Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.13719 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29731-2017 R.G. proposto da:

COSTRUZIONI 2B SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona delle Liquidatrici pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 21, presso lo studio dell’avvocato ULDERICO CAPOCASALE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.C., elettivamente domiciliata in. ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO POLCHI, che la rappresenta e difende;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA, che chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il presente regolamento.

FATTI DI CAUSA

1. B.C. convenne dinanzi al Tribunale di Roma la società “Costruzioni 2B s.r.l.”, chiedendo che venisse accertata l’avvenuta usucapione, da parte sua, di un immobile di proprietà della società convenuta.

Nel 2013 il Tribunale di Roma rigettò la domanda; la sentenza venne appellata da B.C..

2. Pendente il suddetto giudizio di appello, nel 2015 la società Costruzioni 2B convenne dinanzi al Tribunale di Roma B.C., chiedendo che venisse accertato che la convenuta non aveva alcun titolo per detenere l’immobile sito a *****, di proprietà della società attrice, e di conseguenza fosse ordinato alla convenuta di rilasciare l’immobile, e fosse condannata al risarcimento del danno.

3. La convenuta, costituendosi, invocò la sospensione del giudizio, nell’attesa che fosse definito l’appello avverso la sentenza di rigetto della domanda di usucapione.

4. Dopo alterne vicende il Tribunale di Roma, con ordinanza 8.11.2017, ordinò la sospensione del processo, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2.

Avverso questa ordinanza di sospensione ha proposto ricorso per regolamento di competenza la società Costruzioni 2B.

Ha resistito B.C., chiedendo il rigetto del regolamento. Ha depositato conclusioni scritte il Procuratore Generale, chiedendo che fosse accolto il regolamento ed ordinata la prosecuzione del processo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. A fondamento del proprio ricorso la Costruzioni 2B pone due censure.

Con una prima censura deduce che la sospensione del processo, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, può essere disposta soltanto ove il giudice del procedimento teoricamente pregiudicato compia un’analisi, e ne dia conto in motivazione, sulla “plausibile controvertibilità” della decisione pregiudicante: analisi che, nel caso di specie, non venne compiuta.

Con una seconda censura la società ricorrente lamenta che l’interpretazione dell’art. 337 c.p.c. adottata dall’ordinanza impugnata non può essere condivisa, poichè, dando prevalenza alla prevenzione del conflitto di giudicati rispetto alla celere definizione dei giudizi, contrasterebbe col principio costituzionale di ragionevole durata del processo.

2. Il ricorso è fondato.

Nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico che, salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sia imposta da una disposizione specifica di legge, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non è doverosa, ma può essere disposta facoltativamente, ai sensi dell’art. 337 c.p.c. (ex multis, da ultimo, Sez. 1, -, Ordinanza n. 80 del 04/01/2019, Rv. 652448 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 26251 del 03/11/2017, Rv. 646764 – 01).

La scelta, da parte del giudice della causa pregiudicata, di avvalersi del rimedio della sospensione di cui all’art. 337 c.p.c., non è ovviamente rimessa all’arbitrio del giudicante, ma presuppone che il giudice il quale intenda avvalersene motivi esplicitamente sui requisiti di pregiudizialità e controvertibilità effettiva della decisione pregiudicante ed ancora sub indice (ex multis, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21664 del 23/10/2015, Rv. 637308 – 01).

Questa motivazione deve consistere in una “espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la mitica che ne è stata fatta”, e non può pertanto dirsi legittima quando il giudice del processo in tesi pregiudicato non indichi le ragioni per le quali intende o non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, oppure non chiarisca perchè ne condivida o non ne condivida il merito o le ragioni giustificatrici (ex Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24046 del 12/11/2014, Rv. 633442 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16142 del 30/07/2015, Rv. 636388 – 01).

3. Nel caso di specie, indiscusso che il giudizio di usucapione è pregiudicante rispetto al giudizio di rilascio, nondimeno essendo stata la domanda di usucapione rigettata in primo grado, il giudice del procedimento di rilascio avrebbe dovuto quanto meno indicare le ragioni per le quali riteneva non implausibile che la sentenza di usucapione di primo grado potesse essere ribaltata in grado di appello. L’ordinanza di sospensione, per contro, si limita a motivare sulla sussistenza d’un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di usucapione e quello di rilascio: ma, per quanto detto, non prevedendo l’art. 337 c.p.c. una ipotesi di sospensione necessaria, per disporre la sospensione del processo pregiudicato sarebbe stato necessario indicare anche le ragioni per le quali il Tribunale riteneva non implausibile che, nel giudizio pregiudicante, potesse essere accolto in grado di appello l’impugnazione di B.C..

3. Le spese.

Le spese del presente regolamento vanno a poste a carico della parte intimata, in applicazione del principio di soccombenza.

P.Q.M.

-) dispone la prosecuzione del giudizio;

(-) condanna B.C. alla rifusione in favore di Costruzioni 2B s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.500, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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