LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27280-2017 proposto da:
P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIANO ZAGARRIGO;
– ricorrente –
contro
B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTI ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIER FRANCO GIGLIOTTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5793/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 01/12/9016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/11/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.
PREMESSO che:
P.G. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino B.M., medico di base, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in esito a somministrazione di vaccino antinfluenzale di tipo, dalla medesima iniettato in data 20-11-2009 senza avere fornito alla paziente alcuna informazione in ordine alle possibile complicanze ed effetti indesiderati di detta somministrazione.
L’adito Tribunale, nel contraddittorio delle parti e dopo avere espletato CTU, con sentenza 30-11/1-12-2016 rigettò la domanda; in particolare ritenne che, come evidenziato dal CTU sulla base della documentazione in atti e della letteratura scientifica in argomento, la “poliradicolonevrite acuta di Guillain Barrè” (fonte del dedotto danno biologico), che l’attrice aveva sviluppato a distanza di alcuni giorni dall’iniezione del vaccino, non era causalmente riconducibile alla vaccinazione stessa; la condotta negligente ascritta al medico (e cioè l’omissione della predetta informazione) e l’eseguita vaccinazione antinfluenzale non potevano pertanto) essere in nesso causale con il reclamato danno biologico; al riguardo, inoltre, il Tribunale precisò che la domanda risarcitoria avanzata aveva ad oggetto solo ed esclusivamente il danno biologico subito a seguito della somministrazione del vaccino, e non invece il diverso ed ulteriore danno consistente nella lesione, a seguito della mancata informazione, del proprio diritto all’autodeterminazione; in ogni modo, a parere del Tribunale, anche a volere ritenere insita nella domanda risarcitoria il danno da lesione del diritto del paziente all’autodeterminazione, siffatta domanda sarebbe stata comunque da respingere, non avendo allegato l’attrice, rispetto) al danno evento (consistito nella lesione del detto diritto), alcun danno conseguenza (esempio: preclusione della possibilità di beneficiare della diminuzione della sofferenza psichica).
Con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dalla P..
Avverso la sentenza di primo grado P.G. ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi ed illustrato da successiva memoria.
B.M. ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., e art. 116 c.p.c., si duole che il Tribunale, senza adeguatamente prendere in considerazione gli clementi emergenti dalle cartelle cliniche e conseguentemente errando nella configurazione del nesso causale, abbia ritenuto che la riscontrata sindrome di Guillain Barrè non fosse riconducibile alla eseguita vaccinazione antinfluenzale.
Il motivo è inammissibile.
La doglianza, invero, sollecita la rivalutazione delle risultanze istruttorie e, dunque, si risolve, sub specie di violazione di legge, in una censura alla ricostruzione della “questi facti” al di fuori dei limiti indicati da Cass. S.U. 8053 e 8054/2014, secondo cui “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”; fatto storico (nel senso su precisato) omesso non specificamente indicato nel motivo in esame, che si risolve (come detto) in una critica alla valutazione sull’insussistenza del nesso causale tra vaccinazione e sindrome di Guillain Barrè; valutazione cui il Tribunale è giunto, attraverso CTU, in base al corretto criterio del “più probabile che non” e in esito ad esame della documentazione in atti e delle conclusioni della letteratura scientifica.
In ogni modo, in particolare, non sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c., (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., si duole che il Tribunale, pur riconoscendo provato l’inadempimento della dottoressa B. (consistente nel non avere richiesto alla paziente il suo consenso firmato al trattamento medico), non abbia poi considerato che siffatto comportamento le aveva impedito la possibilità di scelta tra la somministrazione del vaccino (con tutte le sue possibili conseguenze) ed il rischio di contrarre una sindrome influenzale (sicuramente meno destabilizzante della sindrome che l’aveva in concreto colpita); il detto comportamento aveva cioè violato sia il suo diritto alla salute sia il suo diritto all’autodeterminazione.
Il motivo è inammissibile in quanto non in linea con la statuizione impugnata, che ha ritenuto oggetto della domanda risarcitoria esclusivamente il danno alla salute, espressamente affermando che “non era stata, invece, formulata una domanda fondata sulla lesione del proprio diritto all’autodeterminazione avente ad oggetto il risarcimento di un danno ulteriore e diverso rispetto a quello biologico”; tanto sul corretto presupposto della diversità tra la deduzione di una lesione del diritto alla salute e la deduzione della lesione al diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico (Cass. 17022/2018; Cass. 24072/2017; conf. tra le altre, 2998/2016; Cass. 2854/2015; Cass. 14642/2015; Cass., 11950/2013); pretese quindi diverse, che devono essere specificamente dedotte. Non è senza rilievo che il motivo, si disinteressi dal resto, della seconda parte della motivazione, in cui la sentenza disponente sulla base di Cass. n. 12205/10.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019
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