Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.13732 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11297-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3999/13/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il 16/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 16 ottobre 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da A.S. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della quota pari al 90% delle imposte versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dal predetto contribuente, residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e dal giudice di appello ritenuto al medesimo spettante sulla base della giurisprudenza di legittimità.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 5 aprile 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente – rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – per mancanza nell’istanza di rimborso della indicazione del quantum richiesto.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso, ovvero indicato in quale fase del giudizio di merito la stessa sia stata prodotta, nè depositato la suddetta istanza unitamente al ricorso.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, della 6 Dir. n. 77/388/CEE, come interpretata dalla Corte di giustizia con sentenza del 17 luglio 2008 in causa C-132/06, dell’ordinanza della Corte di giustizia del 15 luglio 2015 in causa C-82/14 nonchè della decisione 5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione Europea. Censura la sentenza impugnata per avere la CTR errato nel riconoscere al contribuente il diritto al rimborso delle imposte pur in presenza di attività di impresa.

Il motivo è inammissibile.

Nella sentenza impugnata la CTR ha rilevato che “Non risulta che l’odierno appellato sia titolare di partita IVA, come imprenditore o come professionista intellettuale (…) Dalla produzione acquisita risulta che si tratta di lavoratore dipendente”.

Orbene, la ricorrente contesta inammissibilmente tale accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità, compiuto dal giudice di merito circa l’attività lavorativa svolta dal contribuente ai fini della rimborsabilità dell’imposta, adducendo che dalla dichiarazione dei redditi – Mod. 740 emergeva la circostanza che il contribuente fosse titolare di reddito di impresa (oltre a quello di lavoro dipendente), senza tuttavia specificare, in violazione del principio di autosufficienza, in quale fase del giudizio di merito il suddetto documento sia stato prodotto ed omettendo di depositarlo unitamente al ricorso.

Con il terzo motivo, in via subordinata, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017. Sostiene che lo ius superveniens di cui al suddetto D.L., sarebbe estensibile all’odierno giudizio poichè l’art. 16-octies, dovrebbe applicarsi a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, nella parte in cui riduce in percentuale le somme da corrispondere (o addirittura esclude che si proceda al rimborso) nel caso in cui gli importi complessivamente dovuti eccedano le risorse stanziate in bilancio.

La censura è infondata, in quanto, prospettando l’applicabilità della nuova normativa al presente giudizio, si pone in contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui “in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione di limiti quantitativi al procedimento di rimborso da parte di una legge sopravvenuta (nella specie, L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, lett. b, di conv. del D.L. n. 91 del 2017), attuata con provvedimento amministrativo, in quanto la stessa non incide sul titolo del diritto alla ripetizione, che si forma nel relativo processo, ma esclusivamente sull’esecuzione del medesimo” (Cass. n. 6213 del 2018; nello stesso senso: Cass. n. 227 del 2018; Cass. n. 29899 del 2017).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, non avendo il contribuente svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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