Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.12164 del 08/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26341-2013 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;

– ricorrente –

contro

C.R., C.G., C.A., C.V., tutti quali eredi di C.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO GHERA, rappresentati e difesi dall’avvocato DOMENICO GAROFALO;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2768/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 29/08/2013 R.G.N. 1708/2008;

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 2768 del 2013, ha accolto in parte (con decorrenza dal primo gennaio 2004) l’impugnazione proposta da C.A., nella qualità di amministratrice di sostegno di C.S., avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto con decorrenza solo dal primo maggio 2006 la domanda di riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento chiesta da C.S. in via amministrativa in data 9 dicembre 2002;

la sentenza ha dato atto che nel corso del giudizio era intervenuto il decesso di C.S. e gli eredi avevano proseguito il medesimo giudizio;

ad avviso della Corte territoriale, posto che i chiarimenti sollecitati in appello al c.t.u. di primo grado avevano consigliato il rinnovo della c.t.u. e che anche tale consulenza si era rivelata insufficiente come dimostrato dalla specifica ed analitica disamina della documentazione sanitaria acquisita e relativa alla gravità della demenza senile ed alla cecità quasi assoluta certificate sin dal gennaio 2004, il beneficio doveva essere riconosciuto da tale data;

avverso tale sentenza ricorre l’INPS con un motivo;

resistono con controricorso C.R., C.G., C.V. ed C.A. quali eredi di C.S..

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps deduce violazione e o falsa applicazione degli artt. 75,83,84,110 e 300 c.p.c., art. 1722 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4), e quindi la nullità della sentenza impugnata; in particolare evidenzia che C.S. era deceduto il ***** mentre l’appello proposto dalla figlia C.A., nella qualità di amministratrice di sostegno, era stato depositato l’8 maggio 2008 per cui tale appello era nullo e proposto da difensore privo di procura efficace;

i controricorrenti hanno affermato senza essere smentiti, tra l’altro, che C.A., n. q. di amministratrice di sostegno del padre poi deceduto, aveva conferito il mandato all’avvocato Marcantonio Colonna sia per il primo che per il secondo grado di giudizio;

la questione sollevata dal motivo di ricorso va, dunque, risolta in continuità con i numerosi precedenti espressi dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità;

le SS.UU. di questa Corte di cassazione con la sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014, confermata con svariate pronunce successive (tra le altre: Cass. n. 19533 del 2014; n. 23141 del 2014; n. 710 del 2016; n. 15762 del 2016; n. 20840 del 2018) si sono pronunciate in ordine agli effetti della morte della parte nel corso del giudizio senza che vi sia stata dichiarazione dell’evento, affermando il principio secondo il quale in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300 c.p.c., comma 4;

applicando tale principio alla presente fattispecie, deve darsi atto che in forza dell’ultrattività della procura rilasciata nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado da C.A. n. q. all’avvocato M. Colonna, senza che l’Inps abbia rilevato che tale procura fosse limitata al primo grado del giudizio, il procedimento d’appello è stato ritualmente instaurato ed in difetto di dichiarazione di decesso della parte rappresentata – sino al momento successivo della costituzione degli eredi da parte del procuratore avvocato M. Colonna, già costituitosi per l’appellante, la sentenza è stata ritualmente pronunciata;

il ricorso va, dunque, rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore dei ricorrenti;

sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, primo periodo, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei contro ricorrenti, che liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi; spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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