LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13588/2018 proposto da:
D.Y., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Natale Luigi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, del 22/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/01/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso sotto il profilo della protezione umanitaria.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli, con decreto del 22 marzo 2018, ha rigettato le domande di riconoscimento della protezione internazionale e del permesso per motivi umanitari proposte da D.Y., cittadino della *****, il quale aveva riferito di essere minacciato dallo zio paterno che aveva inviato alcuni sicari per ucciderlo dopo avere saputo della sua intenzione di denunciarlo alla polizia, poichè rivendicava indebitamente la proprietà di un terreno lasciatogli dal padre defunto, ragione per la quale aveva lasciato il suo Paese.
Il Tribunale ha ritenuto il racconto non credibile anche alla luce delle informazioni assunte da fonti attendibili e aggiornate, dalle quali non risultava che nel suo Paese vi fossero condizioni di pericolosità per la popolazione, anche tenendo conto che egli non proveniva dalla capitale dove si era registrati episodi di violenza; ha ritenuto la domanda di protezione umanitaria priva di sufficienti allegazioni idonee a giustificarla, in relazione a fatti che potrebbero esporre il richiedente al rischio di subire una qualche forma di grave privazione dei diritti fondamentali nel suo Paese.
Egli ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, che denuncia violazione di legge, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione di non credibilità del suo racconto e, in via strumentale, la mancata attivazione dei poteri istruttori d’ufficio per accertare le condizioni socio-politiche del suo Paese d’origine.
Esso è inammissibile, risolvendosi in una generica critica di un apprezzamento di fatto – censurabile nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato (Cass. 2019/3340) – riservato al giudice di merito, il quale ha analiticamente illustrato le ragioni poste a fondamento del suo convincimento circa la non credibilità soggettiva della narrazione (a titolo esemplificativo, il cittadino straniero aveva ammesso di avere i documenti che gli consentivano di sostenere la lite davanti a un giudice per dimostrare la proprietà del terreno, come consigliato a lui dalla polizia cui si era rivolto, sicchè non v’era ragione di lasciare il Paese; il suo racconto dell’aggressione subita era estremamente vago e poco credibile; la contesa con lo zio era sorta due mesi dopo la morte del genitore nel 2014 e tuttavia egli aveva affermato di essere fuggito due anni dopo, ecc.), tra l’altro in contraddizione con le informazioni acquisite dal Tribunale sulle condizioni socio-politiche e di sicurezza del Paese del richiedente asilo.
Inammissibili sono anche gli altri motivi, da esaminare congiuntamente, riguardanti il fondo dell’invocata protezione internazionale e umanitaria, perchè muovono censure di fatto all’accertamento del Tribunale, che ha compiutamente esercitato il potere-dovere istruttorio officioso, al quale il ricorrente contrappone inammissibilmente sue differenti valutazioni di merito.
Si può aggiungere, con riguardo alla protezione umanitaria, che la sentenza impugnata, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha accertato l’insussistenza in concreto del requisito di vulnerabilità soggettiva del richiedente, già alla luce del quadro normativo posto a base della sentenza di questa Corte n. 4455 del 2018.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00, oltre spese prenotate a debito.
E dovuto, come per legge, il raddoppio del contributo a carico del ricorrente.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019