Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.13745 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15728/2013 R.G. proposto da:

I.V., (C.F. *****), rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Orlando, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Napoli corso Umberto I 106.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

Avverso la sentenza n. 252/12/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, depositata il 12 aprile 2012.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 13 novembre 2018 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Stefano Visonà, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale, assorbito quello principale.

Udito l’avv. Pasquale Pucciariello per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate notificò tre avvisi di accertamento, in relazione alla maggiore IVA dovuta, per gli anni 2003, 2004 e 2005, a I.V., il quale prima formulò istanza di accertamento con adesione e, poi, impugnò in giudizio separatamente i detti atti impositivi.

Riuniti i ricorsi, in primo grado vennero tutti dichiarati inammissibili, poichè tardivamente proposti rispetto alla data di notifica degli atti impugnati, avendo il contribuente in precedenza rinunciato espressamente ad avvalersi del procedimento di accertamento con adesione.

Proposto appello da I.V., la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza depositata il 12 aprile 2012, dichiarò ammissibili i ricorsi, respingendoli tuttavia integralmente nel merito.

Avverso la detta sentenza, I.V. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico mezzo l’Agenzia delle Entrate.

Fissata su proposta del consigliere relatore adunanza in camera di consiglio ex art. 380-bis c.p.c., il Collegio ha quindi ritenuto di rinviare la trattazione del ricorso in udienza pubblica.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo lamenta il ricorrente I.V. vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito del tutto omesso di indicare le ragioni per cui sono state respinte tutte le argomentazioni difensive dell’appellante in ordine all’illegittimità degli avvisi impugnati.

Con il secondo motivo eccepisce violazione del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, art. 36, convertito con modificazioni dalla L. 22 marzo 1995, n. 85, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 46, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 26, nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), perchè la commissione tributaria regionale non ha considerato che nel caso di erronea applicazione della disciplina sull’IVA intracomunitaria, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto procedere a rideterminare il margine imponibile.

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale assume l’Agenzia delle Entrate la violazione del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 12, comma 2, poichè una volta che il contribuente aveva espressamente rinunciato all’accertamento con adesione, il termine per impugnare l’avviso restava sottratto alla sospensione di novanta giorni prevista dalla detta norma.

2.1. E’ logicamente preliminare l’esame del ricorso incidentale formulato dall’Agenzia delle Entrate controricorrente, che è tempestivo, essendo stato notificato – a mezzo posta – in data 9.7.2013, id est entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione da parte dell’avvocatura dello Stato del plico postale contenente il ricorso proposto dal I. (13.6.2013).

2.2. Il motivo è fondato, restando assorbito l’esame del ricorso principale.

Com’è noto, nel caso di notifica di un avviso di accertamento, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 2, il contribuente può presentare all’ente impositore istanza di accertamento con adesione, la quale determina, ai sensi del successivo comma 3, la sospensione del termine per l’impugnazione “per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza del contribuente”. Soggiunge il medesimo art. 6, comma 3, che “l’impugnazione dell’atto comporta rinuncia all’istanza”.

Orbene, questa Sezione ha già chiarito che in tema di accertamento con adesione, la sospensione del termine di impugnazione dell’atto impositivo per novanta giorni conseguente alla presentazione dell’istanza di definizione da parte del contribuente, non è interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra questi e l’Amministrazione finanziaria, poichè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione (alla luce della sentenza della Corte Cost. 15/04/2011, n. 140), diretta a favorire il più possibile la composizione amministrativa della controversia, deve ritenersi che solo l’univoca manifestazione di volontà del contribuente possa escludere irrimediabilmente tale soluzione compositiva, attraverso la proposizione di ricorso avverso l’atto di accertamento, oppure con una formale ed irrevocabile rinuncia all’istanza di definizione con adesione, facendo perciò venir meno la sospensione del termine di impugnazione (Cass. 13/04/2012, n. 5825; Cass. 09/03/2012, n. 3762; Cass. 24/02/2012 n. 2857).

Deve ritenersi, allora, che quando nel corso del procedimento di definizione con adesione, sia invece intervenuta una formale rinuncia al detto procedimento da parte del contribuente, non possa trovare più applicazione la sospensione di novanta giorni conseguente alla presentazione dell’istanza ormai rinunciata, con il risultato che, dalla data della rinuncia, riprende a decorrere l’ordinario termine di sessanta giorni per l’impugnazione dell’atto impositivo (così Cass. 12/10/2018, n. 25510).

2.3. Nella vicenda all’esame è incontroverso che in data 31/03/2009 il contribuente dichiarò a verbale, nel corso del procedimento svoltosi in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, la propria volontà di “rinuncia all’accertamento con adesione, riservandosi di impugnarli nei modi di legge”; poichè gli avvisi di accertamento erano stati notificati il precedente 17/12/2008 e l’istanza di accertamento risaliva al 27/01/2009, non v’è chi non veda come al momento della notifica dei ricorsi introduttivi del presente giudizio (30/04/2009), fosse già ampiamente decorso il termine ordinario di sessanta giorni, pure tenendo conto della sospensione disposta ex lege per sessantadue giorni (cioè dal 27/01/2009 fino al 31/03/2009) del detto termine generale per l’impugnazione.

3. In definitiva, accolto il ricorso incidentale ed assorbito l’esame di quello principale, la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, tutti i ricorsi proposti innanzi alla commissione tributaria provinciale da I.V. vanno dichiarati inammissibili per tardività.

4. Si ravvisano i giusti motivi, avuto riguardo alle ragioni della decisione, per compensare integralmente le spese del giudizio di appello tra le parti, mentre seguono la soccombenza quelle della presente fase; non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Assorbito il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito, dichiara inammissibili i ricorsi proposti da I.V..

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno; condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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