LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. GILOTTA Bruno – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2544/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p. t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è
domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12.
– ricorrente –
contro
G.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Livia Salvini ed elettivamente domiciliata presso lo studio in via Mazzini 11, in Roma;
– controricorrente –
avverso la sentenza resa inter partes della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 303/22/2011, depositata il 16/11/2011 e notificata il 23/11/2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12/2/2019 dal Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato dello Stato Salvatore Faraci per l’Agenzia delle Entrate e l’Avvocato Livia Salvini per la Sig. G.G..
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo, avverso la Sig. G.G. per la cassazione della sentenza n. 303/22/2011, emessa in data 25/03/2011, dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data 16/11/2011 e notificata in data 23/11/2011 che, in controversia relativa al silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio Roma 6, sulla richiesta di rimborso, da parte della Sig. G.G., della somma trattenuta nel 2007 dal Comune di Gravina di Puglia, quale sostituto di imposta, a titolo di ritenuta IRPEF, pari al 20%, sull’importo corrisposto a seguito di condanna del Comune al risarcimento per l’occupazione appropriativa di terreni di proprietà della controricorrente, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di primo grado favorevole alla contribuente.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Lazio, per quanto di interesse in questa sede, dopo aver respinto l’eccezione pregiudiziale di incompetenza territoriale, perchè tardiva, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1993, art. 57, entrando nel merito, ha ritenuto che la pronuncia di primo grado fosse sufficientemente motivata e documentata; secondo la C.T.R., infatti, i terreni in questione non erano mai stati classificati dal P.R.G. nelle zone omogenee, di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 11,comma 5, che espressamente fa riferimento per la tassazione delle plusvalenze connesse ad espropri solo ai terreni situati nelle alle zone A, B, C e D e non anche alle zone E ed F; che la variazione catastale era intervenuta prima dell’esproprio e risaliva alla Delib. Consiglio Comunale 7 marzo 1988, n. 59; che, comunque, era avvenuta tra zone (E ed F), che non rientravano in quelle previste dalla citata L. n. 413 del 1991.
I Giudici di appello, infine, hanno ritenuto che l’Ufficio non avesse documentato le proprie affermazioni e che la data di riferimento per determinare la classificazione del terreno secondo gli strumenti urbanistici vigenti andasse individuata in quella del decreto di esproprio emanato il 12/10/1999.
3. A seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Sig. G.G. resiste con controricorso e deposita memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che, con la memoria difensiva, la controricorrente ha per la prima volta introdotto nell’ambito del presente giudizio la questione riguardante l’efficacia espansiva del giudicato esterno, sopravvenuto sull’identica questione giuridica e sostanziale, a favore di altro comproprietario dello stesso terreno, di cui è causa.
La ricorrente sollecita, dunque, il rilievo d’ufficio del giudicato da parte della Corte, deducendo di aver prodotto nel giudizio di appello la sentenza della C.T.P. di Potenza, favorevole ad altro comproprietario, con l’attestazione del passaggio in giudicato.
La questione, però, è infondata, non essendovi identità di parti nei due giudizi e non essendo invocabile la disciplina di cui all’art. 1306 c.c., perchè i diversi comproprietari non sono coobbligati in solido, ma ciascuno pro quota.
1.1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in relazione ad un punto decisivo e controverso, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), consistente nell’individuazione della natura edificatoria del terreno espropriato all’epoca del primo atto della procedura espropriativa.
In particolare, la ricorrente deduce che la motivazione adottata, con il riferimento alla classificazione nella zona E (rurale) o F del P.R.G., con conseguente esclusione della imponibilità, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, non offrirebbe alcuna possibilità di rintracciare l’iter logico, che avrebbe condotto alla decisione adottata, nè l’attività di individuazione degli elementi di prova rilevanti, nè quella di valutazione degli stessi.
Nello specifico, secondo la ricorrente, i Giudici di secondo grado avrebbero trascurato del tutto l’effettiva qualificazione e destinazione edificatoria dei terreni all’epoca dell’esproprio, che era stata accertata dal Tribunale ordinario di Bari con la sentenza di condanna al risarcimento del danno.
1.2. Il motivo è fondato.
1.3. Invero, la ricorrente ritiene che la motivazione dei giudici di appello abbia omesso di considerare l’elemento decisivo della natura edificabile del terreno, in ciò richiamandosi a quell’orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui “in tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, comma 5, allo scopo di escludere l’imponibilità ai fini IRPEF delle plusvalenze da redditi diversi previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81,comma 1, lett. b), non rileva che l’area espropriata per realizzarvi un’opera pubblica si trovasse all’interno della zona destinata a verde pubblico attrezzato (VAT), poichè tale previsione generale non è di per sè sufficiente ad escludere la sua inerenza alle zone omogenee considerate dall’art. 11, comma 5, dovendosi avere riguardo alla destinazione effettiva dell’area” (Cass. sent. n. 16231/2004; conf. Cass. n. 4617/05; n. 652/2012; n. 11409/2015).
Secondo tale orientamento della giurisprudenza di legittimità “ai fini dell’assoggettamento ad imposizione, occorre solo verificare se l’area, in relazione alla quale si verifica il presupposto impositivo, sia inserita in una di queste zone omogenee (A, B, C e D), o per espressa previsione dello strumento urbanistico generale di primo livello, ovvero per il suo inserimento in linea di fatto in forza di piano attuativo di secondo o terzo livello (cfr. Cass. n. 9455/2006); fermo restando che, comunque, non rileva, allo scopo di escludere l’imponibilità ai fini Irpef, il fatto che l’area, secondo il locale piano regolatore, si trovasse all’interno di zona altrimenti destinata, poichè tale previsione non è sufficiente a escludere la relativa inerenza dell’area alle zone omogenee considerate avuto riguardo alla sua destinazione effettiva (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 652 del 2012)” (Cass. n. 11409/2015 cit., in motivazione).
Nel caso in esame, l’Amministrazione sostiene che il procedimento espropriativo, preordinato alla costruzione di una scuola e, quindi, di un’opera pubblica, aveva determinato la variazione in zona F dell’area edificabile rientrante nelle zone B o C del P.R.G.; ciò perchè, ai sensi della L. n. 412 del 1975, art. 10, relativo alle espropriazioni finalizzate all’edilizia scolastica, la scelta delle aree per l’edilizia scolastica comporta la variante automatica del P.R.G..
Inoltre, la ricorrente evidenzia che la destinazione all’edilizia scolastica non esclude la natura edificatoria del suolo, tanto che il terreno espropriato è stato di fatto considerato dal giudice ordinario come edificabile, ai fini della quantificazione del risarcimento per l’occupazione conseguente all’illegittimo esproprio.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata appare aver del tutto trascurato di motivare in ordine alla effettiva destinazione del terreno, omettendo ogni esame degli elementi addotti dall’Amministrazione, limitando la propria indagine alla classificazione del P.R.G., che non è idonea ad escludere in modo automatico che si tratti di zona non omogenea a quelle di tipo A, B, C e D, cui fa riferimento la previsione del D.M. 2 aprile 1968 citato nella L. n. 413 del 1991, art. 11.
Per quanto fin qui detto il ricorso va accolto, con conseguente rinvio alla C.T.R del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019