Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.12176 del 08/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10826/2018 proposto da:

G.A.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Froldi, con procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1336/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 28/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/02/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c..

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale di Ancona respinse l’istanza di G.A.A. di riconoscimento della protezione internazionale ritenendo l’impossibilità di ravvisare nel racconto del ricorrente elementi suscettibili di costituire valido presupposto per la tutela richiesta, basata solo su motivi di carattere personale, trattandosi di un fuggitivo dal Ghana ove era stato condannato per omicidio colposo.

Con ordinanza emessa il 17.6.16 2 il Tribunale di Ancona rigettò il ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale, confermandone la motivazione.

Il G. propose appello che la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 28.8.17, rigettò, osservando che: come premesso dalla Commissione e dal Tribunale, il ricorrente doveva scontare in Ghana una condanna per omicidio colposo, in un Paese democratico caratterizzato da una crescente qualità della vita e da uno sviluppo economico sostenuto; i presupposti del riconoscimento della protezione sussidiaria erano esclusi dalla stessa narrazione dell’istante, che riguardava una mera vicenda personale di condanna detentiva; non vi era alcun conflitto interno in Ghana; non ricorrevano seri motivi, di carattere umanitario o risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, per il riconoscimento del permesso umanitario.

Il G. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.

Si è costituito il Ministero dell’Interno, con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto la Corte d’appello aveva omesso di verificare la veridicità dei fatti esposti dal ricorrente, non attivando i poteri istruttori ufficiosi. Al riguardo, il ricorrente si duole del fatto che, anche se è stata disposta l’udienza, non era stato sentito e non erano state considerate nè le dichiarazioni da lui rese di fronte alla Commissione territoriale, nè gli elementi dedotti in ricorso, mentre la Corte di merito avrebbe dovuto attivarsi d’ufficio per reperire i documenti relativi ad eventuali lacune o contraddizioni che avesse ravvisato, in ottemperanza all’obbligo di cooperazione istruttoria.

Il ricorso è inammissibile perchè tardivo.

Il ricorrente ha impugnato la sentenza depositata il 28.8.17 (e non il 28.8.18, come erroneamente rilevato nel ricorso), con notifica a mezzo pec del 21.3.2018, oltre il termine lungo di sei mesi, ex art. 327 c.p.c.. Invero, premesso che non è stata allegata e documentata la notificazione della sentenza d’appello, quest’ultima è stata pubblicata prima dell’entrata in vigore della L. n. 46 del 2017, che ha modificato il sistema delle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, tra l’altro, sopprimendo l’appello, fissando termini per il ricorso per cassazione e disponendo che non opera la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale; tale sistema, in forza della disposizione transitoria di cui art. 21 comma 1, si applica alle controversie instaurate dopo della sua entrata in vigore (18.8.2017), per cui, per quelle instaurate prima, continua ad applicarsi l’intera disciplina pregressa e, dunque, ad operare la sospensione dei termini durante il periodo feriale.

Ne consegue che, nella fattispecie, il termine semestrale per l’impugnazione, previsto dall’art. 327 c.p.c., andava a scadere l’1.3.2018, conteggiando il periodo di sospensione di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, il quale, a tenore del D.L. n. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, conv. con mod. in L. 10 novembre 2014, n. 162, è diventato di trentuno giorni (cioè dal 1 al 31 agosto di ogni anno).

Ora, rilevato che la sentenza impugnata fu depositata il 28.8.17, il termine per proporre il ricorso iniziò a decorrere dall’1.9.2017 ed è, dunque, scaduto l’1.3.2018, sicchè la notifica del 21.3.2018 è stata tardiva con la conseguente inammissibilità del ricorso.

Il ricorso è altresì inammissibile anche perchè fondato su una critica di violazione di legge alquanto generica, non esplicitando i motivi della doglianza. Al riguardo, il ricorrente si è limitato a censurare la sentenza impugnata per il mancato espletamento dei poteri istruttori d’ufficio, senza però indicare le specifiche critiche mosse alla decisione della Corte d’appello, non evidenziando dunque quale avrebbe dovuto essere l’oggetto dei suddetti accertamenti ufficiosi.

Le spese seguono la soccombenza. Data l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio, non occorre dare atto dei presupposti del pagamento dell’ulteriore importo del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 2100,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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