Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.12318 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 292-2017 proposto da:

G.D., rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO ANTONIO ZIGANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, MINISTIRO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO nel procedimento iscritto al n. RG 1517/2016, depositata il 02/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

FATTI DI CAUSA

G.D. propose istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per coltivare controversia di natura civile, ma detta istanza fu rigettata dal Consiglio del’Ordine di Torino per carenza del requisito reddituale.

L’istanza fu rinnovata al Giudice del procedimento di merito – la Corte d’Appello di Torino – che pure la rigettò per i medesimi motivi, sicchè il G. propose opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 al Presidente la Corte subalpina.

Ad esito del procedimento di opposizione,resistendo il Ministero e l’Agenzia dell’Entrate evocati, il ricorso fu rigettato dalla Corte d’Appello di Torino sul rilievo che anche il provento della rendita Inail, di cui godeva il ricorrente, era da computare ai fini della determinazione del reddito da considerare in ordine ai requisiti di ammissibilità al chiesto beneficio.

Avverso detta decisione il G. ha proposto ricorso per cassazione articolato su unico motivo.

Hanno resistito con controricorso sia il Ministero della Giustizia che l’Agenzia dell’Entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal G. s’appalesa privo di pregio e va rigettato.

Con l’unica articolata ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione delle disposizione normative, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 e art. 6 TUIR, in quanto erroneamente la Corte subalpina ha qualificato siccome reddito esente a fini Irpef la rendita Inail conseguente a perdita di capacità lavorativa, avente invece intrinseca natura di ristoro danni.

L’impugnante contesta la validità dell’insegnamento tratto dalla Corte subalpina dall’arresto di legittimità – Cass. sez. 1 n 1934/99 – evocato a supporto della decisione impugnata, ma questo Collegio reputa di dover confermare la soluzione data alla questione dalla sentenza di legittimità citata.

Difatti, viene costantemente ribadito da questa Suprema Corte – da ultimo Cass. sez. 5 n 20482/13 -, che tutte le indennità correlata al rapporto di lavoro subordinato sono considerate reddito ai fini Irpef – eccetto le indennità per invalidità o morte – poichè comunque aventi natura sostitutiva del reddito tratto dall’attività lavorativa.

L’esclusione delle indennità conseguenti a invalidità o morte risultano espressamente disposte dalla norma, di cui all’art. 6 TUIR, così lumeggiando come anche dette indennità per il principio sopra richiamato sono considerate reddito poichè sostituiscono i guadagni tratti dal lavoro espletato, ma il Legislatore ha ritenuto da escluderle dalla imposizione sui redditi stante la peculiarità della perdita che indennizzano.

Non appare a questo Collegio dirimente il richiamo agli arresti resi dal Consiglio di Stato riguardo i cespiti d includere nell’ISEE poichè, proprio il ragionamento illustrato per ritenere il regolamento a sua disciplina non in linea con il dettato legislativo che lo istituiva, conferma la natura di reddito anche dell’indennità in questione.

Difatti i Giudici amministrativi mettono in evidenza come l’indennità per invalidità serva a compensare la capacità lavorativa,e quindi di guadagno, persa a cagione dell’infermità indennizzata dall’Inail per così riallineare la situazione del lavoratore defedato con quello in perfetta efficienza.

Dunque l’indennità in questione, poichè tesa a riequilibrare la situazione economica del lavoratore defedato con quella del lavoratore in efficienza, non può aver natura diversa dagli emolumenti percetti da quest’ultimo e quindi vanno considerati reddito, ancorchè non tassato per scelta legislativa di favor.

Una tale conclusione appare confermata anche da arresto di legittimità – Cass. sez. L n 2312/06 – in tema di redditi da considerare ai fini delle condizioni economiche per godere dell’assegno sociale,che espressamente dichiara computabile a tal fine la rendita Inail,qualificandola reddito non tassato, nonchè da arresto – Cass. sez. 1 n 9718/10 – in tema di assegno di mantenimento del coniuge separato.

D’altro canto il carattere particolare della rendita Inail, intesa siccome ristoro del danno biologico derivante specificatamente dalla perdita di reddito da lavoro, risulta evidenziato anche dalla sua coesistenza con la domanda di ristoro del danno biologico,afferente ai profili non correlati al lavoro, contro il responsabile. Difatti, se attualmente il danno ” differenziale ” risulta disciplinato dal D.Lgs. n. 38 del 2000, anche in precedenza – Cass. sez. L n 11428/00, Cass. sez. L n 4025/16 – era riconosciuto che la rendita Inail ristorasse i riflessi negativi della lesione all’integrità psico-somatica sull’attitudine al lavoro e, quindi, alla produzione del correlato reddito e non anche compensasse gli riflessi negativi afferenti altri ambiti di esplicazione della vita e personalità del leso.

In definitiva rettamente la Corte cisalpina ha ritenuto che, ai specifici fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato,il Legislatore abbia voluto ricomprendere, nell’ambito della capacità reddituale valutabile, anche gli emolumenti continuativi derivanti dalla rendita Inail poichè tesi ad integrare il reddito del lavoratore defedato per renderlo omogeneo con quello del lavoratore in efficienza, relativamente al quale nessuno dubita che tutti gli emolumenti percetti costituiscono reddito.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del G. alla rifusione verso le Amministrazioni costituite in solido delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.500,00 oltre a spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato poichè non risulta che la sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia stata accolta.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso l’Amministrazioni resistenti, in solido fra loro, delle spese di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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