LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26736-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.R.R., M.M.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1370/24/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il 07/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI MAURO.
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Lecce. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di C.R.R. avverso un avviso di accertamento per estimi catastali, relativo all’anno 2012.
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la CTR avrebbe erroneamente omesso di disporre la sospensione per pregiudizialità del processo, stante la pendenza di un giudizio avanti il Consiglio di Stato, riguardante la revisione di classamento di unità immobiliari nelle microzone 1 e 2 di Lecce;
che, mediante il secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: diversamente dalla valutazione della CTR, l’avviso di accertamento non sarebbe stato carente di motivazione, avendo richiamato il provvedimento di attivazione del procedimento revisionale, nonchè le ragioni poste a fondamento del riclassamento effettuato;
che, col terzo rilievo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nonchè del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe mancato di considerare che la norma in questione sarebbe stata volta a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali all’interno di uno stesso Comune e dunque avrebbe consentito una revisione massiva dei classamenti degli immobili di proprietà. Da ciò la conclusione che il confronto avrebbe avuto senso solo fra microzone di uno stesso territorio comunale;
che l’intimato non si è costituito;
che il primo motivo è infondato;
che, infatti, la sentenza impugnata è stata pubblicata il 7 aprile 2017, allorquando, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015, non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Sez. 6-5, n. 29553 del 11/12/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che il vizio denunciato non censura l’art. 337 c.p.c., comma 2, resta il fatto che tale articolo non obbliga il giudice a procedere alla sospensione; che l’art. 39 comma 1 bis – aggiunto dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. o), a decorrere dal 1 gennaio 2016 – (“La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”) non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato; che anche il secondo ed il terzo motivo – che possono essere trattati unitariamente, in ragione della connessione logica – non sono fondati;
che il procedimento di “revisione parziale del classamento” di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica;
che, di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (Sez. 5, n. 22900 del 29/09/2017; Sez. 65, n. 3156 del 17/02/2015);
che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo così la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione;
che questo Collegio ritiene di non dare seguito all’orientamento espresso nella sentenza Sez. 5, n. 21176 del 19 ottobre 2016 circa la motivazione degli atti di classamento, trattandosi di precedente rimasto isolato;
che la CTR ha in definitiva applicato correttamente i principi di diritto;
che al rigetto del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in mancanza di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019