LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16642-2017 proposto da:
S.R., elettivamente domiciliato a ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELLA LEONE;
– ricorrente –
contro
N.G., quale cessionario ed erede successorio delle azioni e ragioni tutte vantata dalla estinta società AGRIENERGY GROUP SRL, e F.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato CARLO SRUBEK TOMASSY, rappresentati e difesi dall’avvocato VITO TAFFAREL, e per F.V. anche l’avvocato PIERFRANCESCO VITI;
– controricorrenti –
e contro
M.M. elettivamente domiciliata a ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE MONGELLI;
– ricorrente successiva e incidentale –
e contro
N.G., quale cessionario ed erede successorio delle azioni e ragioni tutte vantata dalla estinta società AGRIENERGY GROUP SRL, e F.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato CARLO SRUBEK TOMASSY, rappresentati e difesi dall’avvocato VITO TAFFAREL, e per F.V. anche l’avvocato PIERFRANCESCO VITI;
– controricorrente al ricorso successivo e incidentale –
e contro
CURATELA FALLIMENTO ***** SCCA, S.G.;
– intimati –
avverso il decreto n. 12985/2014 R.G. del TRIBUNALE di BARI, depositato il 12/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipato dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTO E DIRITTO
1.- Con ricorso ex art. 98 L. Fall., comma 3, la s.r.l. Agrienergy Group e F.V. hanno impugnato l’amissione al passivo fallimentare della società c.c.a. ***** dei crediti distintamente pretesi dai signori S.G., S.R. e M.M., a titolo di compenso per l’attività svolta come amministratore della società fallita.
Con decreto depositato il 12 maggio 2017, il Tribunale di Bari ha respinto l’impugnazione per la parte relativa alla posizione di S.G., rilevando che la somma portata da questo credito “è esattamente corrispondente alla somma riconosciuta al predetto opposto dal decreto ingiuntivo n. 2303/2012, emesso dal Tribunale di Bari, sez. lavoro… e diventato definitivo in forza del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.”.
Il Tribunale ha invece accolto l’impugnazione con riferimento sia alla posizione di S.R., sia di M.M..
2.- Il decreto ha rilevato al riguardo che il “credito dei su nominati opposti si basa esclusivamente sulla delibera delle spettanze (compenso e rimborso spese forfetario mensili…) assunta dall’assemblea dei soci, come risultante dal verbale in data 21/2/2011”; e che “tale verbale, non redatto da notaio, è privo, in effetti, di qualunque requisito a conferirgli data certa nei confronti dei terzi, quali la curatela e la massa dei creditori che essa rappresenta”.
Nè la certezza di data – ha aggiunto il provvedimento – “può farsi discendere in qualche modo dal mero inserimento del verbale de quo nel libro delle assemblee dei soci, il quale reca bensì la vidimazione del notaio, tuttavia irrilevante ai fini in questione in quanto apposta… prima della messa in uso del libro stesso”.
3.- Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso S.R., articolato in tre motivi. Successivamente ha presentato ricorso incidentale M.M., composto di due motivi.
Nei confronti del ricorso principale e del ricorso incidentale hanno resistito, con unico controricorso, N.G. (quale “cessionario” delle ragioni dell’estinta s.r.l. Agrienergy Group) e F.V..
Il Fallimento della società ***** e S.G., intimati, non hanno svolto attività difensive nel presente grado di giudizio.
S.R. ha anche depositato memoria.
4.- Il primo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale hanno oggetto sostanzialmente coincidente e possono quindi essere trattati in modo unitario.
Entrambi i motivi assumono, infatti, che il Tribunale di Bari è incorso in errore, non considerando che era acquisito agli atti il decreto ingiuntivo emesso in favore di S.G.: “quel decreto riporta senza alcun dubbio” – chiosa il ricorso principale – “l’esistenza del verbale del giorno 21.02.2011 e dunque ne conferma la piena opponibilità al fallimento in quanto certamente antecedente”.
Questa censura viene svolta dal ricorso principale nel riflesso del vizio di violazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alle norme degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. Diversamente, il ricorso incidentale la inquadra nell’ambito del vizio di omesso esame di fatto controverso e decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.
5.- Il primo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale sono inammissibili.
Con riferimento al ricorso principale, va rilevato, da un lato, che – con riferimento alla richiamata norma dell’art. 112 – lo stesso non si confronta con ratio decidendi, dato che il provvedimento non manca di esaminare il punto relativo al rapporto tra il verbale assembleare e la normativa sulla certezza di data delle scritture. Dall’altro, va osservato che la valutazione delle prove è materia rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e come tale non risulta per sè sindacabile dall’esame di questa Corte.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale, poi, va rilevato che lo stesso non dà alcun conto dell’eventuale carattere controverso – discusso in giudizio, cioè – del fatto di cui censura l’omesso esame. Il motivo non indica, in altri termini, con quali atti e con quali modalità sia stato (in ipotesi) introdotto nel giudizio il decreto ingiuntivo come fatto di data certa per il credito preteso da M.M. (non diverso comportamento tiene, per questo e in sè stesso determinante profilo, il motivo svolto dal ricorso principale; v. pure nel n. 7).
6.- Il secondo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale hanno oggetto in buona sostanza coincidente e possono essere trattati in modo unitario.
Entrambi assumono, in effetti, violazione della norma dell’art. 2704 c.c., relativa alla materia della certezza di data delle scritture private.
In proposito, il motivo del ricorso principale in proposito assume in particolare che il “Tribunale ha completamente omesso di esaminare” “il fatto decisivo per il giudizio” di cui al richiamato decreto ingiuntivo, “che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Il motivo del ricorso incidentale afferma, a sua volta, che “non appare revocabile in dubbio alcuno che la certezza della data del documento in contestazione discenda proprio dal suo inserimento nel procedimento monitorio di cui al decreto ingiuntivo n. 2302/12”.
7.- Il secondo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale sono inammissibili.
Con riferimento al ricorso principale va ribadito – al di là della distonia tra l’intestazione del motivo (che richiama la violazione di legge) e il suo svolgimento (inteso a evidenziare un omesso esame) – che lo stesso non indica come il fatto evocato sia stato introdotto in giudizio. In difetto di una simile indicazione – peraltro richiesto in modo diretto dalla norma dell’art. 366 c.p.c. – la doglianza svolta dal ricorrente non può essere definita che come nuova: atteso, in specie, che il decreto del Tribunale pugliese tace completamente su questo punto in relazione al preteso credito di S.R..
Il medesimo ordine di rilievi può, d’altro canto, essere ripetuto per il motivo del ricorso incidentale, come riferito alla posizione di M.M..
8.- Il terzo motivo del ricorso principale contesta la determinazione delle spese giudiziali fatta dal Tribunale, assumendo violazione delle norme del D.M. n. 55 del 2014 e de D.Lgs. n. 115 del 2003, art. 13 quater.
Lo stesso assume, al riguardo, che in sede di verifica, S.R. era stato ammesso al passivo; e che questi non può essere considerato “responsabile nè della formazione dello stato passivo, nè tanto meno della sua esecutorietà”; e che, del resto, in sede di impugnazione, il Fallimento non si era costituito in giudizio.
Contesta altresì la quantificazione delle spese compiute, rilevando che nella specie “si tratta di procedimento in camera di consiglio”, “di volontaria giurisdizione”, per cui il contributo unificato è “di solo Euro 98”, laddove il Tribunale ha liquidato per esborsi la diversa somma di Euro 2667,74.
9.- Il motivo non può essere accolto.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’onere delle spese di giudizio va attribuito “tenendo presente l’esito complessivo della lite, poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale” (cass., 18 marzo 2014, n. 6259).
E’ pure regola acquisita, nella giurisprudenza di questa Corte, che la fase dell’impugnazione (od opposizione) dello stato passivo rappresenta propriamente lo “sviluppo in sede contenziosa della precedente fase di verifica e accertamento dei crediti” (Cass., 13 settembre 2017, n. 21201) e non dà quindi luogo a un procedimento classificabile come camerale. In coerenza di ciò, del resto, le impugnazioni (e le opposizioni) ex art. 98 ss. L. Fall. devono iscriversi al ruolo al contenzioso e non già alla volontaria.
10.- In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso principale e va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità sia il ricorrente principale, che il ricorrente incidentale, liquidando a carico di ciascuno di essi la somma di Euro 3.100,00 (di cui Euro 100,00) nei confronti di ciascuno dei resistenti.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, come pure del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019