Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.12579 del 10/05/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3019/2015 proposto da:

P.M.M., F.A., elettivamente domiciliate in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BELLANTONI, rappresentate e difese dall’avvocato GIANFRANCO MICHELE COMITO;

– ricorrenti –

contro

R.B., I.G., T.M.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA, 322, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MIRIELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO MARTINGANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 262/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 18/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/12/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso per denuncia di nuova opera, depositato innanzi al Pretore di Vibo Valentia il 9 dicembre 1992, P.M.M. e F.A., premesso di essere titolari di servitù di passaggio, costituita con atto del 16.10.1990, deducevano che R.B. e I.G., proprietari del fondo servente, avevano eretto un muro di recinzione che ostacolava l’esercizio della servitù; chiedevano, pertanto, la sospensione dei lavori ed il ripristino dello stato dei luoghi.

1.1 Con sentenza del 2.7.1997, il Pretore di Vibo Valentia dichiarava il difetto di legittimazione passiva di R.B. e condannava I.G. a ripristinare il percorso della servitù di passaggio.

2. Proposto appello da I.G., con sentenza depositata 11 agosto 2000, il Tribunale dichiarava la nullità della sentenza di primo grado, per carenza di integrità del contraddittorio, essendo stata pretermessa T.M.S., moglie di I.G., comproprietaria della strada e del manufatto oggetto di condanna alla demolizione.

3. Riassunto il giudizio innanzi al Tribunale, con sentenza del 10.9.2005, veniva dichiarata la carenza di legittimazione passiva di R.B. e rigettata la domanda proposta dalle attrici.

4. Proposto appello da P.M. e F.A., la Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 18.2.2014, per quel che rileva nel giudizio di legittimità, confermava la decisione di primo grado e, sulla base delle risultanze della CTU, escludeva che la realizzazione del muro di cinta 0153 avesse mutato la larghezza della strada destinata all’esercizio della servitù.

5. P.M.M. e F.A. hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo.

5.1 Hanno resistito con controricorso I.G., T.M.S. e R.B., che, in prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo di ricorso, le ricorrenti deducono la violazione e/o errata applicazione degli artt. 1067 e 1068 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed il difetto assoluto di motivazione, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che non vi fosse aggravamento della servitù, nè trasferimento della servitù in luogo diverso, mentre la recinzione realizzata dai proprietari del fondo servente avrebbe arrecato un notevole disagio nella circolazione dei mezzi e nelle manovre, a causa della presenza di spigoli ed angoli, descritti nella CTU.

1.1 Il ricorso è inammissibile 1.2 Questa Corte ha infatti già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito (ex multis Cassazione civile sez. VI, 14/05/2018, n. 11603).

Il motivo del ricorso deve, pertanto, necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata, con un unico motivo, sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito.

1.3 Nella specie, il ricorso si risolve nella prospettazione di una promiscua pluralità di doglianze di merito, riconducibili all’interpretazione della CTU, di cui non vengono trascritti i passaggi fondamentali, ed alle dichiarazioni dei testi, che non vengono riportate, nemmeno sinteticamente.

Le ricorrenti, in modo confuso e scarsamente intellegibile, richiamano stralci di sentenze assunte nei precedenti gradi di giudizio, prive di efficacia per il giudice d’appello a seguito della loro dichiarazione di nullità, formulando una critica generica alla sentenza impugnata e non una critica vincolata, specificamente riconducibile ad alcuna delle tassative ragioni di impugnazione per cassazione previste dall’art. 360 c.p.c.. Il ricorso omette di censurare l’errore di diritto, come risultante dal testo della sentenza impugnata e si risolve in una rivalutazione delle prove.

1.4 In definitiva, i motivi di impugnazione, così come articolati, sono inammissibili in quanto, da un lato, sono volti ad un riesame del merito della causa, dall’altro sono una negazione della regola della chiarezza.

2. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

2.1 Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

2.3 Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese di lite che liquida in Euro 3800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti e dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472