Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.12582 del 10/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10455-2015 proposto da:

A.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ACACIE 13 C/O CENTRO CAF, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO DI GENIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE AMATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il 28/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

RITENUTO

che:

l’avv. A.T. propose opposizione avverso il decreto di pagamento del compenso spettantegli per l’attività professionale prestata avvalendosi del patrocinio a spese dello Stato, chiedendo che gli venisse riconosciuto un importo maggiore;

– il Tribunale di Salerno rigettò l’opposizione;

– Tommaso A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza sulla base di due motivi.

– Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso.

– in prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha insistito nella propria richiesta di accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 5 e artt. 10,11,12,13,14,15,16 e 17 c.p.c., per avere la Corte di Appello ritenuto che lo scaglione della controversia cui fare riferimento fosse quello con limite massimo di Euro 25.000,00, anzichè quello di valore indeterminabile;

– in realtà, invece, la causa doveva considerarsi di valore indeterminabile, in quanto la domanda avanzata con il giudizio presupposto consisteva nella richiesta di riconoscimento della validità di un contestato rapporto di lavoro agricolo subordinato e nella richiesta di reiscrizione nell’elenco nominativo dei braccianti agricoli dell’anno 2003, riconoscimento che non poteva essere valutato economicamente, non sussistendo un criterio sulla base del quale potesse darsi una valutazione certa, anche in relazione alle più svariate conseguenze che ne potevano derivare dal punto di vista assistenziale, previdenziale, pensionistico e indennitario.

– con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002 e del D.M. n. 140 del 2012, artt. 1,4,9 e 11 nonchè dei parametri di cui alla “tabella A avvocati” e della relazione ministeriale allegati al detto decreto, per non aver la Corte di Appello considerato che, anche a voler applicare nel minimo i valori per le varie fasi, applicando lo scaglione per le cause di valore indeterminato o indeterminabile, il compenso professionale dovuto – già dimidiato – sarebbe dovuto essere di Euro 1.125,00, ben maggiore di quello di Euro liquidato;

– I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, risultano manifestamente fondati, atteso che merita condivisione il precedente di questa Corte a tenore della quale il valore della causa consistente nel diritto all’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli è indeterminabile, con conseguente applicazione del relativo scaglione ai fini della liquidazione delle spese (Sez. L, Sentenza n. 4590 del 2014);

– l’indeterminabilità va intesa in senso obiettivo, quale conseguenza di una intrinseca inidoneità della pretesa a essere tradotta in termini pecuniari al momento della proposizione della domanda o di espletamento della prestazione (cfr., di recente, Cassazione civile, sez. II, 27/05/2016, n. 11056; Cassazione civile, sez. VI, 16 dicembre 2016, n. 26074);

– pertanto, non essendo necessario compiere ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito, e applicando lo scaglione delle cause di valore indeterminabile ed i valori minimi, l’avv. A. avrebbe avuto diritto, per l’attività professionale espletata, all’importo di Euro 2.250,00 e, dunque, operata la riduzione alla metà D.P.R. n. 115 del 2002, ex artt. 130 e D.M. n. 140 del 2012, art. 9 alla somma di Euro 1.125,00.

Ritenuto che alla soccombenza segue la condanna della parte resistente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida, in favore dell’avv. A.T., la somma di Euro 1.125,00, oltre IVA e Cpa, ponendola a carico dell’Erario, e condanna il Ministero della Giustizia al rimborso in favore del ricorrente, delle spese di lite, che liquida, quanto al precedente grado, in Euro 300,00 e, quanto al presente grado, in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019

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