LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10707-2(117 proposto da:
D.S.A.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato MARCO MACHETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA HINIGK;
– ricorrente –
contro
AZIENDA USLL ***** già GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA ULSS ***** DELLA REGIONE VENETO, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato *****, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BARBARA BOLOGNESI, ALESSANDRO AZZINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 374/2016 del TRIBUNALE di VIRONA, depositata il 17/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/11/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.
PREMESSO che:
Con citazione 15-10-2014 D.S.A.L. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona la Gestione Liquidatoria della ex USL ***** per sentirla condannare all’ulteriore risarcimento del danno rispetto a quello riconosciutole con sentenza 644/2000 dallo stesso Tribunale di Verona, passata in giudicato, conseguente ad una emorragia cerebrale verificatasi a seguito dell’insorgenza di una infezione denominata “Sepsi di Klebsiella” contratta presso l’Ospedale “*****” di ***** subito dopo il parto avvenuto in data 18-10-1986.
A sostegno della domanda evidenziò che nella predetta sentenza 644/2000 il lucro cessante futuro ed il danno emergente futuro le erano stati riconosciuti sino al 33 anno di vita, calcolato come probabile termine della sua vita, quando invece tale affermazione era stata smentita dalla realtà, atteso che aveva compiuto 27 anni e la sua aspettativa di vita, come accertato da medico legale, era pari a quella di qualsiasi altro individuo.
La convenuta Gestione Liquidatoria eccepì, ai sensi dell’art. 2909 c.c., l’intervenuto giudicato, evidenziando che la su Menzionata sentenza 644/2000 del Tribunale di Verona non aveva per nulla delimitato a 33 anni la vita dell’attrice ed il conseguente risarcimento.
Con sentenza 374/2016 l’adito Tribunale di Verona, in accoglimento della sollevata eccezione di giudicato, dichiarò inammissibili le azioni proposte; in particolare evidenziò che nella sentenza 644/2000 il Giudice, in coerenza con quanto richiesto da parte attorca, aveva inteso risarcire ogni danno, presente o futuro, patito da D.S.A..
Con ordinanza 1/20-2-2017, emessa ex art. 348 bis c.p.c., la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato inammissibili gli appelli proposti dalle parti.
Avverso la sentenza 374/2016 del Tribunale di Verona, e per quanto occorrente anche della detta ordinanza di inammissibilità della Corte d’Appello, D.S.A.l. propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria.
Resiste con controricorso l’Azienda ULSS *****.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 112 c.p.c., si duole della manca pronuncia del Giudice di primo grado sulla questione fondamentale della controversia, e specificamente la novità dell’azione, non coperta dal Giudicato.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione degli artt. 114 e 116, si duole che il Giudice di primo grado non abbia posto a fondamento della decisione le prove proposte dalla parte attrice e non abbia in alcun modo valutato le sue istanze istruttorie.
Con il terzo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione degli artt. 115 e 116, si duole che il Giudice di primo grado, nel pronunciare sull’eccezione di giudicato, non abbia compiutamente valutato gli elementi che avevano sorretto la sentenza 644/2000 del Tribunale di Verona, limitandosi a tenere conto solo della formula conclusiva; ed invero il Giudice, in detta decisione, aveva inteso risarcire ogni danno presente e futuro subito dall’attrice (che al momento della sentenza aveva 13 anni e mezzo) ricompreso nell’arco temporale della sua probabile sopravvivenza futura stabilità nel limite di 33 anni.
I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, il quale impone che il ricorso per cassazione contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo; nella specie il ricorrente, pur incentrando le doglianze sul contenuto della sentenza 644/2000 del Tribunale di Verona, non fornisce alcun elemento per localizzare in giudizio detta sentenza, non essendo specificato il luogo in cui è avvenuta la produzione della stessa, non consentendo pertanto a questa S.C. di verificare quanto si allega nei motivi.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019