Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12398 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6068-2018 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE LO GIUDICE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di AGRIGENTO depositato il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ORICCHIO ANTONIO.

RILEVATO

che:

è stato impugnato da C.V. il provvedimento del Tribunale di Agrigento in data 5/12/2017 (n. R.G. 2816/2016) con cui è stata rigettata l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 170 alla revoca di ammissione al gratuito patrocinio disposta con decreto del 20/7/2016, di cui in atti.

Il ricorso è fondato su un motivo.

CONSIDERATO

che:

1. – Con l’unico motivo del ricorso si censura il provvedimento gravato adducendo meramente la “violazione del disposto dell’art. 136 T.U.”.

1.1 – Il ricorso non può essere accolto.

L’odierno ricorrente aveva convenuto in giudizio un istituto bancario al fine di sentir dichiarare la nullità delle clausole di determinazione ed applicazione degli interessi (reputati ultralegali) al rapporto di mutuo intrattenuto dallo stesso ricorrente.

Con sentenza veniva rigettata la domanda di declaratoria di nullità e con successivo decreto veniva disposta la revoca del beneficio dell’ammissione al gratuito patrocinio.

Orbene il motivo in esame si dilunga nel ripercorrere le questioni relative alla richiesta declaratoria (già definite con la suddetta sentenza) senza alcuna specifica allegazione quanto all’odierna vicenda processuale e neppure l’indicazione del parametro normativo alla cui stregua viene censurato il provvedimento oggi gravato innanzi a questa Corte.

L’unico accenno, in tema, di cui al motivo è la stringata affermazione che “lo stesso Magistrato ha usato il termine “palese infondatezza”, che evidentemente non è la stessa cosa di malafede o colpa grave”.

Orbene, a prescindere dalla questione (in nulla debitamente affrontata della manifesta infondatezza o meno dell’azione proposta con l’ausilio dell’ammissione al gratuito patrocinio), il ricorso è del tutto infondato.

Infatti deve rilevarsi che nel ricorso vi è totale assenza di argomentazioni in punto di diritto.

Parte ricorrente, al di là della ricostruzione del rapporto con l’istituto bancario, non ha svolto, come doveva, specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perchè determinate affermazioni in diritto del provvedimento impugnato siano, in specifica relazione alla revoca del beneficio di cui si tratta, in contrasto con norme regolatrici o con specifico orientamento e principio giurisprudenziale (cfr., ex plurimis: Cass. n. 635/2015).

Pertanto in difetto di ogni opportuna allegazione, ad opera della parte interessata, in relazione ad orientamento giurisprudenziale che possa far ritenere la gravata decisione non conforme a principi enunciati da questa Corte, deve reputarsi che l’impugnata sentenza ha deciso facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie.

Per di più è infondata la doglianza relativa al termine “palese infondatezza” in luogo di colpa grave è infondata in quanto la colpa grave è sostanzialmente implicita nella predetta succitata affermazione di palese infondatezza.

2. – Il motivo, in quanto infondato, va, dunque, respinto.

3. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato.

4. – Poichè, allo stato, risulta solo essere stata proposta istanza di ammissione al gratuito patrocinio, non seguita da conforme apposita delibera di ammissione al beneficio deve ritenersi che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorso a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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