LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19059-2018 R.G. proposto da:
SARDALEASING SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 177, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO ARISTEI STRIPPOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIAN LUIGI GIUSEPPE MASTIO;
– ricorrente –
contro
A.N.;
– intimato –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NUORO, depositata il 24/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Relativo Dott. PAOLO PORRECA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO CARMELO, che chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il regolamento di competenza e disponga che il processo prosegua, con le conseguenze di legge.
CONSIDERATO
che:
Sardaleasing s.p.a. proponeva regolamento di competenza avverso la decisione con cui il Tribunale di Nuoro dichiarava la continenza del giudizio dalla stessa promosso contro A.N. per il rilascio di un immobile dato in locazione finanziaria indicata come risolta a seguito d’inadempimento e violazione di clausola risolutiva espressa, a favore del giudizio, promosso da A.N. nei confronti della deducente davanti al Tribunale di Sassari, volto a far accertare la natura usuraia degli interessi pattuiti e la riqualificazione negoziale in termini di comodato o leasing traslativo con rideterminazione degli importi dovuti;
il tribunale dava atto che, prima della rimessione in decisione ex art. 281 sexies c.p.c., il precedente giudice, diversa persona fisica, con ordinanza del 18 dicembre 2017, aveva escluso l’ipotesi della continenza infine affermata per specularità tra le cause – ritenendo che il proprio giudizio potesse essere definito vagliando la clausola “solve et repete” cui correlare al mancato pagamento dei canoni;
parte ricorrente articolava due censure;
A.N. non svolgeva difese;
il pubblico ministero ha formulato conclusioni scritte.
RILEVATO
che:
con la prima censura si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42,47,187,281 bis, 281 quater, c.p.c., osservando che la pronuncia del 18 dicembre 2017, di cui in narrativa, avrebbe risolto definitivamente la questione della continenza, rimettendo la causa in decisione unicamente sul merito afferente alla risoluzione contrattuale, sicchè, in difetto di regolamento necessario avverso quella ordinanza, sarebbe rimasta preclusa una modifica della decisione così assunta;
con la seconda censura si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 112, c.p.c., osservando che sebbene senza richiamo esplicito alla clausola “solve et repete”, la deducente aveva allegato che non poteva esservi interferenza logica tra la domanda di risoluzione e rilascio, da una parte, e quella avente ad oggetto la nullità della clausola relativa agli interessi, dall’altra, sicchè non avrebbe potuto determinarsi un contrasto tra giudicati;
Rilevato che:
la prima censura è infondata e va rigettata;
questa Corte ha chiarito che il provvedimento con cui il giudice adito, nel disattendere la corrispondente eccezione – tale, quelle di continenza, in senso lato (Cass., 03/04/2013, n. 8170) – senza previo invito a precisare le conclusioni, affermi la propria competenza disponendo la prosecuzione del giudizio innanzi a sè, è insuscettibile d’impugnazione con il regolamento ex art. 42 c.p.c., salvo che quel giudice, così statuendo, lo abbia fatto conclamando, in termini di assoluta e oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, l’idoneità della propria determinazione a risolvere definitivamente, davanti a sè, la suddetta questione (Cass., Sez. U., 29/09/2014, n. 20449 e succ. conf.);
le Sezioni Unite hanno chiarito che “per scongiurare tutte le difficoltà relative all’interpretazione della soggettiva volontà del giudice di spogliarsi o non della questione di competenza ed all’individuazione dei correlativi elementi sintomatici (queste sì, di certo negativamente incidenti sulla garanzia della ragionevole durata del processo per le incertezze che sono inevitabilmente destinate ad ingenerare ed i relativi riflessi sullo sviluppo del giudizio)”, in ipotesi di mancata rimessione in decisione con invito a precisare le conclusioni, la pronuncia di rigetto in parola diviene impugnabile con regolamento “solo se lo faccia in termini di assoluta oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, come nel caso che conclami il convincimento (pur in sè erroneo) di poter decidere definitivamente la questione, senza preventivamente invitare le parti alla precisazione delle conclusioni (anche di merito) e senza assumere in decisione (potenzialmente) l’intera controversia” (Cass., Sez. li., n. 20449 del 2014, cit., Cass., 22/10/2015, n. 21561);
tutto ciò dovendosi coordinare il regime delle impugnazioni con il principio dell’apparenza che la decisione giurisdizionale inneschi palesando manifestamente il proprio intendimento come sopra ricostruito;
nella fattispecie, non è riscontrabile alcun indice oggettivo di questo genere;
infatti:
– il giudice si era semplicemente riservato all’udienza del 4 luglio 2017, fissata, dopo alcuni rinvii, all’esito dell’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c.;
– non vi era stato quindi invito a precisare le conclusioni;
– a scioglimento della riserva, pur argomentando nel senso che la clausola ritenuta di “solve et repete” escludeva interferenze tali da giustificare l’ipotesi di continenza, fissava, questa volta sì, per conclusioni e discussione ex art. 281 sexies c.p.c.;
– solo in questa udienza, quindi, assumeva in decisione la controversia, statuendo conclusivamente per la continenza, sicchè non era prima di allora riscontrabile in termini oggettivi alcuna irretrattabilità nei sensi sopra specificati;
la seconda censura risulta infondata;
infatti, la domanda, di risoluzione contrattuale e rilascio si pone in rapporto di interferenza e specialità con l’opposta domanda, della parte così convenuta, al contempo attrice in giudizio temporalmente precedente, di rideterminazione degli importi dovuti per ricomputo degli interessi indicati come oltre la soglia della nullità usuraia, con compensazione ed esclusione dell’inadempimento addebitato, pretesa, quest’ultima, riportata dalla stessa deducente in questa sede e oggetto di eccezione nel giudizio esitato nell’ordinanza qui gravata;
ai sensi dell’art. 39 c.p.c., la relazione di continenza sussiste non solo quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, abbiano identità di soggetti e di “causae petendi” e differenza quantitativa di “petitum” (cd. continenza in senso stretto), ma anche qualora le questioni dedotte in una causa costituiscano il presupposto logico e giuridico necessario per la definizione dell’altra causa, o siano in tutto o in parte comuni alla decisione di entrambe, avendo le rispettive domande origine dal medesimo rapporto negoziale, risultando tra loro interdipendenti o contrapposte, cosicchè la soluzione dell’una interferisce su quella dell’altra (cd. continenza per specularità) (Cass., 14/07/2011, n. 15532, Cass., 03/08/2017, n. 19460);
in ragione della natura impugnatoria del ricorso per regolamento di competenza, deve dichiararsi che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente soccombente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, D.P.R. 30 maggio 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Cass., 22/05/2014, n. 11331).
P.Q.M.
La Corte rigetta il regolamento di competenza. Nulla quanto alle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019