LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9095-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
R.E.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 58 3/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di POTENZA, depositata il 28/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione tributaria provinciale di Matera, con sentenza 278/15, sez. 2, accoglieva il ricorso proposto da R.E. avverso il diniego di definizione di lite pendente n. ***** del ***** sostenendo che nel caso di specie la cartella di pagamento, non preceduta da altro atto autonomamente impugnabile, aveva natura impositiva ed era quindi definibile L. n. 289 del 2002, ex art. 16.
Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello, innanzi alla CTR Basilicata.
Il giudice di seconde cure, con sentenza 669/3/2017, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.
Il contribuente non ha resistito con controricorso.
La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto applicabile alla fattispecie la definizione agevolata della lite pendente L. n. 289 del 2002, ex art. 16.
Sostiene a tale proposito che la cartella esattoriale, emessa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, che aveva generato la controversia di cui si chiedeva la definizione agevolata, non aveva natura impositiva ma puramente riscossiva -liquidatoria in quanto emessa per il recupero di un credito per un precedente periodo d’imposta 2003) in cui la dichiarazione era stata omessa.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di condono fiscale, la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16,consentendo la definizione agevolata delle sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella, emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis e del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, con cui l’Amministrazione finanziaria richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni, poichè tale atto non ha natura impositiva, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione” (ex plurimis Cass. 28064/18 Cass. Cass. n. 1571 del 28/01/2015, Cass. 14333/18, Cass. ordinanze n. 14344/2017 e n. 1410/2017; Cass., n. 7536/ 2016, n. 7279/2017; conf. Cass., Sez. 5, nn. 548, 9545, 5977, 8137 e 2620 del 2016 nonchè n. 9545 del 2011).
Nel caso di specie, al di là delle contestazioni sulla pretesa tributaria spiegate dalla contribuente nel giudizio avverso la cartella, è pacifico che la cartella scaturisse da un controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, con cui si era disconosciuto il credito d’imposta addotto dalla ricorrente in quanto il sistema aveva riscontrato che era stata omessa la presentazione per l’anno d’imposta 2003,per cui le eccedenze da precedente dichiarazione spettanti erano quelle dell’anno 2002 anzichè quelle maggiori richieste relative all’anno d’imposta 2004.
In siffatta ipotesi questa Corte ha già avuto occasione di riconoscere che allorquando il credito portato in detrazione non risulti dalla dichiarazione annuale, sia perchè diverso sia, più radicalmente, perchè la stessa non è stata presentata, è pienamente legittimo il ricorso alla procedura automatizzata (Cass. 22 aprile 2009, n. 9564, e Cass. 4 maggio 2010, n. 10674 cfr. implicitamente anche Cass., 16 ottobre 2012, n. 17754).
In tale fattispecie le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, ben potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d’indagine diversi da mero raffronto con dati ed elementi in possesso dell’anagrafe tributaria “(Cass. sez un 17758/16).
In conclusione, dovendosi ritenere la natura liquidatoria e non impositiva della cartella, risulta giustificato il diniego di definizione della lite pendente da parte dell’ufficio.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, va cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va rigettato l’originario ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio in ragione dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali esistenti al momento introduttivo della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Dichiara compensate le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio, il 27 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019