LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. GHITTI Italo Mario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13945-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FILIPPO NICOLAI 16/A, presso lo studio dell’avvocato PIERO CONTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO CARADONNA, giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 92/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di PESCARA, depositata il 08/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2019 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato PELUSO che si riporta al ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente P.A. in data 2 gennaio 2006 presentava istanza di attribuzione di credito di imposta per gli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8 e della L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. d).
Il Centro Operativo di Pescara accoglieva l’istanza fino a concorrenza di 132.500 Euro, in compensazione di tributi.
Nel 2009, tuttavia, il suddetto Centro rigettava l’erogazione del rimborso per il 2007 per insussistenza dei requisiti per l’utilizzo del credito di imposta.
Il contribuente impugnava il diniego e la CTP di Pescara accoglieva il ricorso.
La sentenza era appellata dall’ufficio e la CTR dell’Abruzzo respingeva l’appello.
Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre l’ufficio sulla base di due motivi.
Resiste il contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’ufficio deduce omessa e/o perplessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa uno specifico motivo di ricorso prospettato dalla parte e non deciso dal giudice in sentenza.
Il motivo evidenzia contrasto tra motivazione e dispositivo perchè nel corpo della sentenza la CTR afferma che vi sono ragioni per accogliere l’appello del COP, e la motivazione della sentenza appare censurare la decisione impugnata sotto il profilo della carente motivazione, ma nel dispositivo conclude con il rigetto del gravame.
Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione ed errata applicazione dell’istituto della compensazione in base a quanto previsto dal combinato disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, comma 5, della stessa legge, art. 62 e del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
La CTR ha errato nell’affermare che il modo di procedere del contribuente era corretto.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, per la parte in cui attengono al comune tema della motivazione della sentenza, e sono fondati.
Non vi è dubbio, infatti, che la sentenza impugnata sia pervasa da una intrinseca contraddittorietà che ne compromette la conformità ai requisiti di legge.
In primo luogo, è evidente il contrasto tra motivazione e dispositivo. Ciò emerge dalla sola lettura della sentenza, laddove nel primo paragrafo della parte motiva la CTR afferma che, valutate le prove, “ritiene di dover accogliere l’appello proposto dal COP”, salvo concludere nel dispositivo “respinge l’appello”.
E’ vero che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che:
“Il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza ricorre solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale. (Sez. VI – 5, ord. 26074 del 17.10.2018, Rv. 651108)”.
E, tuttavia, il caso di specie appare proprio uno di quelli in cui il contrasto tra motivazione e dispositivo rende non comprensibile il contenuto della sentenza, e va oltre il mero errore materiale.
Infatti, posto che, come si deduce dalla sentenza, uno dei motivi di appello dell’ufficio riguardava la motivazione della sentenza di primo grado, il giudice di appello, nei passi immediatamente successivi all’affermazione di accoglimento del gravame, si sofferma su specifiche considerazioni sul vizio di insufficiente motivazione, affermando che esso ricorre ove il giudice non indichi gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento, e prosegue affermando che il giudice deve delineare il percorso logico seguito.
In altre parole, tutte queste considerazioni, che fanno seguito all’affermazione di fondatezza dell’appello, dovrebbero indurre, secondo logica e ragionevolezza, a ritenere che la CTR abbia voluto evidenziare, con esse, un difetto motivazionale della sentenza di primo grado, e appaiono muoversi in direzione di una conclusione per la fondatezza dell’appello, come del resto espressamente enunciato all’inizio della parte motiva.
Peraltro, ciò è, appunto, frutto di una induzione basata sulla logica, perchè le affermazioni in sè restano, in realtà, sul piano della proclamazione di principi generici, a ben vedere quasi applicabili ad una motivazione sia nel senso dell’accoglimento che del rigetto del gravame.
Non si comprende chiaramente, infatti, se tali principi sono affermati per evidenziare che la sentenza impugnata non li ha seguiti (e per questo sarebbe da riformare, come si afferma all’inizio della motivazione), o per ricordarli a titolo di premessa generale e, poi, con il rigetto, dichiarare implicitamente che la motivazione della sentenza impugnata era immune da vizi.
Ad essi si accosta, infatti, il dispositivo di rigetto dell’appello, con un accenno, anche nella parte motiva, alla compensazione delle spese (del tutto compatibile con una decisione di rigetto dell’impugnazione), cosicchè dalla lettura complessiva della sentenza e del dispositivo non è agevole comprendere quale sia stata la reale volontà della decisione, e porta ad escludere che si sia in presenza di un mero errore materiale.
Oltretutto, la sentenza prosegue poi con considerazioni sul fatto che il vizio di motivazione non ricorre in caso di interpretazione di clausole contrattuali in senso difforme “da quello preteso da parte ricorrente”, e contiene un excursus sui poteri di sindacato della Corte di Cassazione il cui rilievo, ai fini dell’economia della sentenza, appare di difficile comprensione.
Anche in merito all’interpretazione delle norme sull’utilizzo del credito di imposta, la motivazione induce a pensare che la conclusione debba essere l’accoglimento dell’appello; si comprende, infatti, che la tesi dell’ufficio appellante era nel senso che il contribuente avesse indebitamente utilizzato il credito di imposta per compensare tributi non dovuti, atteso che nelle annualità in questione lo stesso non era a debito. Orbene, la CTR, nella parte motiva, afferma che requisito per poter fruire del credito di imposta è l’effettivo pagamento di imposte nel periodo in questione, per cui sembra effettivamente condividere le motivazioni dell’appello. La conclusione, invece, come detto, è di segno opposto.
Si può, quindi, veramente ritenere che si versi nell’ipotesi affrontata da Sez. VI-3, ord. n. 22598 del 2018, Rv. 650880, secondo la quale, se è vero che:
“In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, tuttavia i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”.
Per cui tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Inoltre, il vizio della sentenza impugnata non appare rimediabile neppure alla luce del principio affermato da Sez. VI – 1, ord. n. 24600 del 2017, Rv. 646048, secondo cui:
Nell’ordinario giudizio di cognizione, l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del “dictum” giudiziale.
Nel presente caso, infatti, la duplice valenza delle affermazioni contenute in motivazione, ed il netto contrasto tra la conclusione di accoglimento dell’appello (in motivazione) e di rigetto dello stesso (in dispositivo) rende difficile una lettura “integrata” della decisione.
Infondata appare, infine l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso per genericità, formulata dal contribuente in controricorso.
Il motivo, infatti, è preciso e chiaro nel suo contenuto, nel denunciare la incomprensibilità della sentenza e l’evidente contrasto tra motivazione e dispositivo.
Oltre tutto, anche nella parte sullo svolgimento del processo, la sentenza appare poco chiara. Mentre, infatti, il contribuente ha evidenziato che il ricorso era stato accolto dalla CTP per difetto di competenza del COP ad emettere la sospensione dell’utilizzo del credito di imposta, la sentenza della CTR espone, invece, che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la competenza del COP, e, in seguito, dapprima afferma che la CTP ha accolto il ricorso e nella riga seguente che lo stesso è stato respinto.
In conclusione, la sentenza presenta vizi motivazionali che giustificano l’accoglimento del ricorso, e non è determinante, a questi fini, la classificazione formale che ai motivi è stata data, atteso che il vizio che è stato in sostanza denunciato è l’assoluto difetto di motivazione anche per contrasto tra questa ed il dispositivo, ed il contenuto del motivo prevale comunque sulla sua qualificazione formale.
Deve, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata, con rinvio del procedimento alla CTR dell’Abruzzo, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio del procedimento alla CTR dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche ai fini della decisione sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019