LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9797-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 256/b, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ORSINI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7603/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 18/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 18 dicembre 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio confermava la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, avanzata da G.M. della maggiore IRPEF trattenuta dal datore di lavoro sulle somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, lett. a), e art. 19, comma 4 bis. Nella parte motiva della sentenza la CTR così testualmente si esprimeva: “La commissione, esaminata la questione relativa al termine, ritiene che gli effetti favorevoli al contribuente vadano rapportati al dicembre 2006, in considerazione del momento di presentazione dell’istanza”.
Avverso la decisione, con atto del 26/28 marzo 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso il contribuente.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale. Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la CTR corredato la decisione con motivazione inconferente rispetto alla materia del contendere o, comunque, difficilmente comprensibile.
La censura va disattesa, dovendosi ritenere che la CTR, affermando che “gli effetti favorevoli al contribuente vadano rapportati al dicembre 2006, in considerazione del momento di presentazione dell’istanza”, abbia implicitamente richiamato la ratio decidendi della decisione di primo grado, secondo cui il termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, decorreva dalla data di pubblicazione della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 62/E del 29 dicembre 2008.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per non avere la CTR rilevato la tardività dell’istanza di rimborso presentata dal contribuente l’8 novembre 2010, oltre il termine decadenziale di 48 mesi dal versamento, essendo state le ritenute sulle somme erogate a titolo di incentivo all’esodo effettuate il 28 settembre 2006.
Il motivo è fondato.
Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (sent. n. 13676 del 2014), il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e decorrente dalla “data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche. Non assume rilievo, quindi, la data di pubblicazione della circolare n. 62/E del 29 dicembre 2008, con la quale l’Amministrazione finanziaria ha definitivamente preso atto di quanto stabilito dalla Corte di giustizia.
La circostanza che, in data 10 agosto 2010, come rappresentato dal controricorrente, l’Agenzia delle entrate abbia richiesto il pagamento di un ulteriore importo non rileva ai fini della decorrenza del termine di decadenza, posto che, nella fattispecie, non è dato ravvisare un’eccedenza dei versamenti in acconto rispetto al dovuto, considerato altresì che, essendo contestato in radice l’obbligo del pagamento del tributo, la eventuale non debenza si configura anche in relazione a versamenti in acconto, non trattandosi di determinazione rilevabile soltanto con riguardo al pagamento del saldo, sorgendo l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sin dal momento in cui avviene il versamento (Cass. n. 4166 del 2014).
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi svolti dal controricorrente anche in memoria, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019