Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.13710 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16361-2017 proposto da:

PRIMA SOLE COMPONENTS SPA in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE GIORDANO N. 36, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IZZO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIROLAMO ABBATESCIANNI;

– ricorrente –

contro

FINMEK SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario Straordinario, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA, 259, presso lo studio dell’avvocato MARCO PASSALACQUA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MATTEO DE POLI, MARCO ARATO, MARIO OLIVIERI, ALESSANDRA CALOGERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2966/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTO E DIRITTO

1.- La s.p.a. Finmek in Amministrazione straordinaria ha convenuto avanti al Tribunale di Padova la s.p.a. Prima Sole Components (all’epoca, denominata Plastal), chiedendo la revoca ex art. 67 L.Fall., comma 2 (nel testo vigente prima della riforma del 2005) di una serie di pagamenti posti in essere nell’ambito del periodo sospetto.

Con sentenza del settembre 2012, n. 2314/2012, il Tribunale di Padova ha respinto la domanda attorea, ritenendo non provata la conoscenza dell’accipiens dello stato di insolvenza della solvens.

2.- La Corte di Appello di Venezia, con sentenza depositata il 27 dicembre 2016, ha invece ritenuto sussistente la detta scientia, così accogliendo l’appello presentato dal commissario straordinario.

3.- La Corte territoriale ha osservato, in particolare, che i ritardi, con cui la s.p.a. Finmek provvedeva ai pagamenti dovuti, avevano indotto la Prima Sole dapprima a inviare solleciti e intimazioni stragiudiziali di pagamento; di poi, a proporre una bozza di accordo commerciale, in cui veniva proposto un piano di rientro rateizzato, con ripresa della fornitura a condizione che lo stesso fosse rispettato (anche per quelle successive all’accordo) e determinazione di un tetto massimo di scoperto di debito. Accettato l’accordo (con modifiche ulteriori in punto di dilazione di pagamento), Finmek non lo aveva però rispettato; sì che Prima Sole, dopo avere inviato una nuova diffida, aveva chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di Pordenone.

“I pagamenti revocandi sono intervenuti dopo la notifica di detto decreto ingiuntivo”, ha osservato la Corte veneta, nel concludere con il rilievo della sufficienza degli indici sintomatici così rilevati, “a prescindere dagli eventuali indici ulteriori che fossero stati ricavabili dai bilanci e dalla stampa”.

4.- Avverso questo provvedimento la s.p.a. Prima Sole ha presentato ricorso, affidandolo a tre motivi di cassazione. Resiste, con controricorso, la s.p.a. Finmek in amministrazione straordinaria.

Il ricorrente ha pure depositato memoria.

5.- I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in ragione della loro complementarietà.

Il primo motivo lamenta, in particolare, violazione delle norme dell’art. 67 L.Fall., comma 2, e degli artt. 2727 e 2729 c.c., “in relazione alla carenza dei requisiti di gravità, concordanza e precisione della presunzione semplice di conoscenza dello stato di insolvenza”. Ad avviso del ricorrente, la Corte veneta – in spregio alle norme che disciplinano la prova presuntiva – “ha rappresentato il solo e unico elemento indiziario degli accordi di modifica delle modalità di pagamento, elemento che di per sè stesso non è indice di alcunchè”.

Il secondo motivo, oltre a ribadire la violazione delle predette norma, censura l’omesso esame di fatto decisivo, come consistente nell’avere la Corte di Appello “fornito una motivazione solo apparente e obiettivamente incomprensibile in ordine all’effettivo collegamento tra il decreto ingiuntivo e la scientia decoctionis”. Ad avviso del ricorrente, “l’errore compiuto dalla Corte territoriale è evidente e risiede nell’affermazione, apodittica e laconica, del valore indiziante del mero decreto ingiuntivo, attribuito sulla base della sola caratteristica di essere stato emesso precedentemente ai pagamenti” di cui alla revoca.

6.- Il primo e il secondo motivo di ricorso non meritano di essere accolti.

Gli stessi, in effetti, si sostanziano nel richiedere una nuova valutazione degli elementi materiali della fattispecie e delle prove dedotte: che è per contro esame precluso al sindacato di questa Corte.

Del resto, la motivazione svolta in proposito dalla Corte territoriale appare esaustiva e del tutto ragionevole. Questa, infatti, non ha isolato dalla fattispecie concreta degli sporadici e insignificanti elementi, come sostiene il ricorrente.

Al contrario, la Corte territoriale ha svolto un’ampia e sincretica ricognizione della fattispecie, mettendo in luce tutta una serie coordinata di indici rivelatori della scientia: dai solleciti di pagamento alla proposta (da parte del creditore) di un piano di rientro, alla correlata modifica delle condizioni e dei termini di pagamento, al mancato rispetto dell’accordo (peraltro subitaneo, tra la stipula dell’accordo e l’emissione del decreto ingiuntivo intercorrendo poco più di tre mesi), all’ottenimento del provvedimento ingiuntivo. Sino alla constatazione che i pagamenti, di cui è stata chiesta la revoca, si pongono tutti a valle, e per così dire in esito, di tale complessiva vicenda.

7.- Il terzo motivo assume “nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, per omessa pronuncia su una domanda con riferimento all’art. 112 c.p.c.: la Corte di Appello non si è pronunciata sulla domanda relativa alla parziale estinzione – fino alla ricorrenza del 40% – del credito eventualmente riconosciuto in capo a Finmek”.

Rileva in proposito il ricorrente di avere “precisato in entrambi i gradi del giudizio di merito che con decreto del 24 aprile 2009, il Tribunale di Treviso ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo proposta” da Primo Sole (allora Plastal)”; e che tale procedura “si è positivamente conclusa con decreto di omologa in data 10 luglio 2009”, con un piano che prevede il pagamento di tutti i creditori chirografari nella misura del 40%. In tale categoria rientra, sempre secondo il ricorrente, anche il credito che Finmek venga nel caso a vantare a seguito dell’esito vittorioso dell’azione revocatoria in questione.

Ciò posto, il motivo lamenta il mancato esame della relativa domanda da parte della sentenza impugnata.

8.- Il motivo non può essere accolto.

Per meglio illustrarne le ragioni, appare opportuno muovere dalla constatazione che – in linea di principio – “nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito, il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o parziale, mentre il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 ss. L.Fall. trova applicazione nel caso di domanda riconvenzionale, tesa a una pronuncia a sè favorevole idonea al giudicato, di accertamento o di condanna al pagamento dell’importo spettante alla medesima parte una volta operata la compensazione” (cfr., di recente, Cass., 18 dicembre 2017, n. 30298).

Tuttavia, questa regola non può entrare in applicazione nella fattispecie che è qui concretamente in esame, posta in particolare la natura costitutiva dell’azione revocatoria (cfr., di recente, Cass., 23 maggio 2018, n. 12850).

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, “per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di revocatoria fallimentare proposta dal curatore, riguardante una somma ricevuta dal fallito, sorge un debito nei confronti della massa dei creditori che non può essere compensato con crediti vantati verso il fallito, ancorchè ammessi al passivo, essendo la compensazione consentita solo tra i debiti e i crediti scaturenti da rapporti direttamente intercorsi con il fallito” (v., da ultimo, Cass., 28 novembre 2018, n. 30824; Cass., 31 agosto 2015, n. 17338).

9.- Pur non affrontando in termini espliciti la materia relativa alla tematica sollevata dal motivo in esame, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione delle regole appena sopra enunciate.

Dopo avere riportato, nell’ambito delle conclusioni formulate dall’appellata Prima Sole, la richiesta di “parziale estinzione, fino alla concorrenza del 40%, del credito eventualmente riconosciuto in capo all’appellante”, la stessa ha in sede di dispositivo condannato la detta Prima Sole a versare a Finmek in a.s. l’intera somma corrispondente al montante di pagamenti revocati. Nel che è da leggersi una pronuncia di implicito rigetto, come retta dal principio di diritto, appena sopra ricordato, che non consente la compensazione tra crediti verso il fallito e debiti verso la massa dei creditori.

10.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 3.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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