Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12405 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10598-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3279/24/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva respinto l’appello proposto avverso la sentenza n. 319/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce in accoglimento del ricorso proposto da A.A. avverso avviso di accertamento con il quale l’allora Agenzia del Territorio, all’esito del procedimento sulla revisione del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali per le quali si era rilevato un significativo scostamento tra il rapporto valore medio di mercato/valore medio catastale della singola microzona e l’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, in applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, aveva notificato alla contribuenti la rideterminazione della classe di merito e della rendita catastale;

l’Ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

la contribuente è rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:

1. è infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, per non avere la C.T.R. sospeso il processo, in attesa della decisione del giudice amministrativo sulla legittimità degli atti amministrativi generali relativi alle microzone comunali, non ricorrendo un’ipotesi di sospensione necessaria, preso atto della data di deposito della sentenza, successiva all’entrata in vigore, il primo gennaio 2016, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, comma 1 bis, quale aggiunto dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, lett. o), secondo cui “la commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui decisione dipende la decisione della causa”; nè può nella fattispecie trovare applicazione l’art. 337 c.p.c., comma 2 – peraltro non invocato dalla ricorrente – in forza del quale il giudice di merito può disporre la sospensione del processo, trattandosi di facoltà e non di obbligo (cfr. Cass. n. 29553/2017);

2.1. vanno disattesi anche il secondo ed il terzo motivo, che possono congiuntamente esaminarsi, con i quali si deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, trattandosi di norma a carattere speciale, volta a un aumento delle rendite in microzone autonome (revisione generalizzata), e che attengono entrambi al contenuto motivazionale minimo necessario per rendere adeguato a parametri di tutela del contribuente e di trasparenza amministrativa la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali c.d. anomale;

2.2. il Collegio, sul punto, rileva che il procedimento di “revisione parziale del classamento” di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica;

2.2. ne consegue che non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (cfr. Cass. nn. 27174/2018, 22900/2017, 3156/2015);

2.3. la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in. condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo così la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione;

2.4. questo Collegio ritiene inoltre di non dare seguito all’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 21176 del 19 ottobre 2016 circa la motivazione degli atti di classamento, trattandosi di precedente rimasto isolato;

3. conclusivamente, va respinto il ricorso avendo la CTR applicato correttamente i principi di diritto sopra enunciati;

4. al rigetto del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore dell’intimata, in mancanza di attività difensiva di quest’ultima.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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