LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6197-2018 proposto da:
CASALE MALATESTA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato CRISTIANA CETRA;
– ricorrente –
contro
VELLETRI SERVIZI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATERNO 9, presso lo studio dell’Avvocato CLAUDIO PELLICCIARI, rappresentata e difesa dall’Avvocato ANTONIO CELLUCCI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4470/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA depositata il 18/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
CHE:
la società Casale Malatesta s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, indicata in epigrafe, che aveva dichiarato inammissibile l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 8365/2015, la quale aveva respinto il ricorso proposto avverso avviso di liquidazione TARSU emesso dalla società Velletri Servizi s.p.a. per l’anno 2010;
la società Velletri Servizi s.p.a. si è costituita con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, “error in procedendo – nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 156 – 160 – 291 – 330 c.p.c.,” per avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello sul presupposto che l’appellante non avesse prodotto l’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta dell’appello;
1.2. la ricorrente lamenta che “non avrebbe potuto produrre l’avviso di ricevimento dell’atto di appello, in quanto, lo stesso, veniva notificato direttamente alla appellata Velletri Servizi s.p.a. in data 27.11.2015 al n. di protocollo *****”, con rilascio di relativo timbro sulla copia dell’appello depositata agli atti del giudizio di secondo grado ed allegata anche al ricorso per cassazione, e che la CTR avrebbe dovuto quindi “disporre la rinnovazione della notifica al procuratore della parte appellata,… non potendo dichiarare l’inesistenza della notifica ma la semplice nullità sanabile”;
1.2. il suddetto motivo è inammissibile, in quanto il lamentato vizio si risolve in un errore di tipo revocatorio, involgendo un errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sull’avvenuta notifica dell’atto di appello, allegata agli atti di causa;
1.3. trattasi invero di un errore percettivo circa l’esistenza di un fatto (il mancato deposito dell’avviso di ricevimento della notifica eseguita “a mezzo posta”), che, ove esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale;
1.4. come è noto, infatti, la parte, la quale lamenti che il Giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame sull’erroneo presupposto della non corretta notifica dell’atto, ha l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria e non col ricorso per cassazione, trattandosi, appunto, di una falsa percezione della realtà ovvero una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del Giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (cfr. Cass. S.U. n. 15227/2009; Cass. nn. 23173/2016, 22557/2012, 28019/2009);
2. per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 29 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019