Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.12147 del 08/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 22336 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

Fallimento ***** s.r.l., in persona del curatore fallimentare F.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.to Alberto Corti, domiciliato presso la cancelleria della Corte;

– controricorrente –

Nonchè

J.A.S. JET AIR SERVICE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dagli avv.ti Enrico Righetti e Lucio Ravera, domiciliata presso la cancelleria della Corte;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 716/09/2017, depositata il 23 febbraio 2017, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2019 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di Nocera Maria Giulia.

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 716/09/2017, depositata il 23 febbraio 2017, e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, (hinc: “CTR”), rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di ***** s.r.l., in liquidazione, e di J.A.S. JET AIR SERVICE s.p.a., avverso la sentenza n. 4665/2015 della Commissione tributaria provinciale di Milano (hinc: “CTP”) che aveva accolto il ricorso delle suddette società avverso l’avviso di rettifica n. ***** – e il corrispondente atto di contestazione di sanzioni – con il quale l’Ufficio delle dogane di Milano aveva rettificato il valore doganale di prodotti di cartoleria – riproducenti loghi di noti marchi registrati – importati, nel 2012, dal ***** s.r.l. da fabbricanti extracomunitari (cinesi), includendovi, ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. c) del Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 e dell’art. 157, paragrafo 2, del Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454, i diritti di licenza che il ***** s.r.l. corrispondeva ai licenzianti, titolari dei marchi;

– in punto di diritto, la CTR osservava che la normativa Europea – come già evidenziato dal giudice di primo grado – non sancisce l’obbligo di inclusione dei diritti di licenza nel valore in dogana imponibile tenuto conto che le royalties attengono ad un rapporto economico tra privati che non può incidere negativamente sulla importazione di merci nè tantomeno l’avvenuto pagamento di eventuali diritti di licenza può essere eccepito dall’Ufficio in sede di calcolo dei diritti doganali da versare a favore dell’Erario;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui resistono, con rispettivi controricorsi, il Fallimento ***** s.r.l e J.A.S. JET AIR SERVICE s.p.a.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 29 e 32 del Reg. CEE n. 2913 del 1992 (CDC) e degli artt. 143, 157, 159, 160 e 162 del Reg. CEE 2454 del 1993 (DAC), nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contestuale violazione degli artt. 115 e 166 c.p.c., per avere la CTR erroneamente escluso, in linea di principio, che i diritti di licenza possano concorrere a determinare il valore doganale imponibile, ancorchè, in base al combinato disposto degli artt. 157, par. 2, e 160 DAC, il diritto di licenza si addiziona al prezzo pagato se costituisce una “condizione di vendita delle merci” e le condizioni di cui all’art. 157, par. 2, si considerano soddisfatte se “il venditore o persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento” ovvero sostanzialmente allorquando il licenziante controlla il produttore/venditore, alla luce dei fatti-indice del detto legame – da valutarsi in concreto da parte del giudice di merito – di cui al Commento 11 del Comitato del Codice doganale – sezione del valore in Dogana (documento TAXUD/800/2002, nella versione italiana del 2007);

– il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;

– va premesso che la nozione coinvolta è quella del valore in dogana delle merci importate, che, di regola, è il valore di transazione, ossia il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione, fatte salve le rettifiche da effettuare conformemente all’art. 32 di tale codice (Corte giust. 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., causa C-116/12, punti 38, 44 e 50, nonchè 21 gennaio 2016, Stretinskis, causa C-430/14, punto 15). Esso deve comunque riflettere il valore economico reale della merce importata e, quindi, considerarne tutti i fattori economicamente rilevanti (in termini, da ultimo, Corte giust. 20 dicembre 2017, causa C-529/16, Hamamatsu). Anche i diritti di licenza, allora, sono destinati ad incidere sulla determinazione del valore doganale qualora i corrispondenti beni immateriali siano incorporati nella merce, così esprimendone o contribuendo ad esprimerne il valore economico. Sicchè, qualora il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate non ne includa – come nella specie – il relativo importo, l’art. 32 del codice doganale comunitario (reg. n. 2913/92) stabilisce che al prezzo si addizionano “…c) i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare…”;

– il regolamento n. 2454/93, contenente disposizioni di attuazione del codice doganale comunitario, specifica questa regola. In generale, esso stabilisce che “…quando si determina il valore in dogana di merci importate in conformità delle disposizioni dell’art. 29 del codice (doganale) si deve aggiungere un corrispettivo o un diritto di licenza al prezzo effettivamente pagato o pagabile soltanto se tale pagamento: – si riferisce alle merci oggetto della valutazione, e – costituisce una condizione di vendita delle merci in causa” (art. 157, paragrafo 2). Occorre dunque che ricorrano tre condizioni cumulative:

– in primo luogo, che i corrispettivi o i diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;

– in secondo luogo, che essi si riferiscano alle merci da valutare;

– e in terzo luogo, che l’acquirente sia tenuto a versare tali corrispettivi o diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare. In particolare, con riguardo al caso in cui il diritto di licenza si riferisca a un marchio di fabbrica, ossia al diritto d’importare e di commercializzare prodotti riportanti marchi commerciali, il regolamento di attuazione specifica che il relativo importo si aggiunge al prezzo effettivamente pagato o da pagare “soltanto se: – il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione, – le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza, e l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore (art. 159). Sempre in particolare, per il caso in cui l’acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, il regolamento prescrive che “…le condizioni previste dall’art. 157, paragrafo 2 si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento” (art. 160). La disciplina generale fissata dal paragrafo 2 dell’art. 157, dunque, trova specificazione in quelle particolari, rispettivamente concernenti il caso in cui il diritto di licenza riguardi un marchio di fabbrica e quello in cui il corrispettivo del diritto debba essere versato ad un terzo. E le particolarità finiscono col contrassegnare, più di ogni altra, l’identificazione delle “condizioni di vendita delle merci in causa”, che devono rispondere ai presupposti rispettivamente richiesti – dinanzi richiamati – dagli artt. 159 e 160, in relazione alle ipotesi da essi contemplate;

– quanto alla configurabilità del versamento dei diritti di licenza come condizione di vendita della merce nè l’art. 32, paragrafo 1, lett. c), del codice doganale nè l’art. 157, paragrafo 2, del regolamento n. 2454/93 precisano cosa si debba intendere per “condizione di vendita” delle merci da valutare. A riempire la lacuna soccorre l’interpretazione che della disciplina ha fornito la Corte di giustizia con la sentenza 9 marzo 2017, causa C-173/15, GE Healthcare GmbH c. Hauptzollamt Diisseldorf;

– nella detta sentenza, la Corte di giustizia, ha stabilito, facendo leva sul punto 12 del commento n. 3 del comitato del codice doganale (sezione del valore in dogana) relativo all’incidenza dei corrispettivi e dei diritti di licenza sul valore in dogana, che l’identificazione della condizione di vendita si traduce nella verifica se il venditore sia disposto, o no, a vendere le merci senza che sia pagato il corrispettivo del diritto di licenza. In generale, dunque, il pagamento in questione è una “condizione di vendita” delle merci da valutare qualora, nell’ambito dei rapporti contrattuali tra il venditore – o la persona ad esso legata – e l’acquirente, l’assolvimento del corrispettivo del diritto di licenza rivesta un’importanza tale per il venditore che, in difetto, quest’ultimo non sarebbe disposto a vendere;

– occorre cioè, come ha chiarito la Corte di giustizia (in causa C173/15, punto 68), “verificare se la persona legata al venditore eserciti un controllo, sul medesimo o sull’acquirente, tale da poter garantire che l’importazione delle merci, assoggettate al suo diritto di licenza, sia subordinata al versamento, a suo favore, del corrispettivo o del diritto di licenza ad esse afferente”;

– sul punto, l’allegato 23 delle DAC – Note interpretative in materia di valore in dogana all’art. 143, paragrafo 1, lett. e) (a norma del quale due o più persone sono considerate legate se l’una controlla direttamente o indirettamente l’altra), stabilisce che “si considera che una persona ne controlli un’altra quando la prima sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sulla seconda”. Il controllo è dunque inteso in un’accezione ampia: da un lato, sul piano della fattispecie, perchè è assunto per la sua rilevanza anche di fatto, dall’altro, su quello degli effetti, perchè ci si contenta dell’effetto di “orientamento” del soggetto controllato. Quest’accezione ampia e necessariamente casistica, d’altronde, ben si coordina con la nozione economica del valore doganale, la quale si traduce nel rilievo, anch’esso di fatto, degli elementi che definiscono il valore economico del bene;

– utili indicatori possono essere tratti dall’esemplificazione presente nel Commento n. 11 del Comitato del codice doganale (Sezione del valore in dogana) contenuto nel documento TAXUD/800/2002, nella versione italiana del 2007, sull’applicazione dell’art. 32, paragrafo 1, lett. c), del codice doganale (ormai parte dell’acquis communautaire, ossia del diritto materiale dell’Unione, con valore di soft law): queste indicazioni, ha precisato la Corte di giustizia in causa C-173/15, punto 45, “sebbene non giuridicamente cogenti, costituiscono tuttavia strumenti importanti per garantire un’uniforme applicazione del codice doganale da parte delle autorità doganali degli Stati membri e possono, quindi, essere di per sè considerate strumenti validi per l’interpretazione di detto codice”. Ebbene, il documento in questione annovera, tra gli elementi utili per determinare la presenza di un controllo, tra gli altri, i seguenti: – il licenziante sceglie il produttore e lo impone all’acquirente; – il licenziante esercita, direttamente o indirettamente, un controllo di fatto sulla produzione (per quanto attiene ai centri di produzione e/o ai metodi di produzione); – il licenziante esercita, direttamente o indirettamente, un controllo di fatto sulla logistica e sulla consegna delle merci all’acquirente; – il licenziante decide a chi il produttore può vendere le merci o impone delle restrizioni per quanto concerne i potenziali acquirenti; – il licenziante fissa le condizioni del prezzo al quale il produttore/venditore vende le proprie merci o il prezzo al quale l’importatore/l’acquirente rivende le merci; – il licenziante sceglie i metodi di produzione da utilizzare/fornisce dei modelli ecc. – il licenziante sceglie/limita i fornitori dei materiali/componenti; – il licenziante limita le quantità che il produttore può produrre; il licenziante non autorizza l’acquirente a comprare direttamente dal produttore, ma attraverso il titolare del marchio (licenziante) che potrebbe agire anche come agente di acquisto dell’importatore; – il produttore non è autorizzato a produrre prodotti concorrenti (privi di licenza) in assenza del consenso del licenziante; – le merci fabbricate sono specifiche del licenziante (cioè nella loro concezione/nel loro design e con riguardo al marchio di fabbrica); – le caratteristiche delle merci e la tecnologia utilizzata sono definite dal licenziante;

– in materia, questa Corte (nn. 8473 del 2018; 25438 del 2018;25437 del 2018; 24996 del 2018) ha affermato il condivisibile principio di diritto: “In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell’art. 32 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza”;

– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, avendo affermato che la normativa Europea non sancisce l’obbligo di inclusione dei diritti di licenza nel valore doganale imponibile, attenendo le royalties ad un rapporto economico tra privati che non può incidere sulla possibilità di importazione delle merci e non potendo l’Ufficio eccepire l’avvenuto pagamento o meno dei diritti di licenza in sede di calcolo dei diritti doganali, senza fare applicazione delle norme sopra richiamate (artt. 29 e 32 CDC e 158, par. 2 e 160 DAC) come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia;

– in conclusione, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, per un riesame della vicenda alla luce dei suddetti principi.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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