LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Domenico – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sui ricorsi iscritti al n. 29379/2017 R.G. proposti da:
C.M.C., e T.R., rappresentati e difesi dall’Avv. Wladimira Zipparro e dall’Avv. Gaetano Palombo, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, Via della Giuliana, n. 83/A;
– ricorrenti –
contro
Link S.r.l., e Fallimento di T.R.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 6778/2016, pubblicata l’11 novembre 2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 aprile 2019 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
RILEVATO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta dalla SA&SE S.r.l., ora Link S.r.l. – con atto di intervento volontario nel giudizio promosso contro gli odierni ricorrenti ex art. 2901 c.c. da Unicredit Banca s.p.a. (giudizio quest’ultimo di cui era stato successivamente disposta la separazione e quindi dichiarata l’estinzione, per intervenuta transazione tra la detta attrice originaria i convenuti) – aveva dichiarato inopponibili nei confronti della predetta società gli atti con i quali, in date 22/11/2004 e 21/9/2006, i coniugi C. e T. avevano costituito in fondo patrimoniale alcuni immobili di loro proprietà, destinandoli ai bisogni della famiglia.
3. Avverso tale decisione C.M.C. e T.R. propongono separati ricorsi per cassazione, ciascuno articolando quattro motivi.
Gli intimati non svolgono difese nella presente sede.
C.M.C. deposita memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I due ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso il medesimo provvedimento, vanno riuniti per essere trattati unitariamente.
Ricorso di C.M.C..
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per avere omesso di pronunciare sulla “eccezione spiegata nel motivo di appello sub 4, a pag. 9 dell’atto introduttivo del grado, relativamente alla critica rivolta alla pronuncia di primo grado sul punto relativo al mancato pronunciamento nei confronti di Unicredit Banca S.p.A., originaria attrice nel giudizio di primo grado”; con tale critica (secondo quanto è testualmente riferito nel motivo in esame) “le parti appellanti rilevavano che una volta dichiarato estinto il giudizio nei confronti dell’originario attore separate le cause il giudizio proseguiva esclusivamente nei confronti della C., poichè SA&SE S.r.l., cui successivamente subentrava la Link S.r.l., era intervenuta esclusivamente nei confronti (di quest’ultima, n. d.r.)”.
Lamenta anche la violazione dell’ordine logico delle questioni da trattare avendo la Corte d’appello trattato in prima battuta la questione sollevata al punto 4 dell’atto d’appello.
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione e violazione dell’art. 111 Cost..
Lamenta che la Corte d’appello ha preliminarmente rilevato il passaggio in giudicato dell’accertamento relativo all’esistenza del credito dell’interveniente, benchè la questione non fosse stata dedotta tra i motivi di gravame.
4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., per “erronea e contraddittoria valutazione del relativo ambito applicativo”.
Rileva che la norma richiede un reale ed effettivo pericolo di danno, inteso come rischio di infruttuosità dell’esecuzione, nella specie non sussistente essendo essa ricorrente titolare di altri beni immobili oltre a quelli confluiti nel fondo patrimoniale ed inoltre titolare di una propria attività commerciale.
Lamenta inoltre che la Corte di merito ha omesso di considerare che, come ammesso dalla stessa società interveniente, il suo credito è garantito anche da polizza fideiussoria.
5. Con il quarto motivo la ricorrente infine deduce, ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’appello fatto ricadere esclusivamente sulle parti appellanti, odierni ricorrenti, l’onere di dimostrare l’esistenza di ulteriori beni sui quali il creditore potesse utilmente soddisfarsi.
Ricorso di T.R..
6. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento per violazione della L. Fall., art. 43, comma 3, e dell’art. 299 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di rilevare – si cita testualmente dal ricorso – “la erronea prosecuzione del giudizio, sia in primo grado sia in sede di gravame, nei confronti del T.R. nonostante fosse già stato dichiarato fallito prima dell’avvio del relativo procedimento”.
7. I motivi dal secondo al quarto sono interamente sovrapponibili ai primi tre motivi del ricorso proposto da C.M.C..
8. Il primo motivo del ricorso proposto dal T., di rilievo preliminare, è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis.1 c.p.c., perchè nei presupposti contrastante con principio consolidato nell’udienza di questa Corte, dal quale non si offrono argomenti per discostarsi.
E’ in tal senso dirimente il rilievo che la dichiarazione di fallimento del T. intervenuta nel corso del giudizio non spiega efficacia interruttiva, in quanto inidonea a far venir meno la legittimazione processuale del fallito rispetto all’azione de qua.
Secondo principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai sensi della L. Fall., art. 43 la perdita della legittimazione processuale del fallito coincide con l’ambito dello spossessamento fallimentare; poichè i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento trattandosi di beni che, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori, permane rispetto ad essi la legittimazione del debitore; sussiste pertanto la legittimazione processuale del fallito nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria fallimentare del fondo patrimoniale (Cass. 18/10/2011, n. 21494; 20/06/2000, n. 8379).
9. Il secondo motivo del ricorso T. e il primo motivo del ricorso C., come detto sovrapponibili, sono inammissibili.
I ricorrenti omettono invero di precisare il contenuto ed il senso dell’eccezione sulla quale si lamenta omessa pronuncia, nè è dato comprendere in cosa questa si differenzi da quella (nullità della sentenza di primo grado perchè emessa nei confronti del T., cui non era diretta la domanda spiegata dalla società interveniente) che essi stessi ammettono, nell’illustrazione dello stesso motivo, essere stata esaminata e rigettata non rispettando l’ordine logico delle questioni.
In realtà la questione sulla quale si lamenta omessa pronuncia (essere la SA&SE S.r.l., ora Link S.r.l., intervenuta esclusivamente nei confronti di C.M.C.) sembra esattamente la stessa, il che di per sè vale ad escludere la configurabilità del vizio dedotto.
E’ altresì inammissibile la doglianza di inversione dell’ordine logico delle questioni poste degli appellanti, non essendo specificato quale sia la questione che, prioritariamente posta, sia stata erroneamente trascurata dal giudice d’appello, nè le conseguenze sfavorevoli che da tale asserita violazione siano derivate nell’esito decisorio.
10. Sono altresì inammissibili, per difetto di interesse oltre che, anche in tal caso, per intrinseca contraddittorietà della doglianza, il secondo motivo del ricorso di C.M.C. ed il terzo del ricorso T..
Proprio infatti la mancanza di gravame sul punto, dedotta dagli stessi ricorrenti, giustifica l’affermazione su cui si appunta la doglianza del maturato giudicato interno sull’accertamento della “esistenza del credito in capo alla Link S.r.l.”.
Deve poi al riguardo considerarsi inconferente il rilievo secondo cui l’esistenza di tale credito è ancora sub iudice in separato giudizio di opposizione.
A tacere della genericità di tale riferimento, in quanto non accompagnato dalla specifica indicazione, ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti o documenti interni al processo da cui tale pendenza avrebbe dovuto ricavarsi, può comunque rilevarsi che l’affermazione cui è riferita la censura non si pone in contrasto con la asserita pendenza di detto giudizio, atteso che il giudicato interno riconosciuto in sentenza va in realtà riferito al presupposto della svolta azione revocatoria rappresentato dalla esistenza di ragione di credito anteriore all’atto dispositivo (presupposto che, come noto, per pacifico indirizzo, può essere integrato anche da un credito litigioso), ciò ricavandosi dalla precisazione che, ad essere coperto da giudicato, è l’accertamento dell’esistenza di un credito in capo alla Link S.r.l., “così come sancito nel decreto n. 20249/2005”: riferimento quest’ultimo che evidentemente lascia salvo un eventuale annullamento o revoca del decreto medesimo.
11. Il terzo motivo del ricorso C. e il quarto del ricorso T. sono del pari inammissibili.
Lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, mediante una specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono errate e del motivo per le quali questi dovrebbero considerarsi tali, le censure si appalesano piuttosto dirette a sollecitare una diversa valutazione di merito circa la configurabilità, in concreto, del presupposto dell’eventus damni.
12. E’ infine inammissibile, ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, il quarto motivo del ricorso C..
La regola di giudizio applicata dalla Corte di merito è conforme al principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale “in tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell’azione di revocazione, che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell’eventus damni” (Cass. 06/08/2004, n. 15257, espressamente citata in sentenza; v. anche conformi Cass. 14/10/2005, n. 19963; 18/11/2010, n. 23263; 18/10/2011, n. 21492).
L’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare detto orientamento.
13. Entrambi i ricorsi vanno in definitiva dichiarati inammissibili; esito che rende ultroneo il rilievo dell’esito negativo della notifica di entrambi i ricorsi nei confronti della curatela del fallimento.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).
14. La mancata difesa degli intimati esenta dal regolamento delle spese processuali.
Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibili entrambi i ricorsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019