Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.12179 del 08/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8371/2018 proposto da:

B.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Cognini Paolo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1329/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 25/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/02/2019 dal Consigliere Dott. FIDANZIA ANDREA;

udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE IGNAZIO, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Ancona, in parziale accoglimento dell’appello proposto da B.S. avverso l’ordinanza del 23.06.2016 con cui il Tribunale di Ancona aveva disposto il respingimento del cittadino straniero verso il Senegal, ha riformato parzialmente tale ordinanza nella parte in cui si “dispone che il ricorrente verrà respinto verso il Senegal”, confermando, per il resto, l’ordinanza impugnata.

La Corte d’Appello, dopo aver evidenziato che il provvedimento di respingimento del ricorrente verso il Senegal si poneva in contrasto con le norme di legge, riteneva che, nel caso di specie, difettassero comunque i presupposti per il riconoscimento delle situazione soggettive invocate dall’appellante, essendo le dichiarazioni di quest’ultimo caratterizzate da estrema genericità e scarsamente credibili, elementi che non consentivano di valutare la loro coerenza e plausibilità al cospetto delle condizioni generali del paese di origine.

In particolare, non era sussistente o comunque non adeguatamente provato il pericolo del ricorrente di essere esposto a gravi danni in caso di ritorno nel paese d’origine e non era comunque meritevole del permesso per motivi umanitari, non rientrando nelle categorie soggettive in relazione alle quali siano ravvisabili lesioni di diritti umani di particolare entità.

Ha proposto ricorso per cassazione B.S. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata ha pronunciato oltre i limiti del devoluto ed in violazione dell’obbligo di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Sostiene il ricorrente che non sono stati impugnati i capi e i punti della ordinanza in cui il giudice di primo grado aveva ritenuto fondata l’esigenza di protezione, ma solo la scelta di disporre la protezione dello stesso in Senegal, ordinandone il respingimento verso quel paese.

La Corte di merito ha provveduto ad una nuova valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, non considerando che tale questione non poteva essere oggetto di rideterminazione, pena la violazione dei limiti del devoluto.

2. Il motivo è fondato e va pertanto accolto.

Va osservato che da un esame dell’ordinanza di primo grado – attività consentita a questa Corte essendo stato dedotto un error in procedendo, per il cui esame la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto emerge che il Tribunale di Ancona ha ritenuto che, ove il ricorrente facesse ritorno in Gambia, sarebbe sottoposto a “pene degradanti senza verosimilmente un processo”, anche sul rilievo che le accuse formulate nei suoi confronti appaiono avere un qualche fondamento. Sulla base di tali rilievi, il giudice di primo grado ha ritenuto di disporre il respingimento del ricorrente verso un paese terzo “sicuro”.

E’ quindi evidente che il Tribunale di Ancona ha implicitamente ritenuto sussistere in capo al ricorrente il concreto rischio di danni gravi – a norma dell’art. 14, comma, lett. b) – derivanti dalla sottoposizione dello stesso, in caso di ritorno in Gambia, ad un trattamento carcerario inumano e degradante. Tuttavia, non ha ingiustificatamente ritenuto di concedere la protezione sussidiaria, decidendo di respingerlo verso un paese terzo “sicuro”, e ciò allo scopo di proteggerlo comunque dal pericolo sopra menzionato.

Non avendo la valutazione effettuata dal giudice di primo grado (in ordine al rischi del ricorrente in caso di ritorno in Gambia) formato oggetto di un capo autonomo, ma soltanto di un punto della decisione, la pronuncia non può ritenersi certo idonea a determinare la formazione di un giudicato interno su tale questione. Tuttavia, questa Corte ha già affermato che ove la statuizione su un punto della decisione non sia stata oggetto di censura con l’appello, resta precluso al giudice dell’impugnazione pronunciarsi sullo stesso punto per non incorrere nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (vedi sez. 1, n. 6304 del 19/03/2014, Rv. 630579).

La Corte d’Appello ha violato il limite del devoluto, avendo il ricorrente nei motivi di gravame censurato non le argomentazioni svolte dal Tribunale con riferimento al rischio dello stesso, in caso di ritorno in Gambia, di essere sottoposto in carcere ad un trattamento inumano e degradante (che ovviamente non poteva che condividere) – su cui il giudice di secondo grado non poteva più pronunciarsi – ma soltanto la illegittimità della decisione conseguente di disporre il respingimento verso il Senegal.

In relazione al rilievo che non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, già effettuati dal Tribunale nei termini sopra precisati, nell’accogliere il ricorso e cassare la sentenza impugnata, questo Collegio ritiene di poter decidere la causa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., ed accogliere, conseguentemente, la domanda di protezione sussidiaria.

3. Gli ulteriori motivi sono assorbiti.

In ragione della particolare peculiarità del caso, sussistono gravi ed eccezionali ragioni (nei termini di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 2018) per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di protezione sussidiaria.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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