Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.12588 del 10/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11131-2017 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO BONOTTO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA CAMPEDELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PESCHIERA DEL GARDA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI PAISIELLO 29, presso lo studio dell’avvocato ANNALISA GIANNETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato NADIA MODENA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 40/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 2/03/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2018 dal Consigliere dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. LUIGI SALVATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Nicola Campedelli ed Andrea Bini per delega dell’avvocato Nadia Modena.

FATTI DI CAUSA

Il signor T.R., proprietario di un impianto di distribuzione di carburante per natanti sito in *****, insistente su area demaniale a meno di 5 metri dal ciglio del fiume *****, ha impugnato davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell’art. 143 T.U. Acque, l’ordinanza del comune di Pescheria del Garda n. 51, dell’8.4.2016, emessa per lo sgombero del suddetto impianto ai sensi dell’art. 823 c.c..

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, accogliendo l’eccezione sollevata dall’Amministrazione resistente, ha dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del Tribunale regionale delle acque pubbliche del Veneto.

In punto di fatto, la particella occupata dal fornitore di carburante per natanti era stata trasferita al comune resistente dall’Agenzia del Demanio, con atto del 3.6.2014, condizionatamente alla realizzazione entro un dato termine, a pena retrocessione dell’area allo Stato, di opere “aventi finalità pubblico-sociali ad uso diretto e indiretto della collettività”. Con il provvedimento impugnato – emesso prima del decorso del suddetto termine – il comune aveva disposto lo sgombero dell’area, occupata dal T. senza titolo, per realizzarvi le suddette opere.

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, richiamando il precedente di queste Sezioni Unite n. 12706/1998, ha escluso la sussistenza della propria giurisdizione in unico grado, negando che il provvedimento impugnato, avente ad oggetto lo sgombero di un’area prossima al ciglio del fiume *****, incidesse in maniera diretta e immediata sul regime delle acque pubbliche. il Tribunale superiore delle acque pubbliche, quindi, sottolineato come le situazioni giuridiche soggettive fatte valere dalle parti concernessero un’area entrata a far parte del patrimonio idrico indisponibile del comune, declinava la giurisdizione e, qualificate tali situazioni in termini di diritto soggettivo, affermava la giurisdizione del Tribunale regionale delle acque pubbliche ai sensi dell’art. 140, lett. d) T.U. Acque e rimetteva le parti davanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche del Veneto, competente per territorio.

La sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche è stata impugnata dal signor T. con due mezzi di ricorso.

Il comune di Peschiera del Garda ha depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 20 novembre 2018, per la quale solo il ricorrente ha depositato memorie illustrative e nella quale il Sostituto Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso si fonda su due motivi.

Il primo motivo ha ad oggetto la statuizione sulla giurisdizione, che viene impugnata per violazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 140,143 e 197.

Il mezzo di impugnazione si articola in due argomenti:

a) In primo luogo si deduce che il Tribunale superiore delle acque pubbliche avrebbe errato nel ritenere che la controversia in esame non attenga al regime delle acque pubbliche; secondo il ricorrente, al contrario, la controversia atterrebbe al regime delle acque pubbliche, in quanto l’impianto di rifornimento oggetto dell’ordine di sgombero sarebbe collocato “all’interno in un porto fluviale (per la precisione, all’interno di un canale del porto)” e i natanti, per rifornirsi al medesimo, dovrebbero “eseguire delle manovre precise per attraccare” (pag. 5, primi due capoversi, del ricorso).

b) In secondo luogo il ricorrente censura la statuizione declinatoria della giurisdizione con particolare riferimento ai motivi quinto sesto e settimo del suo atto di impugnazione dell’ordinanza comunale. Egli argomenta che – mentre con i primi quattro motivi di tale impugnazione era stata chiesta la declaratoria di nullità dell’ordinanza (per ragioni tutte in vario modo fondate sulla dedotta carenza assoluta di potere dell’amministrazione municipale in ordine alla gestione del demanio fluviale concernente il *****, il quale, avendo un corso ultraregionale, doveva considerarsi di proprietà statale) – i motivi quinto, sesto e settimo (concernenti difetti di motivazione della impugnata ordinanza di sgombero, nonchè l’incompetenza del funzionario che l’aveva emessa) deducevano vizi di legittimità dell’ordinanza stessa. Tali ultimi motivi tendevano quindi, si deduce nel mezzo di ricorso, a tutelare una situazione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo; donde l’erroneità della declinatoria di giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, il quale peraltro, sostiene ancora il ricorrente, per poter decidere sugli ultimi tre motivi avrebbe dovuto estendere la propria giurisdizione di merito anche ai primi quattro, a mente dell’art. 197 T.U. Acque.

Nessuno dei due argomenti in cui si articola il motivo risulta ammissibile.

L’argomento sub a) è inammissibile perchè si fonda su una circostanza di fatto – ossia che l’impianto oggetto dell’ordine di demolizione sarebbe collocato in un porto fluviale – che non può formare oggetto di accertamento in questa sede di legittimità e che non emerge dalla sentenza gravata; quest’ultima, d’altra parte, non è stata specificamente censurata in relazione al percorso motivazionale seguito per giungere all’accertamento dei fatti di causa assunto a base della decisione.

L’argomento sub b) è inammissibile perchè non risulta pertinente alla ratio decidendi posta a fondamento della sentenza gravata, ossia che l’ordinanza municipale impugnata dal sig. T. non incide sul regime delle acque pubbliche. Premesso che il ricorrente non impugna la pronuncia gravata là dove questa ha affermato la giurisdizione del Tribunale regionale delle acque pubbliche invece che la giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale, ma la impugna esclusivamente – così circoscrivendo l’ambito della censura sottoposta a queste Sezioni Unite – nel capo in cui essa ha declinato la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, la qualificazione delle situazioni soggettive dedotte in giudizio con l’impugnativa dell’ordinanza del Comune di Peschiera sul Garda si palesa affatto priva di rilevanza. Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, infatti, non ha declinato la propria giurisdizione in considerazione della posizione soggettiva dedotta in giudizio dal T., bensì sul rilievo che “il provvedimento di sgombero di parte del mappale ***** sul quale i beni del ricorrente si trovano” in nessun modo incideva sulle acque del fiume *****, sul ciglio del quale tali beni sono situati. Tale ratio, può aggiungersi, non incorre nella violazione di alcuna delle disposizioni evocate dal ricorrente, risultando conforme al principio, già enunciato da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 18977/17, che i provvedimenti la cui impugnazione è devoluta alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche sono quelli che, anche quando costituiscano esercizio di un potere non strettamente attinente alla materia delle acque, incidono in maniera diretta ed immediata sull’uso delle stesse, interferendo con provvedimenti riguardanti tale uso, nonchè autorizzando, impedendo o modificando i lavori relativi.

Il primo motivo di ricorso va quindi giudicato inammissibile in relazione ad entrambe le doglianze in cui si articola.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 111 Cost. e lamenta l’omessa motivazione della sentenza impugnata e l’omessa pronuncia sui motivi V, VI e VII del ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Anche il secondo motivo va giudicato inammissibile, per tre ragioni.

Quanto alla denuncia di omessa pronuncia, la doglianza risulta inammissibile perchè, come queste Sezioni Unite hanno più volte ribadito (tra le varie, sentt. nn. 9662/14 e 4898/18), ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, n. 204 – che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 (con applicabilità, nella specie, dell’art. 517) – qualora il Tribunale superiore delle acque pubbliche sia incorso nel vizio di extrapetizione, l’impugnazione esperibile è l’istanza di rettificazione al medesimo Tribunale superiore e non il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione.

Quanto alla denuncia di omessa motivazione, la doglianza va giudicata inammissibile perchè la stessa risulta formulata in difformità dal paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto si palesa del tutto generica e non denuncia l’omesso esame di uno specifico fatto, decisivo e che abbia formato oggetto di discussione tra le parti. In proposito, va qui ricordato che queste Sezioni Unite hanno già chiarito, nella pronuncia n. 67 del 2016, poi seguita dalla pronuncia n. 26254 del 2018, che la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche soggetta ratione temporis al D.Lgs. n. 40 del 2006 e, quindi, ricorribile in cassazione a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è impugnabile per vizio di motivazione solo qualora l’anomalia denunciata rilevi ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, ove tale ultimo disposto sia anch’esso applicabile ratione temporis.

In ogni caso, il motivo è inammissibile anche perchè non risulta pertinente alla ratio decidendi della sentenza gravata, la quale non si è pronunciata sui motivi V, VI e VII del ricorso ex art. 143 T.U. Acque in quanto il relativo esame risultava assorbito dalla pronuncia declinatoria della giurisdizione.

In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile, per l’inammissibilità di entrambi i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000, oltre Euro 200 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019

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