Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12299 del 09/05/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24332-2018 R.G. proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 52, presso lo studio dell’avvocato MARCO TAVERNESE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 30/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, indichi quale tribunale competente il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro.

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Roma, investito dalla domanda di R.S., in sede di regolamento necessario di competenza, nella causa tendente ad ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle differenze retributive maturate in esito al mancato aggiornamento delle mercedi, per il lavoro di barbiere e di inserviente dallo stesso prestato durante i periodi di detenzione presso diverse strutture carcerarie, tra le quali, per ultimo, il carcere di *****, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, ed ha ordinato la riassunzione del giudizio presso il Tribunale di *****, nel cui circondario ricade il locale istituto penitenziario;

il Tribunale ha, in particolare, ritenuto che la competenza territoriale fosse radicata nella sede giudiziaria del luogo dove era stata svolta la prestazione di lavoro, ufficio periferico dell’amministrazione centrale della Giustizia, dotato di struttura aziendale idonea a gestire il rapporto dal punto di vista anche amministrativo e tale da consentire l’applicazione del criterio di collegamento di cui all’art. 413 c.p.c., n. 5, introdotto dal D.Lgs. n. 80 del 1989;

in base a detta norma, per le controversie concernenti i rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto di lavoro;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione R.S. sulla base di cinque motivi; il Ministero della Giustizia si è costituito al solo fine di avere notizia dell’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., in prossimità della quale ha altresì depositato memoria; il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è rimasto intimato;

il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce “Violazione dell’art. 27 Cost., commi 3 e 97, – della L. n. 354 del 1975, artt. 1, 15, 20 e 22, – del D.P.R. n. 230 del 2000, artt. 50 e 53”; sostiene che il rapporto di lavoro instaurato con i detenuti non è equiparabile a un rapporto di pubblico impiego, ma ha natura di rapporto speciale di natura privatistica; che pertanto, ai fini della determinazione della competenza per territorio occorre far riferimento all’art. 413, comma 2, del codice di rito;

con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione artt. 28,29,32-ter, 32-quater, 32- quinquies c.p., nonchè della L. n. 97 del 2001, artt. 3,4 e 5”; esclude la possibilità di qualificare il rapporto come di pubblico impiego, attesa l’incompatibilità di una siffatta natura col sistema penale delle sanzioni accessorie, che contempla l’interdizione dai pubblici uffici, l’incapacità di contrarre con le pubbliche amministrazioni e l’estinzione del rapporto d’impiego pubblico;

con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione dell’art. 413 c.p.c., commi 2 e 5, e della L. n. 59 del 1997, art. 11, comma 4, lett a) e g)”; afferma che la locuzione “rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni” contenuta nell’art. 413 c.p.c., comma 5, si riferisce esclusivamente ai rapporti di lavoro pubblico contrattualizzati, la cui cognizione era riservata al giudice amministrativo e che la L. di delega n. 59 del 1997, (e l’art. 413 c.p.c., comma 5), aveva inteso devolvere al giudice ordinario entro il 30 giugno 1998;

con il quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta “Violazione del R.D. n. 12 del 1941, art. 65, nonchè dell’art. 25 Cost., comma 1, e art. 111 Cost.”; la decisione impugnata si discosta immotivatamente dal costante orientamento di legittimità che ha accertato la competenza del Tribunale di Roma in applicazione di uno dei criteri di collegamento previsti dall’art. 413 c.p.c., comma 2;

con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta “Violazione dell’art. 413 c.p.c., comma 7”; la competenza del Tribunale di Roma andrebbe, comunque, affermata in applicazione del criterio residuale previsto dall’art. 413 c.p.c., comma 7;

i motivi, esaminati congiuntamente per la loro intrinseca connessione, meritano accoglimento;

alla stregua dell’orientamento di legittimità, cui in questa sede s’intende dare continuità (Cass. n. 18309 del 2009), “Nelle controversie relative al rapporto di lavoro delle persone detenute all’interno degli istituti penitenziari, non è applicabile il criterio di competenza territoriale di cui all’art. 413 c.p.c., comma 5, da intendersi specificamente riferito ai rapporti di lavoro pubblico, mentre sono applicabili i criteri previsti dall’art. 413 c.p.c., comma 2, svolgendosi tali prestazioni di lavoro – sia pure per il perseguimento dell’obbiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro – nell’ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche ed anche private, il cui carattere limitato non ne impedisce l’utilizzazione come criterio per radicare la competenza territoriale. Ne consegue che, intercorrendo il rapporto di lavoro con il Ministero della Giustizia, il quale, per il tramite del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, esercita un ruolo fondamentale su rilevanti aspetti organizzativi dell’attività produttiva realizzata nei singoli istituti, e, quindi, va considerato quale centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali che fanno capo ai singoli istituti, in applicazione del criterio di collegamento stabilito dall’art. 413 c.p.c., comma 2, costituito dalla sede dell’azienda (ossia del luogo in cui l’azienda viene gestita), sussiste la competenza del Tribunale di Roma, ferma restando l’operatività degli altri due fori alternativi, ivi enunciati, a scelta della parte attrice.”;

in definitiva, ai sensi dell’art. 413, comma 2, del codice di rito, va dichiarata la competenza territoriale del Tribunale di Roma dinanzi al quale vengono rimesse le parti, le quali provvederanno a riassumere la causa nei termini di legge;

il predetto Tribunale deciderà anche sulle spese del presente regolamento di competenza nei confronti della parte costituita;

in virtù dell’accoglimento del ricorso, si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Dichiara la competenza del Tribunale di Roma dinanzi al quale rimette le parti, le quali provvederanno a riassumere la causa nei termini di legge. Il Tribunale di Roma è tenuto a decidere anche sulle spese del presente regolamento nei confronti della parte costituita.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472