LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4144-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato LUCA SANTINI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 432/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 26/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.
RILEVATO
CHE:
la Corte d’appello di Bologna, a conferma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, ha rigettato il gravame dell’Inps che aveva reiterato l’eccezione di decadenza del D.L. n. 269 del 2003, ex art. 42, conv. in L. n. 326 del 2003, affermando che A.A., cittadino albanese, non fosse decaduto dal diritto alla proposizione del ricorso giudiziario e che avesse correttamente presentato ricorso amministrativo avverso il rigetto da parte della Commissione medica della domanda di attribuzione di prestazioni d’invalidità civile (nella specie la pensione per ciechi parziali di cui alla L. n. 66 del 1968, art. 8, e l’indennità speciale per ciechi parziali, di cui alla L. n. 508 del 1988, art. 3);
la Corte territoriale, indicando nella data corrispondente alla comunicazione del provvedimento di rigetto per difetto dei requisiti extra sanitari il termine per l’opposizione, ha accertato che l’appellato non era incorso in alcuna decadenza, avendo proposto nel rispetto dei termini di legge sia il ricorso gerarchico in via amministrativa, sia il ricorso giurisdizionale;
la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo di ricorso, illustrato da successiva memoria; A.A. resiste con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, del D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003”; la Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione della norma citata in epigrafe, la quale ha stabilito che il (nuovo) termine semestrale di decadenza debba operare sia con riferimento ai provvedimenti di rigetto dell’istanza disposti per motivi sanitari sia per i provvedimenti di rigetto fondati su motivi extra sanitari;
il motivo merita accoglimento;
questa Corte si è già pronunciata sull’interpretazione della norma richiamata dal ricorrente, affermando il principio di diritto secondo cui “In materia di invalidità civile, il D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 326 del 2003, nella parte in cui esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di ricorso amministrativo, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso D.L., (poi differita al 31 dicembre 2004 in forza del D.L. n. 355 del 2003, art. 23,comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 47 del 2004), si riferisce ai ricorsi amministrativi precedentemente previsti sia contro i provvedimenti di mancato riconoscimento dei requisiti sanitari, sia contro quelli di rigetto o revoca dei benefici economici attinenti a requisiti non sanitari, quali quelli cd. socio-economici, sicchè, il termine di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria, previsto dalla seconda parte dello stesso comma, opera sia con riguardo all’ipotesi in cui il diniego in sede amministrativa sia conseguente a ragioni sanitarie sia nell’ipotesi in cui il diniego dipenda da ragioni diverse, sempre che il provvedimento di rigetto sia esplicito e venga comunicato all’interessato.”(Cass. n. 25268 del 2016);
nel caso in esame, la Corte d’appello ha individuato correttamente, nella data del 1 marzo 2012, il dies a quo rispetto al quale valutare l’interesse di A.A. ad opporsi per via giudiziale al rigetto della domanda per mancanza dei requisiti extra sanitari, ma non ha tratto da tale indicazione le dovute conseguenze, avendo ritenuto tempestivamente proposto dall’odierno controricorrente il ricorso giurisdizionale, sebbene presentato soltanto in data 9 dicembre 2014, in quanto rispettoso del “…termine triennale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47”;
la decisione gravata, in definitiva, ha inciso sul decorso del termine di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento delle prestazioni previdenziali, stabilito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, conv. in L. n. 326 del 2003, in sei mesi dalla comunicazione del rigetto (per motivi sanitari o extrasanitari);
la disposizione in parola persegue finalità di ordine pubblico, ed è perciò indisponibile dalle parti;
il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità;
in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti di legge per il versamento, da parte dell’Inps, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 19 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019