LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24322-2017 proposto da:
C.A., CA.AN., D.R.G., quali eredi di C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NAZIONALE 69, presso lo studio AMED E MARZANO STUDIO LEGALE, rappresentati e difesi dagli avvocati DANILO MARZANO, GIANLUCA IAIONE;
– ricorrente –
contro
GENERALI BUSINESS SOLUTION SCPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3489/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE POSITANO.
RILEVATO
che:
con ricorso del 4 novembre 2008 ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3, Ca.An., D.R.G. e C.A., quali eredi di C.G. evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Marano, la Generali Assicurazioni S.p.A., quale impresa designata per il fondo di garanzia delle vittime della strada, chiedendo il riconoscimento dei danni conseguenti all’intervenuto decesso del proprio congiunto, C.G.,in occasione del sinistro stradale del 7 maggio 2008 verificatosi sulla circonvallazione di Napoli. Esponevano che l’autovettura condotta da quest’ultimo era stata gravemente danneggiata al lato posteriore da un furgone di colore scuro, non identificato, il cui conducente, in fase di sorpasso, aveva sterzato a destra, colpendo con il lato anteriore destro l’autovettura condotta da C.. Il veicolo a seguito dell’urto, aveva subito una rotazione in senso antiorario, capovolgendosi. L’investitore dapprima si era fermato, ma poi, resosi conto della gravità dei fatti, aveva ritenuto opportuno allontanarsi senza prestare soccorso, mentre l’infortunato era deceduto sul posto a causa delle gravissime lesioni riportate alla testa. Generali Assicurazioni S.p.A. si costituiva resistendo alla domanda e il Tribunale, con sentenza n. 801 del 2012 rigettava la domanda ritenendola non provata;
con ricorso del 21 febbraio 2013, gli eredi di C. impugnavano la decisione nei confronti dell’assicuratore, lamentando la nullità della sentenza per omessa lettura del dispositivo in udienza, l’erroneità della valutazione delle prove testimoniali e dei criteri di attendibilità adottati dal Tribunale, depositando relazione di consulenza tecnica di parte. Si costituiva la compagnia assicurativa, eccependo l’inammissibilità dell’allegazione documentale e, nel merito, l’infondatezza dell’appello, rilevando che i fatti dedotti in giudizio erano stati oggetto di un procedimento penale per il quale il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione. Tale provvedimento non era stato impugnato dagli appellanti, con la conseguenza che il sinistro era da attribuire alla perdita di controllo del veicolo da parte del conducente. Aggiungeva che il teste E., sentito nell’immediatezza dalla polizia giudiziaria, aveva descritto la dinamica del sinistro senza fare riferimento all’intervento di fattori esterni;
la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 6 ottobre 2016, rigettava l’impugnazione provvedendo sulle spese. Riteneva infondata l’eccezione di nullità della decisione appellata, poichè il Tribunale aveva disposto l’allegazione al verbale della decisione, formalità ritenuta equivalente alla lettura del dispositivo. Riteneva inammissibile la produzione in giudizio di nuovi documenti e infondate le censure relative all’interpretazione delle prove;
avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Ca.An., D.R.G. e C.A., quali eredi di C.G. affidandosi a due motivi. L’assicuratore non svolge attività processuale in questa sede. I ricorrenti Ca.An. e D.R.G. depositano memoria ex art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, poichè, in violazione dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 della Cost., in assenza di motivazione o, quantomeno con motivazione apparente, illogica, perplessa e, comunque, obiettivamente incomprensibile, la Corte d’Appello di Napoli avrebbe ritenuto in maniera aprioristica non veritiere le dichiarazioni dei testi D. e T., favorevoli alla posizione dei ricorrenti. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, le dichiarazioni sarebbero precise, concordanti e prive di contraddizioni. Il giudizio di inattendibilità si fonderebbe solo su considerazioni irrilevanti e, seppur riservato esclusivamente al giudice di merito, non sarebbero state indicate con precisioni le ragioni di tale convincimento, che avrebbe dovuto realizzarsi attraverso l’apprezzamento di tutti gli elementi probatori acquisiti, da valutare complessivamente. Al contrario, la Corte d’Appello, senza fornire adeguata spiegazione, avrebbe completamente espunto dal giudizio le testimonianze rese dai predetti testimoni ritenuti non credibili;
con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza, ai sensi delle norme oggetto del precedente motivo, in quanto la Corte territoriale, con motivazione contraddittoria, apparente, perplessa e incomprensibile, avrebbe attribuito alla deposizione del teste E. una rilevanza non giustificata, sia rispetto al dato letterale della dichiarazione stessa, che alla ricostruzione della dinamica del sinistro evincibile dagli atti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno evidenziato che il teste E. non aveva assistito alla dinamica del sinistro e che l’entità lieve della collisione risultava incompatibile con le conseguenze chieste dai danneggiati. Eppure, secondo i giudici di appello il teste E., nonostante la entità lieve della collisione, avrebbe -comunque-dovuto udire il “rumore”;
i due motivi vanno trattati congiuntamente poichè strettamente connessi, avendo ad oggetto esclusivamente la valutazione del materiale probatorio ed in quanto formulati sotto forma di censura alla motivazione adottata dalla Corte territoriale, perchè ritenuta apparente, illogica, perplessa e, comunque, non comprensibile, oltre che contraddittoria;
a prescindere dalla circostanza, rilevata in sede di proposta, della assenza della prova della notifica del ricorso per cassazione (la cartolina allegata si riferisce ad un giudizio del tutto diverso), i motivi sono inammissibili perchè tendono a censurare il giudizio di inattendibilità dei testi, rimesso esclusivamente al giudice di merito, e fondato su una puntuale motivazione; nonchè (secondo motivo) deducendosi l’esistenza di una motivazione contraddittoria. Le censure sono formulate in violazione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La memoria ex art. 380 bis c.p.c. non aggiunge elementi di novità e si pone sulla stessa linea del ricorso per cassazione;
parte ricorrente, nella specie, pur denunciando, formalmente, ipotetiche violazioni di legge che vizierebbero la sentenza di secondo grado, (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova inammissibile valutazione di risultanze di fatto (ormai definitivamente cristallizzate sul piano processuale) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così strutturando il giudizio di cassazione in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai consolidatosi, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione probatoria, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata – quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese perchè la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta – 3 Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019