Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.12337 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24943-2012 proposto da:

C.M., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato LUCIANO SANDRINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 94/2011 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE, depositata il 18/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2019 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GTUSEPPE;

RITENUTO IN FATTO

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, comunicato il 16.10.2006 a C.M. in qualità di Presidente di quattro associazioni sportive dilettantistiche, l’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente verificato un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 1999, con cui contestava l’avvenuto svolgimento di attività prettamente commerciale utilizzando lo schermo delle quattro associazioni sportive dilettantistiche; conseguentemente accertava un reddito di impresa di Euro 54.726 con determinazione delle corrispondenti imposte Irpef, Irap ed Iva.

C.M. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Udine che lo rigettava con sentenza n. 86 del 2008.

Il contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia che lo rigettava con sentenza n. 94 del 18.7.2011.

Contro la sentenza di appello C.M. propone tre motivi di ricorso per cassazione.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Primo motivo: “Violazione di legge in relazione alla illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento emesso prima della decorrenza del termine di sessanta giorni dalla consegna del p.v.c..

Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali questa Corte ha stabilito i seguenti principi: a) la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio. (Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013); b) le particolari ragioni di urgenza, che, ove sussistenti e provate dal fisco, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, non possono consistere nell’imminente scadenza del termine decadenziale utile al fine dell’accertamento da parte dell’Ufficio, qualora ciò sia dovuto esclusivamente ad inerzia o negligenza di quest’ultimo e non anche ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine. (Sez. 5, Sentenza n. 9424 del 30/04/2014; conforme Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8749 del 10/04/2018).

A tali principi non si è attenuto il giudice di appello, il quale ha ritenuto che l’osservanza del termine dilatarlo stabilito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, non sia prescritta a pena di nullità, e che il mancato rispetto del termine possa essere giustificato dalla semplice “vicinanza del termine di decadenza dell’azione da parte della A.F.”.

2.Secondo motivo: “Violazione di legge per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti delle associazioni asseritamente interposte”.

3.Terzo motivo: “omesso esame circa un fatto decisivo – già oggetto di discussione tra le parti- della legittimazione passiva del ricorrente.”.

I motivi secondo e terzo sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

In accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza deve essere cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

L’anteriorità dello svolgimento dei giudizi di merito e della proposizione del ricorso per cassazione rispetto ai principi di diritto affermati dalla citata giurisprudenza di legittimità giustifica la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa le sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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