N.R. – c.f. ***** – S.S.M. – c.f. *****

– elettivamente domiciliati in Roma, alla via Lutezia, n. 8, presso lo studio dell’avvocato Francesco Rosi e dell’avvocato Vito De Vito che congiuntamente e disgiuntamente li rappresentano e difendono in virtù di procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

D.A.T. – c.f. ***** – R.M. – c.f.

R. – elettivamente domiciliati in Roma, alla via di Monserrato n. 25, presso lo studio dell’avvocato Riccardo Delli Santi che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Daniela Viva li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di Cassazione n. 7937 dei 24.1/28.3.2017, udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO Con sentenza n. 7937 dei 24.1/28.3.2017 questa Corte di legittimità accoglieva il primo motivo – assorbiti gli altri – del ricorso proposto da D.A.T. e da R.M. nei confronti di N.R. e di S.S.M. avverso la sentenza n. 389 del 2012 della corte d’appello di Milano, così cassando tale ultima statuizione.

Più esattamente questa Corte, in ordine al primo motivo di ricorso – con cui D.A.T. e R.M. avevano addotto l’inesistenza della notificazione a mezzo posta dell’atto di citazione d’appello in dipendenza dell’omessa allegazione, pur in copia, dell’avviso di ricevimento – dava atto che l’avviso di ricevimento del plico contenente l’atto di appello, del cui deposito l’esame della documentazione dava riscontro, non recava la firma del soggetto cui il plico era stato consegnato.

Con ricorso notificato il 27.5.2017 N.R. e S.S.M. hanno proposto ricorso per la revocazione della sentenza n. 7937 del 2017 di questa Corte di legittimità.

Deducono che questa Corte “è incorsa nella “svista” di ritenere che la cartolina prodotta, per la prima volta innanzi a codesta Corte dai ricorrenti R. e D.A., fosse la stessa visionata dalla Corte d’Appello” (così ricorso per revocazione, pag. 6); che la corte d’appello di Milano aveva invece visionato un duplicato delle cartoline allegate al plico notificato.

Deducono dunque che si configura l’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, previsione, quest’ultima, richiamata dall’art. 391 bis c.p.c..

D.A.T. e R.M. hanno depositato controricorso; hanno chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il ricorso è inammissibile.

Invero questa Corte spiega che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocabilità delle sentenze, comprese quelle della Corte di Cassazione, non può riguardare l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali (cfr. Cass. 23.11.1999, n. 12983), cioè non è tale se frutto di valutazione o di giudizio (cfr. Cass. 3.4.1999, n. 3289).

E spiega altresì che l’errore di fatto che può dare luogo alla revocazione di una sentenza, deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche (cfr. Cass. sez. un. 10.8.2000, n. 561).

E spiega ancora – ribadito che il rimedio straordinario della revocazione è concesso non contro errori di criterio nell’estimazione del fatto, bensì contro l’errore di fatto propriamente detto – che, nel caso in cui il giudice ha giudicato non perchè non conoscesse i fatti o i documenti, ma in quanto ha ritenuto che la notificazione di un provvedimento esibito in giudizio costituisse la notificazione del provvedimento impugnato, egli non ignorava i documenti, ma li ha erroneamente interpretati, confondendoli tra loro ed incorrendo, quindi, in un tipico errore di interpretazione del fatto che deve essere oggetto di ricorso per cassazione (art. 360 c.p.c., n. 5) (cfr. Cass. sez. un. 3.2.1998, n. 1094).

Su tale scorta è da ritenere che le circostanze addotte dai ricorrenti non sono atte ad integrare gli estremi dell’errore di fatto rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 391 bis e 395 c.p.c., n. 4.

In particolare, allorchè adducono che con la impugnata sentenza n. 7937 del 2017 questa Corte “ha ritenuto che la cartolina di ritorno, prodotta dai ricorrenti del precedente ricorso n. 11165/2012, fosse quella esaminata dalla Corte d’Appello di Milano, della cui produzione era stato dato atto a verbale” (così ricorso, pagg. 2 – 3), prospettano un errore di interpretazione o di valutazione, privo, per giunta, dei caratteri dell’assoluta evidenza.

Del resto sono gli stessi ricorrenti che parlano “in definitiva (di) errore di valutazione” (così ricorso, pag. 4), che adducono che “si è trattato (…) di un errore di fraintendimento del contenuto di quel documento” (così ricorso, pag. 3). Al contempo le articolate argomentazioni di cui in memoria danno univocamente il segno del difetto del carattere dell’assoluta evidenza.

In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, 1 comma bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna in solido i ricorrenti, N.R. e S.S.M., a rimborsare ai controricorrenti, D.A.T. e R.M., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,1 comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019

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