Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12276 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6920-2018 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLA MANNETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, PROCURATORE GENERALE presso la CORTE di CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5318/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 19.12.2017, la quale ha respinto l’impugnazione avverso l’ordinanza di primo grado, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

– che il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 25 del 2008, art. 8, e del D.Lgs. n. 251 del 2000, artt. 3 e 14, nonchè motivazione contraddittoria, per non aver la corte territoriale adeguatamente valutato la grave condizione di instabilità e pericolosità in cui versa il Mali, paese d’origine dell’odierno ricorrente, e per non avere comunque esercitato il proprio dovere di collaborazione istruttoria con il richiedente;

– che il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per avere la corte territoriale messo di motivare il mancato riconoscimento della protezione per motivi umanitari;

– che i motivi sono manifestamente inammissibili, perchè, con essi, si intende ripetere un giudizio sul fatto in questa sede;

– che, invero, la congrua ed estesa motivazione del provvedimento impugnato ha esaminato la situazione esposta dal richiedente, cittadino del Mali, il quale ha allegato di essere scappato dal suo paese a causa della guerra civile all’epoca in atto e per una serie di soprusi non meglio precisati subiti. Al riguardo, la corte territoriale ha esposto una duplice ratio decidendi, sia ritenendo il racconto non credibile in ragione delle numerose inesattezze, vaghezze e contraddizioni (da essa riportate), sia comunque valutando i fatti predetti come fossero veri e, in tal caso, escludendo ricorrano i presupposti della protezione;

– che, dunque, il provvedimento impugnato, pur nel rispetto dell’onere probatorio attenuato del richiedente, da un lato non ha ritenuto credibile il racconto, dall’altro si è lungamente trattenuto sulle condizioni generali del Mali, ribadendo che invece non si tratta di paese instabile fuori dal controllo statale;

– che, quanto alla richiesta di protezione per motivi umanitari, del pari la corte ha stigmatizzato la stessa mancata allegazioni di elementi idonei ad integrarne i presupposti di legge;

– che, in definitiva, il giudice del merito ha compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione, nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia, esponendo le ragioni per le quali reputa inattendibile il racconto del richiedente in fatto;

– che non occorre provvedere sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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